nuovigiorni

"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

mercoledì 28 febbraio 2024

Voto sardo

Da oggi comincia un nuovo capitolo nella storia del governo Meloni e della maggioranza che lo sostiene, ma anche dell'opposizione, in prospettiva della stessa legislatura. Il voto sardo ha spazzato via molte certezze e fatto giustizia di altrettante illusioni. La prima delle quali era l'idea che la Sardegna fosse a disposizione della coalizione regnante a Roma, dimenticando che gli abitanti dell'isola sono gente poco incline a farsi dire come comportarsi. Cambiare in corsa il presidente uscente, Solinas, per quanto mediocre, e imporre un personaggio altrettanto poco affidabile nonché reduce da un'esperienza tutt'altro che gloriosa come sindaco di Cagliari, dove ha preso il 20 per cento meno della sua concorrente, si è rivelato un azzardo eccessivo. Truzzu, l'uomo sbagliato nel posto sbagliato, ha trovato il voto dei piccoli comuni, ma ha perso quello delle città. Per la prima volta Giorgia Meloni ha commesso un errore grave, e proprio sul terreno che in teoria le è più congeniale: la gestione del consenso, la capacità d'interpretare un elettorato che chiede cose semplici e concrete. Il fallimento è doloroso e vedremo fin da stamane quale sarà la reazione. Quasi in partenza per gli Stati Uniti, con i temi della grande politica internazionale che incombono, la tentazione della premier potrebbe essere fare spallucce e andare avanti. Ma sarebbe un altro errore. La Sardegna non è l'unica regione persa dopo averne vinte tante: come dire, capita. È una sconfitta grave per le circostanze in cui è maturata e per la sfida in corso nel centrodestra, che ha visto la leader della coalizione tentata di assestare il colpo di grazia o quasi al suo rivale Salvini. In base al principio che il potere non si divide e due galli nello stesso pollaio sono destinati a non convivere. Ma il governo non è un pollaio, soprattutto perché alle volte è peggio. Ora è presto per dire che è cominciato il declino meloniano, tuttavia la stagione in cui tutto era visto con indulgenza, persino con una certa soggezione psicologica di fronte alla vincitrice del 2022, è finita. Adesso Salvini, che pure non ha vinto niente ma si giova della sconfitta meloniana, sarà più assertivo, più determinato verso le scelte di governo, vorrà condividere tutto. Il patto di coalizione dovrà essere rimodellato, anche sul piano dei rapporti personali, e non basterà una colazione a Palazzo Chigi e un lungo Consiglio dei ministri per risolvere le questioni aperte. Quanto alle prossime elezioni, si presentano con un profilo diverso. Cosa accadrebbe ad esempio se il centrodestra perdesse un'altra regione, magari l'Abruzzo? E poi, le europee. C'è da aspettarsi che il leghista accentuerà i suoi contatti con l'estrema destra continentale, in primis i tedeschi di Alternative, al solo scopo di creare problemi al pragmatismo della Meloni, vedi la positiva relazione con Ursula Von der Leyen. Per la presidente del Consiglio è il momento di cercare un colpo d'ala, un modo per non affondare lentamente nei problemi irrisolti, nelle speranze deluse, non più bilanciate da un consenso diffuso e mai insidiato dall'opposizione. Infatti Conte e Schlein sono già volati in Sardegna. Hanno motivo di festeggiare, per ovvie ragioni. Ma non possono dimenticare che la vittoria, striminzita eppure limpida, è figlia di circostanze abbastanza straordinarie. Ed è Conte, più della segretaria del Pd, a sventolare il vessillo, un po' più vincitore della sua alleata. Il capo dei SS ha dimostrato che il cosiddetto "campo largo" funziona quando è trainato dal movimento ex grillino. Altrimenti c'è sempre una ragione per non farlo, per ritrarsi, per lasciare la Schlein da sola con i suoi grattacapi interni. E un'alleanza tirata tutta da un lato, che esclude in partenza i riformisti. E non sarà facile riproporla su scala nazionale.

