nuovigiorni

"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

domenica 27 febbraio 2022

Fitte

Quando andavo alle elementari passavo accanto, a Porta Nuova a Milano, agli ultimi resti di case bombardate. Qui e là ancora s'intravedeva un lavello appeso al muro, o il segno, su una parete, lasciato da un quadro. Ogni mattina alzavo gli occhi a quelle macerie, incredula: nata in tempo di pace, stentavo a capacitarmi che davvero Milano fosse stata bombardata. Mi pareva una leggenda non credibile, e spesso chiedevo a mia madre di quegli anni, dei rifugi, delle sirene. Ascoltavo e me ne restavo zitta, sbalordita. Accanto ai portoni delle case d'epoca si leggeva ancora "U.S", uscita di sicurezza. Ma erano ormai gli anni 60, pacifici e prosperi a Milano, e tutto, attorno a noi, sembrava dirci che la guerra era finita per sempre. Che volontà di pace e nuove alleanze europee e l'amicizia degli Usa ci avrebbero tutelati per sempre. Iniziava, sì, la guerra fredda, ma noi bambini non lo sapevamo. Eravamo certi che la pace, nelle nostre città, fosse l'unica vita possibile. È per questo che da mercoledì ho una fitta al petto, come di qualcosa di incrinato. L'Ucraina, Stato sovrano, invaso. Putin che promette reazioni «senza precedenti nella storia» a chi si intrometta. Comunque vada a Kiev, se questa è la logica, a chi potrebbe toccare poi? Sì, da mercoledì ho questo dolore, quasi una ferita nascosta. Come se la mia vita, la nostra, non fosse più proprio quella di prima.

Marina Corradi, Avvenire (27/2/2022)

Canzone del giorno: Civil War (1993) - Guns N' Roses
Clicca e ascoltaCivil War....

sabato 26 febbraio 2022

Incubi

“Pensandoci adesso, a tutti i matti che ho conosciuto dal vecchio Baryton, non posso fare a meno di dubitare che esistano altre autentiche realizzazioni del nostro io più profondo che non siano la guerra e la malattia, questi due infiniti dell’incubo.”

Louis-Ferdinand Céline (1894 – 1961), Viaggio al termine della notte (1932)

Canzone del giorno: Waiting on a War (2021) - Foo Fighters
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giovedì 24 febbraio 2022

Le parole di Putin

Molte cose le aveva già scritte in un lunghissimo articolo sull'unità i storica tra russi e ucraini. Ma il discorso tenuto da Putin in diretta tv è cosa diversa, non fosse altro perché subito dopo aver detto che, in pratica, l'Ucraina come Stato non esiste, ha fatto seguire alle parole i fatti. Uno dei suoi fedelissimi, l'ex ministro della cultura Vladimir Medinskij, ha subito affermato entusiasta: «Finalmente è stato detto a tutti quello che gli storici sanno benissimo da sempre». Ma la portata delle affermazioni fatte dal signore del Cremlino va ben al di là dei semplici rapporti (sempre più tesi) con Kiev. E il ragionamento di Vladimir Vladimirovich è stato seguito con religiosa attenzione in tutte le capitali delle ex repubbliche sovietiche, da Tashkent a Tbilisi. E perfino nelle tre ex repubbliche baltiche che oramai fanno parte dell'Alleanza Atlantica: Lituania, Lettonia ed Estonia. Cosa ha detto Putin di tanto dirompente? Cose che sono fondamentalmente vere e note ma che si riferiscono ad anni passati, per non dire a secoli passati. La sostanza, che potrebbe teoricamente aprire le porte a iniziative di ben maggiore portata rispetto a quella che coinvolge le due repubblichette del Donbass, riguarda l'esistenza stessa di tanti Stati sovrani. Tutto ciò che oramai non fa più parte della Russia faceva parte della Russia; per essere più precisi, dell'impero russo degli zar. Non aveva alcuna ragione di essere «un'altra cosa». E lo è diventato solo per colpa di Lenin e dei suoi bolscevichi che hanno applicato in maniera più che maldestra le idee che avevano preso da Karl Marx e dai teorici del socialismo, dell'internazionalismo e del materialismo dialettico. Pensarono di trasformare l'impero in una specie di Stato confederale e crearono artificiosamente le repubbliche, alle quali diedero poteri che non avevano alcun senso. L'Ucraina, ad esempio, faceva parte della Russia da metà del Seicento; altri territori furono annessi negli anni seguenti, fino all'Ottocento. A questo ragionamento è stato risposto che l'Ucraina aveva una sua statalità già nel medioevo, quando nacquero prima il principato di Kiev e poi quello di Mosca. Ma stiamo parlando di 1.200 e 900 anni fa. L'obiezione vera è invece un'altra: che tutto ciò che è accaduto in epoca lontana ma molto più recente, non può e non deve essere più rimesso in discussione. Si, è vero che cento anni fa l'Ucraina faceva parte integrante dell'Impero russo ma poi le cose sono cambiate. E negare oggi il diritto di un Paese all'indipendenza non ha senso. «L'Ucraina moderna è stata interamente creata dalla Russia o, per essere più precisi, dai bolscevichi... separandola da quella che è storicamente terra russa», ha ricordato Putin. E ha subito aggiunto che nessuno in quel momento chiese a «milioni di persone che abitavano li cosa ne pensassero». La domanda, però, è stata fatta alla popolazione che abita l'Ucraina attuale l'anno scorso, subito dopo la pubblicazione dell'articolo del presidente che sosteneva l'unicità dei due popoli. Non si parlava ancora di possibile aggressione russa, ma ben il 55% degli interpellati rispose che non era d'accordo con Vladimir Vladimirovich. Se tutte le repubbliche che sono diventate indipendenti dopo lo scioglimento dell'Urss del iggi erano in realtà delle creazioni «artificiali» della Russia e dei bolscevichi, allora oggi non avrebbero in realtà alcuna ragione d'essere, secondo la logica esposta in tv da Putin. «A unità amministrative (che facevano parte dell'impero, ndr) veniva de facto concesso lo status e la forma di entità statali nazionali», ha concluso Putin. Ma oggi che i bolscevichi e il partito comunista dell'Unione Sovietica non esistono più, Mosca potrebbe decidere di far tomare le cose alla situazione precedente alla rivoluzione del 1917? Qualcuno, e non solo a Kiev, pensa che forse un simile disegno potrebbe anche essere immaginato.

