nuovigiorni

"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

mercoledì 29 giugno 2022

Non-vittoria

Dal particolare al generale: le amministrative, si sa, come qualsiasi mini-test sono l'occasione in Italia per ragionare sulle politiche, peraltro imminenti. E anche se domenica hanno votato poco più di 800 mila elettori, dei 14 milioni chiamati alle urne, le vittorie a Verona, Parma, Piacenza, Alessandria e Catanzaro hanno dato al cento sinistra la sensazione di poter ipotecare la prossima, più importante, scadenza nazionale. Cosi come quelle a Genova e Palermo avevano creato nel centrodestra la stessa impressione due settimane fa. Ovviamente ricavare da risultati limitati e locali indicazioni da spendere nel futuro si può sempre; meno utile è affidarsi a certezze effimere, che possono essere smentite. Del passato recente si suol citare l'esempio per le votazioni per i sindaci nel 93, che videro strabordare i candidati di centrosinistra salvo poi aprire la strada alla storica, quella sì, vittoria di Berlusconi del ‘94. Un'attenta analisi dei risultati stavolta non può che confermare le criticità attraversate dalle due coalizioni anche prima del voto: facendo temere che, se le cose non cambieranno, ed è difficile, lo sbocco più probabile delle elezioni del 2023 potrebbe essere simile a quelli de12013 e 2018: cioè la “non vittoria", come la definì Bersani che la sperimentò per primo, di ciascuno dei due schieramenti. E la conseguente difficoltà di formare una maggioranza in Parlamento, al di là di formule avventurose come il governo gialloverde 5 stelle-Lega del 2018-19, affondato da Salvini nella crisi del Papeete. A questa prospettiva concorre, nel centrodestra, lo stato preoccupante dei rapporti tra i tre leader, Berlusconi, Salvinie Meloni, che si ripercuote localmente in una serie infinite di liti tra comari” incomprensibili quanto irrisolvibili. (…) Ma anche dall'altra parte la situazione non è rosea. Se íl centrodestra vince quando è unito, e non lo è quasi mai, il centrosinistra vince talvolta anche quando non dà grandi prove di unità, ma a condizione, appunto, che il œntrodestra sia diviso. Sarà pur vero che il "campo Largo" è runica strategia possibile per Letta, perché gli consente di tenere insieme senza chiarimenti programmatici preventivi, come ai tempi dell'Ulivo, le forze più disparate. (…) In conclusione viene da chiedersi se davvero sia un male -ammesso che si verifichi -che anche le elezioni del 2023 si concludano senza vincitori né vinti. E la risposta, da pronunciare sottovoce e al momento opportuno, è che non è affatto detto che lo sia. Se serve a garantire a Draghi di poter portare a termine il proprio lavoro in anni, come i prossimi, meno affollati di scadenze elettorali, e se può essere utile ai partiti per rigenerarsi, ben venga la “non vittoria”.

Marcello Sorgi, La Stampa (28/6/2022)

Canzone del giorno: La notte (2012) - Arisa
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lunedì 27 giugno 2022