Stefano Folli, la Repubblica (27/2/2023)

Canzone del giorno: Seasons (1993) - Terence Trent D'Arby
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domenica 25 febbraio 2024

Avvocati dello zar

Uno degli argomenti preferiti degli «apoti», quelli che non se la bevono, quelli che ne sanno una più del diavolo, hanno fatto il militare a Cuneo e finiscono sempre per assolvere Putin, è il seguente: perché mai avrebbe dovuto uccidere Navalny? Lo fate così stupido? Ormai l'aveva neutralizzato in un gulag siberiano, che fastidio gli dava più? Valeva la pena di esporsi alla condanna del mondo libero, proprio mentre sta vincendo la guerra contro Kiev? Ergo: è stato Biden, la Cia, i nazisti ucraini, il Mossad, uno qualsiasi a scelta tra coloro che tramano contro la Russia, armano Zelensky e uccidono i bimbi palestinesi. La versione finto-garantista di questa polemica è quella che ne ha data con la consueta eleganza Matteo Salvini, l'uomo che avrebbe scambiato mezzo Putin con due Mattarella (testuale); il quale ha detto che prima di giudicare bisogna sentire i giudici russi, per sapere se magari è stato il maggiordomo. Scambiando così clamorosamente la causa con l'effetto: è proprio l'assenza dello Stato di diritto in Russia che fa morire in carcere un dissidente. Ora, a parte il fatto che se a Putin interessasse qualcosa della condanna del mondo libero non avrebbe invaso l'Ucraina, provocando non una, ma centinaia di migliaia di vittime, tutti questi avvocati della difesa hanno così poco a cuore la libertà che davvero non vedono, o non conoscono, le ragioni per cui tutte le tirannie regolarmente eliminano fisicamente gli avversari, i nemici e gli ex amici anche, e forse soprattutto, dopo averli politicamente sopraffatti. La prima ragione è che ne uccidono uno per educarne cento, o mille. A chiunque volesse mettersi sulle orme di Navalny, è stato recapitato un messaggio: «Attento che si finisce nel gulag, attento che nei gulag si muore». Si muore senza nemmeno bisogno delle camere a gas, ha spiegato Margarete Buber-Neumann, che ebbe la triste sorte di conoscere personalmente sia i lager nazisti sia i campi di rieducazione sovietica: in questi ultimi bastava il freddo. Si chiama «Terrore». È un metodo di governo inventato dai giacobini a Parigi nel XVIII secolo, che da allora ha avuto molti imitatori in Europa. D'altra parte, perché mai altrimenti, al colmo del suo potere assoluto, Stalin avrebbe fatto morire migliaia e migliaia non di avversari, ma di comunisti, medici, generali, ebrei? Perché avrebbe mandato un sicario a uccidere Trotsky nel lontano Messico, dove si era rifugiato dopo essere stato cacciato dal Politburo, espulso dal Pcus, deportato e poi esiliato, privato ormai di qualsiasi influenza sulla vita politica in patria? Sospettiamo che gli avvocati nostrani di Putin avrebbero difeso anche Mussolini dall'accusa di aver fatto assassinare o, come si espresse con penna sopraffina Indro Montanelli, di aver «lasciato assassinare» Giacomo Matteotti. In effetti non c'erano prove che il Duce avesse personalmente ordinato il delitto. E anche in quel caso la vittima era un oppositore già sconfitto. Il premio di maggioranza alle elezioni del 1924 aveva già dato tutto il potere al fascismo. E la richiesta di Matteotti di invalidare quel voto era già stata nettamente respinta dalla Camera. Lui stesso sapeva di essere perduto: «Io, il discorso l'ho fatto», disse a un compagno seduto accanto a lui, «ora voi preparate il discorso funebre per me». Era semplicemente un eroe, una qualità che gli «apoti» non comprendono. Eppure i fascisti lo uccisero. Solo che, a differenza di Putin, Mussolini accettò esplicitamente la paternità del delitto: «Io dichiaro al cospetto di tutto il popolo italiano, che assumo (io solo!) la responsabilità (politica! morale! storica!) di tutto quanto è avvenuto... Se il fascismo è stata un'associazione a delinquere, a me la responsabilità perché questo clima storico, politico e morale, io l'ho creato». Le analogie della morte di Matteotti con la tragedia di Navalny sono impressionanti. Basta leggere l'epistolario con la moglie, la poetessa Velia atta, una donna che anticipava un secolo fa lo stesso coraggio che mostra oggi Yulia, la consorte di Aleksei: «Mi è difficile persuadermi — gli scriveva — che arrivato a questo punto non ti è ammessa alcuna viltà, anche se questo dovesse costarti la vita». (Sarà interessante vedere come la destra al governo in Italia saprà commemorare quel delitto nel centenario, che cade a giugno). C'è poi una seconda ragione per cui i regimi uccidono i dissidenti seppur già neutralizzati: ed è che le macchine repressive hanno una loro feroce autonomia, funzionano come ingranaggi che una volta messi in moto stritolano, portano a compimento il loro sporco lavoro, anche senza che qualcuno dia l'ordine finale e definitivo. Non è dunque per nulla rilevante stabilire se Putin ha mostrato oppure no il pollice verso, come un imperatore romano al Colosseo, decretando la fine di Navalny. Per ucciderlo è bastato mandarlo in Siberia con una condanna per «frode» e «insulti a un giudice» (doveva essere uno dei giudici che invoca Salvini). Un assassino uccide con le proprie mani. Un tiranno uccide da remoto.