Fabrizio Dragosei, Corriere della Sera (23/2/2022)

Canzone del giorno: Words as Weapons (2013) - Birdy
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mercoledì 23 febbraio 2022

Vivere onestamente

La disperazione più grave che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere onestamente sia inutile.

Corrado Alvaro (1895 - 1956), «Ultimo diario», 1961

Canzone del giorno: Truth and Honesty (1981) - Aretha Franklin
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lunedì 21 febbraio 2022

Conflitto

Quando mi è stato chiesto, negli scorsi giorni, se la crisi uavrebbe provocato una guerra, ho risposto che è una tale prospettiva mi sembrava molto improbabile. Ero convinto che i due maggiori litiganti (Russia e Stati Uniti) si sarebbero fermati sull’orlo del precipizio avrebbero trovato una formula per fare insieme un passo indietro. Continuo a pensare che il buon senso finirà per prevalere. Ma devo riconoscere di non avere prestato sufficiente attenzione alle politiche di Paesi che non hanno ancora rinunciato a perseguire i propri obiettivi. Vi è ancora chi vorrebbe rompere i legami storici, politici e culturali che uniscono l’Ucraina alla Russia e chi, nell’altro campo vorrebbe renderli ancora più forti. […] Anche nella nostra società occidentale accade di imbattersi in qualcuno che, pur senza dichiararsi esplicitamente favorevole a una guerra, è pronto a correrne il rischio. Vi è sempre un generale che ha fatto la scuola di guerra e non vorrebbe andare a riposo senza avere fatto una esperienza sul campo. Vi è sempre il diplomatico che nel corso della sua carriera ha fatto pessime esperienze in uno dei paesi coinvolti nella crisi ed è convinto che con quel paese non sia possibile andare d’accordo. Vi è sempre l’industriale che fabbrica scarpe vestiti. Ma il suo mercato langue e verrebbe rianimato con grandi vantaggi se potesse fabbricare uniformi e scarponi. Vi è sempre l’industriale che fabbrica fucili da caccia, ma farebbe affari molto più remunerativi se fabbricasse armi la guerra. Vi è sempre il chimico che potrebbe contare su un generoso aiuto dello Stato se il suo laboratorio si dedicasse alla fabbricazione di armi chimiche. Vi è sempre un appassionato esperto di informatica che sogna nuove applicazioni e si chiede quanti nuovi usi sarebbero possibili in tempo di guerra. Per la verità sembra che la guerra cibernetica sia già cominciata. In un’intervista il generale americano John Allen, presidente della Brookings Institutions, ha detto di essere convinto che la guerra nello spazio cibernetico sia già cominciata e che i primi a farne uso sarebbero i russi. Dopo alcuni esperimenti fatti con l’Ucraina qualche anno fa sappiamo che con una operazione cibernetica è oggi possibile svuotare una diga o spegnere le luci di una città. Non ci saranno più guerre di trincea, ma le crisi dei prossimi anni potrebbero riservarci qualche spiacevole sorpresa.