Trattative

Se apparentemente, nel confronto fra i due approcci occidentali alla crisi ucraina - negoziare subito o attendere che Kiev si riprenda parte dei territori invasi -, la posizione di Macron sembrava avere la meglio, dopo il G7 di ieri lo scenario pare cambiato. Premere su Kiev affinché inizi a tutti i costi una trattativa alla fine sarebbe un errore, perché senza un cessate il fuoco la guerra continuerebbe con violenza moltiplicata. E, d'altra parte, nessuno può imporre al presidente Zelensky e ai suoi generali di chiedere all'invasore quanto ha deciso di portarsi via e a quanto rinunciare di ciò che non è suo. Emmanuel Macron, nelle ultime settimane, pressato da una campagna elettorale che lo ha azzoppato, aveva sostenuto che i tempi erano maturi perché Kiev si sedesse davanti a un tavolo per trattare col suo nemico russo e concludere un accordo. La posizione degli inglesi, al contrario, resta quella che fu di Winston Churchill dal 1940, quando il suo predecessore Neville Chamberlain fu costretto a dimettersi dopo «aver barattato la pace con l'onore e aver perso sia la pace che l'onore». Si trattava allora della guerra contro Hitler, il quale voleva riportarsi a casa tutti i gruppi tedescofoni che la pace di Versailles del 1919 aveva separato dalla Germania. Erano i suoi Donbass, le sue enclave, le sue Odessa e Kaliningrad e tutti i pacifisti di quel tempo invadevano le strade di Londra, Parigi e New York invocando la fine del conflitto e - per l'amor di dio! - che nessuno ostacolassecon le armi i nazisti. Sappiamo come finì. Oggi è diverso, ma Boris Johnson - cultore di Churchill - insiste nel mantenere fermo un punto sul quale nel 1945 tutti gli Stati sembravano d'accordo e cioè che non si consentirà più ad una nazione di sfondare la porta dei vicini per uccidere e rubare quel che si vuole. L'Europa continentale - la Francia e più ancora la Germania socialista di Scholz - sembra meno intransigente. Quanto all'Italia, è un dato di fatto che sia proprio Mario Draghi a mantenere la linea più vicina a quella degli alleati anglofoni. Qual è il punto di un'apparente convergenza tra Johnson e Macron? Le armi. Johnson non vuole che Putin esca vincitore e passi all'incasso. Ma, per impedirlo, non c'è altra strada che consegnare a Kiev nuove armi finché gli ucraini avranno voglia di combattere, perché è già stabilito che non un soldato dei Paesi dell'Alleanza Atlantica prenderebbe il loro posto. Ecco perché, contrariamente a quanto sembrava fino a ieri, per ora prevale - fra piccoli e grandi strappi - la linea intransigente che accomuna Londra a Washington. Che sono anche gli unici veri fornitori di materiale bellico a Kiev, cui l'Europa contribuisce per un misero due per cento e l'Italia per briciole. La guerra (delle parole) continua.

Paolo Guzzanti, Il Giornale (27/6/2022)

Canzone del giorno: Breaking Point (1988) - The Moody Blues
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venerdì 24 giugno 2022

La bellezza



“Chi sa vedere le cose belle è perché ha la bellezza dentro di sé”

Gustav Klimt


Canzone del giorno: Beautiful (2002) - Cristina Aguilera
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mercoledì 22 giugno 2022

Men-vivere

Siamo pronti a men-vivere, mettere il segno meno davanti a molte azioni dell’esistenza quotidiana? Quando nel 1999 Roberto Benigni ricevendo l’Oscar, ringraziò i genitori per avergli “regalato la cosa più importante: la povertà”, pochi capirono il senso di quella dedica. O la considerarono una simpatica iperbole. Stava finendo un secolo la cui seconda parte si era sforzata con relativo successo di rimediare ai danni della prima. In Occidente il Novecento si chiudeva come un cassetto, destinato a nascondere demoni, biancheria sporca, miserie e deliri contrabbandati per ideali. L’ultima, limitata, prova di resistenza la si era avuta negli anni Settanta con l’austerity dovuta alla crisi petrolifera. Qualche domenica a piedi ed era passata la paura. Da lì in poi, tutta discesa. Garantita. In quello stesso anno ’99 incontrai in Texas un uomo che era uscito dopo anni di ingiusta condanna dal braccio della morte. Quando gli chiesi quale era stata la lezione principale che ne avesse ricavato rispose: “È che prima davo per scontate le stelle, bastava alzare lo sguardo di notte. Poi, invece, facevo lo stesso gesto e niente”. Noi apriamo un rubinetto ed esce l’acqua. Accendiamo un fornello ed ecco il gas. Ci aspettiamo come inevitabili le stagioni, le piogge, il rifornimento infinito di beni, sostanze, possibilità. Sono rimasti in pochi a poter pronunciare la fatidica frase: “A voi vi ci vorrebbe una guerra”. Chi è cresciuto con quel ritornello oggi è a sua volta anziano e ha trascorso l’esistenza facendo percorso netto. Al massimo ha risparmiato il getto continuo nella doccia o qualche asciugamano negli alberghi per ragioni ecologiche, non certo perché pensasse che non ci sarebbero state scorte o ricambi. La stessa inflazione è archeologia finanziaria e sociale: alzi la mano chi ha mai investito in buoni del tesoro con rendimento in doppia cifra. C’è stata la pandemia, è vero, ma proprio il fatto che avesse trovato un contenimento rende più difficile affrontare la situazione. Si era tutti lì, pronti a riscavalcare gli argini, a riprendersi la vita data per scontata, quella con le stelle, l’aria condizionata, la pace in cortile e l’avventura no limits, quella che non ci si è mai accorti fosse un privilegio di una parte del mondo e non una condizione universale. E che cosa ci si viene a raccontare? Che potrebbe esserci un’ondata estiva di covid? Che bisognerà razionare le risorse? Che un metro quadrato costerà in spiaggia come in un attico? Ma come è possibile? Di chi è la colpa? Scorrendo certe analisi si coglie l’insofferenza per tutte le possibili cause: anche questi ucraini, non sarebbe ora che si arrendessero? Anche Draghi, non aveva promesso soldi a tutti? Anche il virus, non era finito? Da lì al negazionismo del presente il passo è breve. Da lì alla rivolta contro l’ineluttabile ne manca soltanto un altro. Vanno entrambi verso il precipizio. Ma qui e ora non si è capaci di fare “senza”. È una parola che ai più mette paura, un prefisso per condizioni marginali, in qualsiasi lingua: da senza tetto a sans-papiers. Che l’esistenza sia un vestito senza tasche (con niente arriviamo e con niente ce ne andiamo) è una verità che ci folgora sul traguardo. Lungo il percorso si accumula, si pretende, si considerano i profeti dell’essenzialità alla stregua dei poeti: gente che si prende una licenza. Cinquant’anni fa i leader politici pronunciavano la parola “sacrifici” e inducevano ad attuarli. Se oggi i loro presunti eredi arrivano alla prima sillaba gli tirano un sondaggio che rivela un crollo di consensi e fanno finta di aver soltanto provato il microfono( “sa-sa-sa”). Al referendum sulla disponibilità a men-vivere una maggioranza assoluta e trasversale risponderebbe “no”. Bene. Ma ci sarà un’alternativa?