Antonio Polito, Corriere della Sera (22/02/2024)

Canzone del giorno: Let Me Stir in Your Pot (1995) - Carey Bell
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sabato 24 febbraio 2024

Esperti instantanei

Anche se internet potrebbe renderci tutti più intelligenti, instupidisce molti di noi, perché non si tratta soltanto di una calamita per i curiosi. È un inghiottitoio per i creduloni. Trasforma chiunque in esperto istantaneo. Hai una laurea? Be', ho fatto una ricerca su Google! 

Frank Bruni, giornalista del New York Times


Canzone del giorno: How Do You Stop (1986) - James Brown
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giovedì 22 febbraio 2024

Ambiente digitale

«Il mondo della comunicazione è cambiato, ha un volto nuovo. Non comprenderlo comporta dei rischi gravi per la libertà d’informazione e la circolazione delle idee. Quale partito votare, che azioni acquistare, quale strada imboccare per andare a casa: come prendiamo, mi chiedo, tutte queste decisioni?».

Le prendiamo, immersi nell’ambiente digitale.

«Dove dominano alcuni giganti, che sono lo strumento perché ogni informazione assuma una forma. Con questi giganti devono confrontarsi i soggetti che sono stati e sono tuttora i presìdi della libertà dell’informazione: le nostre tv, le radio, i giornali con i loro siti».

In tv, alla radio, sui giornali, i migliori intellettuali ci arricchiscono con i loro commenti Il problema è che i rapporti di forza sono impari.

«Sono straordinariamente sbilanciati. Gli editori escono dalla stagione del Covid, che è stata una traversata nel deserto. Eppure continuano a impiegare i migliori intellettuali del Paese che ci arricchiscono con le loro opinioni, gli inviati nei tanti teatri di guerra del mondo, le giornaliste e i giornalisti che fanno le domande scomode a chi esercita il potere».

Intanto i colossi della Rete corrono verso profitti milionari.

«Per questo è impossibile invocare la parità delle parti e il principio dell’uguaglianza dei contratti tra il giornalismo professionale e i signori del web».