 Sergio Romano, L’ago della bilancia (Corriere della Sera – 20/2/2022)

Canzone del giorno: The Thrill Of It All (1975) - Black Sabbath
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venerdì 18 febbraio 2022

Ho ancora la forza

Ho ancora la forza di starvi a raccontare

Le mie storie di sempre, di come posso amare
Di tutti quegli sbagli
Che per un motivo o l'altro so rifare
E ho ancora la forza di chiedere anche scusa
O di incazzarmi ancora con la coscienza offesa
Di dirvi che comunque la mia parte
Ve la posso garantire

Abito sempre qui da me
In questa stessa strada che non sai mai se c'è
Nel mondo sono andato
Dal mondo son tornato sempre vivo
Francesco Guccini, Ho ancora la forza
Canzone del giorno: Ho ancora la forza (2000) - Francesco Guccini
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mercoledì 16 febbraio 2022

I russi, gli americani

La Guerra fredda, la crisi di Cuba, Kennedy e Krusciov, "i russi, gli americani", come cantava Dalla. I giornali del febbraio 2022, sull'abbrivio della crisi ucraina, sono pieni di cose che pensavamo archiviate. In che anno siamo? In quale secolo? Avevamo capito che la fine del comunismo fosse la fine del problema. Che il bipolarismo politico che aveva caratterizzato la seconda metà del secolo scorso fosse sepolto per sempre. Che con il Muro sarebbero caduti gli steccati ideologici (ah, l'ideologia, drago finalmente trafitto!). Che il trionfo della società di mercato avrebbe condotto a una nuova stagione magari convulsa, ma più fluida, meno ossificata, più libera e soprattutto più pacifica. Ora capita di constatare, se ciò che conta è la realtà, che la nuova Russia non più sovietica, e anzi iper-capitalista, capace di privatizzare in un batter di ciglia un colossale patrimonio ex statale, la Russia degli oligarchi che competono, quanto a patrimonio e fasti, con i tycoon americani, è ancora e sempre "il nemico"; così come "l'Occidente" rimane, come ai tempi del Pcus, una presenza ostile e minacciosa per la grande patria russa. Forse, dunque, non ce la siamo raccontata giusta, una trentina di anni fa, quando il capitalismo vinse per manifesta incapacità del suo avversario. Il match Usa-Russia è, diciamo così, un derby interno al capitalismo mondiale. La globalizzazione dei mercati non contiene in sé il germe della pace. Manca una globalizzazione politica, e democratica, che come diceva retoricamente il vecchio socialista Pertini, "vuoti gli arsenali e riempia i granai". Ma ai mercati interessa qualcosa della pace, oppure il budget della guerra è ancora infinitamente più interessante?

Michele Serra, L’Amaca (la Repubblica – 15/2/2022)

Canzone del giorno: Futura (1980) - Lucio Dalla
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domenica 13 febbraio 2022