Gabriele Romagnoli, la Repubblica (18/6/2022)

Canzone del giorno: Eclissi (2017) - Paola Turci
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domenica 19 giugno 2022

Park Avenu

A quanto pare era stata venduta la villa di Mike Tyson: una specie di reggia degna della Xanadu cantata da Coleridge. Vantava diciotto camere degli ospiti, utili – immaginai – per quelle occasioni in cui ti capitano in casa due squadre di baseball senza preavviso. I bagni erano trentotto – a quanto pare Tyson non gradiva bussare alla porta gridando: “Hai finito?” C’erano sette cucine, una cascata, un imbarcadero, una discoteca, una grande palestra e un’enorme sala cinematografica. La richiesta iniziale era di ventun milioni di banconote del governo statunitense, scesa poi a un più sobrio ammontare di quattro milioni: o il compratore era un ipnotizzatore provetto, o al posto mancava qualcosa di essenziale, come un silo missilistico. [...] Se ci tiene davvero a questa casa,” ghignò sadicamente la Barracudnick, “alzerei la sua offerta.” “Ma abbiamo ancora sul groppone la casa vecchia,” strillai come Madama Butterfly. “Si faccia fare un prestito ponte,” propose l’agente immobiliare, con un sorriso che Faust avrebbe riconosciuto. “Le posso consigliare una finanziaria. Giusto per tirare avanti finché non si sbarazza del suo elefante bianco.” “Elefante bianco? Prestito ponte? Se solo riuscissimo a prendere due milioni e mezzo...” strisciai. “O anche quello che abbiamo pagato,” disse la mia dolce metà, già tentata di donare l’appartamento alla municipalità di New York come centro per il parto, guadagnandoci una detrazione fiscale. Con spirito missionario, il signor Vigorish, della finanziaria Trangugia & Divora, estrasse la siringa dal mio braccio e sfregò sul foro un tampone imbevuto d’alcol. “Tenga premuto,” disse. “Così non le viene un ematoma. Le ho preso solo qualche litro, a mo’ di acconto.” “Ma non è un po’ azzardato il diciannove per cento?” borbottai. “Soprattutto con questi chiari di luna...” “Ehi, gli ebrei del New Jersey chiedono il venticinque per cento, e ti fracassano le rotule se sei in ritardo con le rate. Noi ci limitiamo a requisire la garanzia.” Lieto di essere uscito intero da una difficile trattativa e fiero del mio netto rifiuto di usare le mie figlie a garanzia del prestito, firmai il contratto mentre gli occhi da lupo di Vigorish mi guardavano come se sotto la mia giacca di tweed Ralph Lauren ci fosse un piatto di costolette d’agnello. “Adesso abbiamo due case,” annunciai a mia moglie con voce belante, mentre cercavo la capsula di cianuro che il mio commercialista mi aveva dato nel caso gli eventi avessero preso una brutta piega

Woody Allen, Zero Gravity (2022) - "Park Avenu, piano alto. Vendi o buttati"

Canzone del giorno: Manhattan (1956) - Ella Fitzgerald
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venerdì 17 giugno 2022

Niente per niente


Nessuno fa niente per niente, ma qualcuno riesce a darne l’illusione.