Andrea Simoncini (docente di Diritto costituzionale all’Università di Firenze) intervistato da Aldo Fontanarosa (la Repubblica – 14/2/2024)

Canzone del giorno: Damage Gets Done (2023) - Hozier feat. Brandi Carlile
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martedì 20 febbraio 2024

Orrori

La chiamata al 112 arriva 37 minuti dopo la mezzanotte. È l’11 febbraio. «Buonasera. Mi devo consegnare». «Perché?» chiede il carabiniere all’altro lato del telefono, pensando a uno scherzo. «Quando uno vuole fare la volontà di Dio, gli spiriti si ribellano. Mia moglie era posseduta… cioè... in pratica è morta». Il militare si allarma e fa parlare l’interlocutore che, in pieno delirio, farnetica di demoni. «Sono in campagna perché sono dovuto scappare, perché i demoni mi stavano mangiando», farfuglia. «C’ho a mio figlio... e due morti e una l’ho lasciata lì, perché il mondo spirituale non è come quello carnale», spiega. Comincia così la storia della strage di Altavilla Milicia, una storia di fanatismo religioso, di delirio mistico collettivo, di ignoranza e crudeltà che ci riporta ai secoli bui. Al carabiniere sempre più sbigottito l’uomo dice di chiamarsi Giovanni Barreca. «Venite a prendermi» sussurra. I militari lo trovano in auto ad attenderli, pronto a confessare di aver ucciso la moglie, Antonella Salamone, e due dei suoi tre figli Emanuel, di soli 5 anni, e Kevin di 16. Mentre il muratore viene portato in caserma, una pattuglia raggiunge la sua casa, una villetta nelle campagne di Altavilla. Agli inquirenti si presenta una scena agghiacciante. In una stanzetta ai piedi del letto c’è il corpo senza vita del bambino, «in posizione supina coperto da un telo», scriveranno nella relazione di servizio. In un’altra camera c’è una ragazza che dorme. È l’unica sopravvissuta alla strage. Svegliata, dirà di essere la figlia 17enne di Barreca. Il secondo cadavere è in soggiorno, dietro un divano: è Kevin, legato mani e piedi dietro la schiena con una catena. Manca un corpo, quello della moglie del muratore. Lui ha raccontato di averla bruciata e seppellita in montagna «in nome di Cristo». I resti della donna saranno trovati nel pomeriggio coperti con del terriccio. Barreca e la figlia vengono interrogati. Le loro versioni sono simili e raccontano il delirio e l’orrore di un esorcismo durato settimane. «C’era il demonio in casa», dice l’uomo che rivela i nomi dei suoi complici: Massimo Carandente e Sabrina Fina, due fanatici religiosi, conosciuti sui social a gennaio, chiamati nella villetta per scacciare il male dai corpi e dalle anime della Salamone e del bambino. Nel pomeriggio scattano in fermi dei tre adulti, tutti accusati di omicidio e soppressione di cadavere. La 17enne verrà arrestata due giorni dopo, quando confesserà di aver partecipato alle sevizie e alle torture dei fratelli e della madre. L’adolescente scampata al massacro conferma agli inquirenti il ruolo di Sabrina e Massimo. «I fratelli di Dio», così si facevano chiamare. «I miei genitori nelle ultime settimane frequentavano solo loro. Mia madre prima di morire mi disse che erano venuti da noi per fare pulizia nella casa, perché c’erano troppi demoni». Ma chi sono i due assassini? Massimo Carandente, originario di Pozzuoli, in Campania, è un sedicente mental coach. La compagna, palermitana, vende prodotti naturali online. Le indagini hanno accertato che seguivano un gruppo di preghiera a Palermo che praticava esorcismi. Nelle ultime