Un'ombra sulla normalità

Come mai un anno fa 100 morti al giorno ci sembravano tantissimi, e oggi 400 morti non ci turbano più di tanto? Come abbiamo fatto ad abituarci? Facendo questa domanda non mi riferisco tanto ai politici, quanto a noi cittadini. Perché se, negli ultimi 3 mesi, la politica ha potuto ignorare i segnali di allarme che venivano dai bollettini quotidiani dell'epidemia, e ha potuto permettere che i decessi salissero ininterrottamente dai 40 al giorno di ottobre ai 400 di oggi, è innanzitutto perché in noi qualcosa è cambiato. Dunque, che cosa è cambiato, e perché? [...] ieri eravamo disposti a fare imponenti sacrifici per salvare vite umane, oggi non lo siamo più semplicemente perché sono passati due anni, e troviamo intollerabile l'idea che i nostri sacrifici siano a tempo indeterminato, senza una luce in fondo al tunnel. A un certo punto, noi abbiamo deciso che la pandemia stava finendo. È questo che ha permesso a Draghi di gestire le cose con molta meno prudenza del suo predecessore, fino al punto di considerare 400 morti al giorno come un tributo accettabile. È questo che oggi ci rende indulgenti, se non indifferenti, di fronte ai numeri che scorrono ogni sera davanti ai nostri occhi. Ma perché siamo diventati così? Credo sia tempo di prendere atto che, nella nostra cultura (e probabilmente in tutte le culture), i morti assumono significati differenti a seconda della carica simbolica di cui sono circonfusi. Per suscitare la nostra pietà o la nostra indignazione non basta che siano tanti. Devono connettersi a qualche porzione del nostro inconscio, o del nostro immaginario, in cui assumano un significato forte. Se devono turbarci, non possono essere prosaici, devono avere una carica emotiva. E, requisito fondamentale, occorre che siano pensabili come qualcosa contro cui possiamo combattere, riducendone drasticamente la portata. E per questo che 3 morti al giorno sul lavoro ci colpiscono, e 9 morti al giorno di incidente stradale no. È per questo che 100 femminicidi l'anno ci fanno impressione, e 5000 donne morte in incidenti domestici no. Ed è di nuovo per il medesimo motivo che, nella primavera del 2020, 600 morti di Covid al giorno ci parevano un'enormità, e 600 morti per malattie cardiache no: quei morti di Covid pensavamo di poterli ridurre drasticamente anche mediante i nostri comportamenti (come in effetti abbiamo fatto), mentre per i morti di cuore sapevamo di poter fare ben poco. Ora i 400 morti di Covid al giorno abbiamo imparato a considerarli come i morti di infarto, di ictus, di cancro. Come numeri, insomma. Forse è logico, e persino giusto. Ma lascia un retrogusto amaro, che getta un'ombra sui proclami che annunciano le riaperture e sul fiume di retorica che accompagna il "ritorno alla normalità".

Luca Ricolfi, la Repubblica (7/2/2022)

Canzone del giorno: Contro le mie ombre (2006) - Nek
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sabato 12 febbraio 2022

Senza fretta

L’atto di camminare senza fretta è un atto di rivolta. È una presa di posizione contro i valori borghesi, contro una vita incentrata sugli obiettivi da raggiungere, contro i troppi impegni, il trambusto, le seccature. Per lo spirito creativo, l’atto di camminare riconcilia lavoro e gioco.

Tom Hodgkinson, L'ozio come stile di vita, 2004



Canzone del giorno: No Big Hurry (1995) - John Mayall
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mercoledì 9 febbraio 2022

Normalità

Serpeggia una certa apprensione sulla capacità o meno del governo di riuscire a rendere operativo il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Preoccupazione corretta, visto che uno dei problemi del nostro Paese è quello di non riuscire a spendere risorse che pure ci sono. Questa volta però è diverso. Non solo se non riusciamo a farlo perdiamo decine di miliardi, ma mettiamo a rischio anche l'intero Next generation Eu di cui il Pnrr fa parte e del quale l'Italia ha la fetta più sostanziosa. Come spesso accade lo scoglio da superare è il raccordo tra le decisioni del governo e la loro implementazione pratica. Enti locali, università, scuole, e ovviamente le imprese, dovranno attuare un'accelerazione importante affinché quelle risorse siano spese. Degli u miliardi di finanziamenti destinati a ricerca e università, ad esempio, ben 5 dovranno essere spesi entro l'anno. Gli istituti avranno la capacità di farlo? E non a macchia di leopardo con aree di eccellenza e aeree penalizzate dall'essere poco addentro ai meccanismi ma che nella ricerca sono competitivi? E gli enti locali? Dovranno essere creati 228 mila posti negli asili. I comuni ci riusciranno? In questi anni, caratterizzati più dai tagli che dall'uso intelligente delle risorse, si sono perse o accantonate tante professionalità. Ma proprio per gli enti locali grazie alla digitalizzazione si sono create opportunità importanti. Da qualche mese si possono fare on line certificati e, in una ventina di grandi comuni, persino il cambio di residenza Si potrà così riqualificare e mettere a frutto l'esperienza di quei lavoratori attivi in settori che vanno a esaurirsi. Risorse che potrebbero essere utilmente reimpiegate. Sembrerà un paradosso, ma quello che il Pnrr sta agevolando è il ritorno dell'Italia a essere un Paese normale dove alle parole e agli impegni devono seguire i fatti. Un obiettivo che, molto spesso, a cominciare dalla stessa politica, è stato indicato come prioritario. Con la differenza che oggi ci sono obiettivi, date e traguardi misurabili. Anche di questo ritorno alla «normalità» dovremo ringraziare l'Europa.