Roberto Gervaso (1937 - 2020) 




Canzone del giorno: I Put A Spell On You (1970) - Leon Russell
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martedì 14 giugno 2022

Popolo cornuto

Fa impressione pensare che quattro anni fa - giugno 2018 - albeggiava il governo gialloverde, ed era il sol dell'avvenire populista. Quattro anni più tardi, i leader del partito giallo e del partito verde, allora titolari di un complessivo cinquanta per cento (33 più 17), si industriano in surreali conferenze stampa con cui eludere la personale rovina: Giuseppe Conte svaporato al culmine del mercimonio esercitato con un Movimento che, come Isabella di Castiglia, si concede a chi lo piglia, e Matteo Salvini, ormai incapace di intendere e di volere, e umiliato al nord dalla destra romana di Giorgia Meloni. Non so se essere più stupefatto dalla facilità con cui il patrimonio è stato accumulato o dalla rapidità con cui è stato dilapidato, ma forse devo conservare lo stupore per il prossimo giro, quando il prossimo Mago Merlino erediterà felpe e pochette. Ora non vorrei equiparare due leader imbarazzanti come Salvini e Conte a qualche predecessore, magari discutibile ma di altra levatura, però il modo allucinato di votare degli italiani negli ultimi trent' anni, all'inizio con la perfetta e inesorabile alternanza fra destra e sinistra, e soprattutto negli ultimi quindici, con gli effimeri trionfi di Silvio Berlusconi (2008), Matteo Renzi (2014), Beppe Grillo (2018), Matteo Salvini (2019), e già si annuncia Giorgia Meloni, ecco, mi fa ricredere su una frase di Leonardo Sciascia, che non mi era mai piaciuta ma ora mi pare perfetta. Il fascismo, diceva, appendeva la sua bandiera al corno del popolo, la democrazia lascia che ognuno si appenda alle corna la bandiera che crede, ma alla fine il popolo cornuto era e cornuto resta.

Mattia Feltri, La Stampa (14/6/2022)

Canzone del giorno: People Are Strange (1967) - The Doors
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domenica 12 giugno 2022

Propaganda

Sono passati degli anni e tutto è ancora uguale a prima

Sono sempre senza lavoro e sempre con meno autostima
Accendo la tele, un politico parla
Sembra interessante, ascoltiamolo un po'
Fa mille promesse, la gente lo guarda
Sicuro alle prossime lo voterò

E allora sì, propaganda, propaganda
Non c'è più niente che mi manca
E allora sì, propaganda, propaganda
La risposta ad ogni tua domanda
Propaganda, Fabri Fibra ft. Colapesce e Dimartino (2022)

Canzone del giorno: Propaganda (2022) - Fabri Fibra ft. Colapesce e Dimartino
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giovedì 9 giugno 2022

670 volte

Un'indagine rivela che negli Stati Uniti il manager di una grande azienda guadagna in media 670 volte - in un caso su sei addirittura mille volte - lo stipendio di un suo dipendente. Il comunismo è stato sconfitto perché in nome dell'eguaglianza ha cancellato la libertà, ma un capitalismo che nel nome della libertà calpesta l'eguaglianza è un vincitore malato.

Sebastiano Messina, Cucù - La Repubblica (8/6/2022)

Canzone del giorno: Lost (2007) - Annie Lennox
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martedì 7 giugno 2022

Carriera

Al mondo non ci sono che due modi di fare carriera; o grazie alla propria ingegnosità o grazie all'imbecillità altrui.

Jean de La Bruyère (1645 - 1696)

Canzone del giorno: Up and Down (1980) - The Cars
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sabato 4 giugno 2022