settimane hanno fatto su e giù da Altavilla quotidianamente. «I Barreca avevano un grave problema, noi li aiutavamo. Il figlio maggiore era aggressivo», ha detto Fina ai carabinieri prima di chiudersi nel silenzio. È grazie ai messaggi che Kevin invia a un amico tra il 4 e l’8 febbraio che gli investigatori riescono a ricostruire i tempi del delirante rito di purificazione a cui seguiranno i delitti. «Nella mia famiglia ultimamente sono successe cose strane e ora sono venuti due fratelli di Dio e stanno liberando a mia madre e mio fratello che hanno dei demoni molto maligni addosso», scrive il ragazzo, ancora ignaro di ciò che l’aspetta. La coppia è nella villetta già da giorni. All’inizio la famiglia e gli ospiti pregano, digiunano e leggono le scritture. Sono convinti di poter liberare la donna e il figlio da Satana. Ma i riti presto diventano violenti. La Salamone comincia ad avere paura e vuole fermarsi. E morirà. «Mia madre è stata torturata ed io ho assistito. Eravamo in cucina ed erano presenti anche Sabrina, Massimo, Kevin e mio padre», riferisce la superstite che colloca la morte della donna al 9 febbraio. «La torturavano a turno. Le passavano l’asciugacapelli bollente in un punto del corpo, con la padella la colpivano sulla schiena. Hanno anche riscaldato la pinza per il camino con il fuoco e gliela hanno messa addosso. Mio padre guardava, io e Kevin eravamo in piedi e ci scambiavamo sguardi. Lei mi diceva di chiamare i carabinieri, ma io per paura non l’ho fatto. Mentre la seviziavano le dicevano che era un demone». Nella prima versione la ragazza riferisce di aver fatto solo da spettatrice, poi racconterà di aver partecipato. «Volevano farla cremare, l’hanno messa su delle tavole di legno e l’hanno portata nella parte sopra la mia casa e l’hanno seppellita lì — spiega dicendo che accanto alla madre sarebbero stati messi oggetti “maledetti”: tazze, bomboniere…— Mio padre e Kevin hanno scavato la buca con piccone e pala», dice. Ai folli riti dunque partecipa anche Kevin. Dopo aver ucciso la donna, la coppia continua rimanere nella villetta, dove in una atmosfera surreale la vita va avanti. I ragazzi sono totalmente plagiati. Non vanno a scuola ormai da una settimana. E hanno interrotto i contatti con gli amici. La madre è morta. E ora tocca al figlio minore. «Emanuel — dice la sorella — era nero e con il sangue in faccia. Lo torturavano con l’asciugacapelli, gli avevano dato il caffè amaro con una siringa per farlo vomitare. Prima l’hanno anche legato sopra al materasso per liberarlo. Loro dicevano di non vedere un bambino di 5 anni ma un demone». Quando il bambino è ormai morto, la coppia si accanisce su Kevin. «Massimo aveva mal di testa, e sosteneva che fossero dei demoni ad attaccarlo. Si è alzato, è andato da mio fratello e gli ha detto: “il problema sei tu”». I ragazzi cominciano ad avere paura. «A quel punto è stato picchiato, poi lo hanno legato con una catena piena di ruggine, cavi e fili e lo hanno messo per terra con la testa su un cuscino accanto al camino. Mio padre era con loro e nel mentre bloccava Kevin mentre Sabrina e Massimo lo legavano». «lo ho assistito a tutto — confessa — poi me ne stavo andando e hanno iniziato a dire che se facevo così non ero ‘una figlia di Dio». Una versione molto riduttiva del suo ruolo che la ragazza modificherà, raccontando di aver ubbidito alla coppia che la incitava a saltare sulla pancia del fratello e a partecipare alle violenze.

 Lara Sirignano, Corriere della Sera (20/2/2024)

Canzone del giorno: Evil (1972) - Stevie Wonder
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domenica 18 febbraio 2024

Higher Than the World

Van Morrison, Higher Than the World (1983)

Beh, sono più in alto del mondo
Well I'm higher than the world

E sto vivendo nei miei sogni
And I'm livin' in my dreams

Lo farò meglio di quanto sembri
I'll make it better than it seems

Oggi
Today

E sono più alto di una nuvola
And I'm higher than a cloud

E vivo nel suono
And I'm living in the sound

Lo farò meglio di quanto sembri
I'll make it better than it seems

Oggi
Today

Più in alto del mondo
Higher than the world

Canzone del giorno: Higher Than the World (1983) - Van Morrison
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venerdì 16 febbraio 2024

Un bel dì vedremo

Un bel dì vedremo
levarsi un fil di fumo sull'estremo
confin del mare.
E poi la nave appare.
Poi la nave è bianca
entra nel porto, romba il suo saluto.

Giacomo Puccini, Madama Butterfly (17/2/1904)

Canzone del giorno: Estasi (2021) - Giovanni Allevi
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martedì 13 febbraio 2024

Civiltà contadina

La tentazione è di vedere nei trattori che sfilano in colonna per le città il simbolo dei contadini invasori e protestatari, ma in realtà i trattori non sono lo strumento che identifica la civiltà contadina, anzi con la venuta dei trattori la civiltà contadina è morta. E la morte della civiltà contadina è «l’avvenimento più grande della Storia, dopo la nascita di Cristo», dice il poeta francese Charles Péguy, col quale sono d’accordo. La Storia ha avuto poche grandi fasi: l’uomo paleolitico, l’uomo contadino, la nascita di Cristo, la fine della civiltà contadina. Sono nato e cresciuto in una famiglia contadina, e se mi chiedono cosa caratterizzava la civiltà contadina rispondo così: «Il fatto che dalla mattina alla sera, per vivere e lavorare, l’uomo con le sue mani toccava legno o animali». Cioè vanga o buoi. Non ferro. Quando ha cominciato a toccare ferro, cioè trattori, la civiltà contadina è morta. I trattori sono i killer della civiltà contadina. Ho visto l’arrivo del trattore a casa di mio padre contadino, fu una festa, ma una festa funebre, perché moriva la stalla, morivano i buoi. Morivano i contadini, subentravano gli industrialetti della terra, in qualche caso industrialotti. Prima del trattore, avevamo paura del clima, la pioggia, la tempesta. Si lavorava dodici mesi come bestie (anzi di più: le bestie erano rispettate), e poi un’ora di tempesta distruggeva tutto quello che avevi ottenuto. Frumento, granturco, pesche, mele, uva. Il contadino era un cristiano-pagano, inchiodava croci sugli alberi, per tener lontane le tempeste: il Padreterno mica poteva tempestare su sé stesso. Coi trattori potevi correre sui campi, caricare i covoni, portarli in cortile, salvare le spighe. I trattori costavano cari. I contadini che avevano i trattori erano i più ricchi. Aravano i propri campi ma anche, a pagamento, i campi dei vicini. Il prete andava per le case a benedire i trattori (più tardi andrà a benedire i tori, e la foto del toro veniva esposta nelle fattorie come l’immagine di un santo protettore). A noi contadini pareva che coltivare i campi fosse indispensabile per essere autosufficienti. Pare ancor oggi così. Se fai frumento hai il pane, e col pane vivi. Se non sei in grado di produrre da te il pane, non sei in grado di mantenerti, e il nemico potrà sempre strozzarti. Da mezzo secolo in qua, non è cambiato nulla. Le ragioni principali per cui sfilano i trattori sono due: proteggere il made in Italy e avere a più basso prezzo il gasolio per le campagne. Non hai made in Italy se non produci quel che mangi, e non lo puoi produrre se il gasolio continua a costare quel che costa. Ai tempi della DC, questi due risultati i contadini li avrebbero avuti presto. Perché ai tempi della Dc i contadini contavano molto. Oggi contano poco. Hanno ragione e sfilano, ma quel che ottengono sarà poco o molto poco.