Nuovo pacifismo

Putin non c’entra: intere marce pacifiste mostrano di non sapere neppure che esiste oppure che abbia un ruolo da discutere, in tutta questa enorme e tragica vicenda. La storia dell’aggressore e dell’aggredito è stata accantonata da un pezzo con un po’ di fastidio (sì, e allora?) oppure rimossa del tutto perché non serve a celebrare la pace, anzi porta umori aggressivi, di guerra. È una affermazione che scarica dannosi sentimenti di vendetta. Inoltre più ti interessi di guerra (chi spara, chi muore, chi scappa) più ti distacchi dal popolo, che respinge la guerra (ti dicono gli intenditori di popoli) e vuole la pace perché non gli interessa nulla di tutto quello che cercano di portarsi via a vicenda i contendenti. Trasformata in questo modo, la celebrazione della pace, quando qualcuno sta morendo sotto i colpi di un attacco violento, cambia di colpo il paesaggio: l’attaccante diventa parte della natura (le cose succedono e non puoi correre dietro a tutto e pretendere di controllare tutto) e l’aggredito, con il tentativo di difendersi, diventa — anche se perde — il vero agente di violenza in questa scena, specialmente se insiste e resiste. Fa male a se stesso e fa male agli altri, insomma è la guerra. Il caso si complica se qualcuno corre in soccorso. Primo, prolunga i combattimenti e ci spinge verso il rischio che la mattanza non finisca più. Secondo, mentre i nuovi pacifisti non mostrano alcun interesse per chi ha iniziato la guerra (il loro pensiero è che, siccome la guerra c’è già, è alla pace che bisogna pensare, non alle possibili cause o ragioni di una guerra che non serve discutere) sono attentissimi verso chi corre in soccorso. Credono di sapere con certezza che quello è il punto in cui tutto comincia davvero, e dunque lo spazio che il pacifismo deve occupare per fare davvero la pace. Terzo, il soccorritore, è l’avversario da respingere in quanto produttore di guerra. In questo senso il nuovo pacifismo è implacabile. Se ti interessa la pace devi avere come avversario chi, invece della pace, vuole protezione di chi è sotto i colpi di una invasione. Naturalmente il soccorritore si impegnerà a inviare strumenti di difesa. E a questo punto il nuovo pacifismo si sente il dovere di condannare la catena dei soccorsi in quanto mercato delle armi, ovviamente interessato e deliberatamente orientato agli affari e allaguerra, che diventa il male. Siamo dunque rapidamente discesi, lungo una scala bene organizzata, dal livello dell’invasione armata di un Paese indifeso a quello della difesa deliberatamente messa in atto perché ci sia più guerra. Ovvio che questa incredibile situazione non è un progetto del pacifismo come valore e come speranza. È un trappolone nel quale una rete molto abile di personaggi, ancora ben radicati nell’antica guerra fredda, è riuscita a spingere e a trattenere una massa di giovani (molti cattolici) forse troppo giovani per riconoscere il linguaggio dei tempi in cui “il male assoluto” non era il regime sovietico ma erano gli Stati Uniti in quanto leader di un capitalismo antisovietico (l’America d a Roosevelt a Kennedy a Carter per intenderci). Ma se uno dei protagonisti è l’America, entra in scena l’utile strumento del servilismo. Ogni obbedienza ai suggerimenti e gli strumenti americani per parare le botte del nuovo tipo di attacco, viene visto come servile sottomissione agli affari americani e alla volontà americana.

Furio Colombo, La Repubblica (4/6/2022)

Canzone del giorno: Losing My Religion (2018) - Lauren Daigle
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giovedì 2 giugno 2022

Grano

Staino, da google.it












Canzone del giorno: Feasting On The Flowers (2016) - Red Hot Chili Peppers
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mercoledì 1 giugno 2022

Playlist Maggio 2022

  1. Hudson Taylor, Weapons  – (Singing for Strangers – 2015) – Trend
  2. Trivium, The Shadow Of The Abattoir  (The Court Of The Dragon – 2021) – Carnefice
  3. Alice in Chains,Rainier Fog  (Rainier Fog – 2018) – End-game
  4. Negramaro,E se domani ti portassi al mare  (Contatto – 2020) – In riva al mare
  5. Kings of Leon, Spiral Staircase  (Youth and Young Manhood – 2003) – Armata rossa
  6. Toto, The Little Things  (Toto XIV – 2015) – Sistemazione
  7. Blind Guardian, The New Order  (A Twist In The Mith – 2006) – Nuovo ordine
  8. Franco Battiato, Povera patria  (Come il cammello in una grondaia – 1991) – Povera patria
  9. Bonnie Raitt, Feeling of Falling  (Longing in Their Hearts – 1994) – Indebolimento
  10. Anvil,Take a Lesson  (Impact Is Imminent – 2022) – Insegnamenti
  11. Elodie, La verità  (Tutta colpa mia – 2017) – Sempre la verità
  12. The Velvet Underground, Rock And Roll  (Loaded – 1970) – Antiamericanismo
  13. Joe Cocker, Something To Say  (Joe Cocker – 1972) – Qualcosa da dire