Ferdinando Camon, La Stampa (9/2/2024)


Canzone del giorno: Hill Farmer's Blues (2002) - Mark Knopfler
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domenica 11 febbraio 2024

Er carattere

Un Rospo uscì dar fosso
e se la prese cór Camaleonte:
— Tu — dice — ciai le tinte sempre pronte:
quanti colori che t'ho visto addosso!
L'hai ripassati tutti! Er bianco, er nero,
er giallo, er verde, er rosso...
Ma che diavolo ciai drent'ar pensiero?
Pari l'arcobbaleno! Nun c'è giorno
che nun cambi d'idea,
e dai la tintarella a la livrea
adattata a le cose che ciai intorno.
Io, invece, èccheme qua! So' sempre griggio
perché so' nato e vivo in mezzo ar fango,
ma nun perdo er prestiggio.
Forse farò ribbrezzo,
ma so' tutto d'un pezzo e ce rimango!
— Ognuno crede a le raggiorni sue:
— disse er Camaleonte — come fai?
Io cambio sempre e tu nun cambi mai:
credo che se sbajamo tutt'e due.

Trilussa (1871 - 1950)

Canzone del giorno: La luna storta (2018) - Noemi
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giovedì 8 febbraio 2024

Transizione ecologica

C’è una possibile lettura distopica dei moti agricoli in corso. Questa: nessuno (nessuna persona, nessuna classe sociale, nessuna corporazione, nessuna nazione, insomma: nessuno) è disposto per davvero a farsi carico della famosa transizione ecologica, perché nessuno è più in grado, o è disposto, o ha voglia, di pagarne il prezzo. Dunque la transizione ecologica non avverrà per graduali prese di coscienza, o per aggiustamenti virtuosi della nostra maniera di vivere. Avverrà per costrizione: ovvero in seguito a una successione di catastrofi climatiche, di guerre per l’acqua e per le fonti energetiche, di carestie, che ridurrà l’umanità allo stremo, allo spavento, alla decimazione, infine, chissà quando, alla ragione. I superstiti, dopo essersi rinfacciati l’un l’altro la colpa di ogni cosa, riusciranno (forse) a mettersi d’accordo e a ripartire, piano piano, per una nuova storia dell’umanità. Ovviamente, tutti quanti ci auguriamo che così non sia. La distopia, come l’utopia, è solo una lettura esagerata del futuro. E magari la politica, luogo di mediazione e di decisione, conterà ancora quanto basta per ammortizzare i conflitti, e indirizzarli in maniera favorevole al bene comune. Ma i costi della transizione ecologica, comunque li si ripartisca, sembreranno sempre iniqui, eccessivi, mal ripartiti a seconda che ricadano su di me o su di te. A ognuno parrà che sia l’altro, perché più colpevole o perché più solvente, a dover pagare il conto. Dunque non lo pagherà nessuno: e alla fine lo pagheremo tutti insieme, quelli con il trattore e quelli senza.

Michele Serra, L’Amaca – (la Repubblica – 6/2/2024)

Canzone del giorno: Meat Is Murder (1985) - The Smiths
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martedì 6 febbraio 2024

Trasformarsi

Non si trasforma la propria vita senza trasformare se stessi.

Simone de Beauvoir (1908 – 1986), Una donna spezzata (1967)


Canzone del giorno: Cambia un uomo (2021) - Marco Mengoni
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sabato 3 febbraio 2024

Post Scriptum Film

The Holdovers - Lezioni di vita

REGIA: Alexander Payne
INTERPRETI: Paul Giamatti, Dominic Sessa, Da'Vine Joy Randolph, Carrie Preston, Gillian Vigman, Michael Provost, Brady Hepner, Colleen Clinton, Greg Chopoorian, Oscar Wahlberg
SCENEGGIATURA: David Hemingson
FOTOGRAFIA: Eigil Bryld
DURATA: 133'

USCITA: 18/01

Alexander Payne racconta di avere visto, alcuni anni fa, un film francese del 1935, “Merlusse”, del regista Marcel Pagnol. La pellicola narra la storia di un burbero maestro di scuola con un occhio di vetro che, pur essendo poco amato dai suoi alunni (lo soprannominavano “Merluzzo” per il suo sgradevole odore), si ritrova a fare da custode ad alcuni di loro durante le vacanze natalizie. Il regista americano si è ritrovato, poco tempo fa, a condividere la particolare trama di quel film con lo scrittore David Hemingson e dalla agile penna di quest’ultimo è nata la sceneggiatura di “The Holdovers”, arrivato nelle nostre sale con tutta la sua carica di emozionalità. Il film, veramente possente nella sua semplicità, scruta ansie e preoccupazioni di tre persone “costrette” a trascorre il Natale del 1969 tra le mura di un collegio per studenti agiati del New England. 
I trattenuti (“holdovers”) a scuola, dopo una serie di vicende iniziali che riescono con scrupolosità a immergere lo spettatore all’interno della storia, divengono un vero e proprio “gruppo” in grado di trasformare la propria solitudine in una rinascita interiore.  Il film si regge, in maniera vigorosa, sul trio dei protagonisti e sulle vicende che cambieranno il loro approccio alla vita. 
Un prodigioso Paul Giamatti, strabico e maleodorante, interpreta il burbero insegnante, poco amato da colleghi e alunni, che si ritrova obbligato a fare da sorvegliante ad Angus Tully (il bravissimo esordiente Dominic Sessa) il più solo e arrabbiato dei ragazzi rimasti in collegio per le vacanze (la madre ha deciso di condividere il periodo natalizio con il nuovo compagno). Ma a rimanere bloccata a scuola c’è anche la cuoca del collegio (Da’Vine Joy Randolph, perfetta nel ruolo) incapace di elaborare il trauma della perdita del giovane figlio, morto in guerra in Vietnam. L’evoluzione del loro rapporto è un grande messaggio di altruismo per cercare di mitigare la solitudine che la vita spesso infligge. La regia impeccabile di Alexander Payne, l’ottima sceneggiatura, la puntuale ambientazione, l’impareggiabile interpretazione dei tre attori, rappresentano i nitidi tasselli di un film di grande densità emotiva.

Canzone del giorno: Time Has Come Today (1967) - The  Chambers Brothers
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venerdì 2 febbraio 2024

Memoria

Franzaroli, da google.it















Canzone del giorno: Alibi (2009) - 20 Seconds To Mars
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giovedì 1 febbraio 2024

Playlist Gennaio 2024

     1.      Alabama, Starting Tonight – (Pass It On Down – 1990) – Propizio

2.      Daniele Silvestri, Il mio nemico – (Unò-duè – 2002) – Eredità

3.      Fleetwood Mac, Second Hand News – (Am…..erigo – 1977) – Notizie

4.      Annie Lennox, Walking On Broken Glass – (Diva – 1992) – Mes

5.      The Black Keys, Shine A Little Light – (Let’s Rock – 2019) – Buon senso

6.      Beth Hart, Good Day To Cry – (Fire On The Floor – 2016) – Fondo prosciugato

7.      Elvis Presley, Suspicious Minds – (1969) – Giradischi

8.      Calcutta, Briciole – (Evergreen – 2018) – Una briciola

9.      Uriah Heep, Illusion – (Innocent Victim – 1977) – L’illuisone della pace

10.   AC/DC, Hard Times – (Rock or Bust – 2014) – Hard Times

11.   B.B. King ft. Robert Cray, Playin’ With My Friends(Blues Summit – 1993) – Rombo di tuono

12.   Bruce Springsteen, Nebraska – (Nebraska – 1984) – Raccontarla

13.   John Frusciante, Loss – (The Will To Death – 2004) – Strada smarrita

14.   Joe Louis Walker, All I wanted To Do – (Hornet’s Nest – 2014) – Jannik