Daniele Manca, L’Economia del Corriere della Sera (7/2/22)

Canzone del giorno: No Ordinary Love (1992) - Sade
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lunedì 7 febbraio 2022

Lato

Abbiate pure cento belle qualità, la gente vi guarderà sempre dal lato più brutto.

[Qu’eût-on, d’autre part, cent belles qualités, on regarde les gens, par leurs méchants côtés]

Molière (1622 – 1673). Il Misantropo (1666)


Canzone del giorno: It Hurts So Bad (1998) - Susan Tedeschi
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venerdì 4 febbraio 2022

Sanremo costa

Sanremo costa. Il presentatore costa: Amadeus guadagnerà circa 600 mila euro (dicono). Le presentatrici costano: solo Ornella Muti prenderà 25 mila euro. I tecnici e le maestranze costano, i truccatori costano. I cantanti percepiscono 48 mila euro l'uno come rimborso spese. Il teatro Ariston costa, gli alberghi costano, pensate che solo il comune di Sanremo riceve 5 milioni di euro. Per non parlare dei super ospiti: tra Laura Pausini e i Maneskin, alla Rai partiranno circa 150 mila euro. Il costo complessivo di Sanremo 2022 supererà di poco i 17,3 milioni di euro. Vi starete chiedendo se vale la pena di spendere tutti questi soldi per vedere Achille Lauro farsi il battesimo in Tv. Tranquilli, me lo sono chiesto anche io. Partiamo dal fatto che la Rai, come diceva Mahmood, pensa solo ai soldi, anche perché ha un debito di 523 milioni di euro e un costo del personale di circa 800 milioni l'anno. Ma questa è un'altra storia. Per mantenersi in vita, il servizio pubblico deve farsi due conti. La Rai, com'è noto, guadagna soprattutto dal canone, un terzo delle entrate invece arriva dalle pubblicità ed è qui che il Festival le canta a tutti. Sanremo incide per il 5% sugli introiti pubblicitari, nel 2021 ha portato nelle casse Rai ben 38 milioni di euro grazie agli investimenti dei brand durante la kermesse. Insomma il doppio rispetto alle spese. Sanremo offre agli sponsor una vetrina televisiva immensa e da pochi anni anche uno spazio web e social enorme grazie a Rai Play e YouTube (nel 2021 oltre 30 milioni di interazioni online e 72 milioni di visualizzazioni web). La prima serata del festival di Sanremo andata in onda martedì 1° febbraio è stata seguita da 10.911.000 spettatori e ha raggiunto il 54% di share. Uno share così alto non si vedeva da 17 anni. Visti i risultati, Rai pubblicità ha fatto bene ad alzare il tariffario del 15%: a oggi, uno spot standard da 30 secondi può arrivare a costare fino a 370.380 euro per singolo passaggio e una telepromozione con Amadeus che balla male costa 440 mila euro. […] Tutti i brand oggi vogliono suonare per forza sostenibili. Le vetture ufficiali di Sanremo saranno le super green Suzuki Hybrid. Lavazza fornirà al Festival le prime capsule di caffè realizzate a zero impatto di Co2, sarà ormeggiata nel mare di fronte alla città la Costa Toscana, la nuova “nave green” della compagnia, alimentata a gas naturale liquefatto. Sbagliatissimi invece i testimonial di Costa Crociere, Orietta Berti e Fabio Rovazzi, che mi fanno pensare a una nave piena di signore anziane e ragazzini con i baffi. Brividi. E non intendo quelli di Mahmood e Blanco. Sky WiFi, invece, non avendo Sanremo, ha sponsorizzato il FantaSanremo, gridato persino da Gianni Morandi a fine esibizione. Mi è sembrata l'unica scelta sostenibile. Questi brand hanno investito molto per rendere possibile il festival e lo stipendio di Amadeus, ma avranno fatto la scelta giusta? Dipende. A volte è meglio stare zitti e buoni. La Tv e nello specifico Sanremo ha un pubblico spurio, composto da donne, uomini, giovani e meno giovani. Hanno interessi diversi e possibilità di spesa diverse. Quindi, tutti quei brand che offrono un prodotto/servizio trasversale, che può interessare a un target disomogeneo, hanno fatto bene a puntare su Sanremo. Per tutti gli altri brand che hanno dei target specifici è meglio puntare sul digital e sui social, dove il pubblico si può selezionare e si può parlare solo con chi è davvero interessato al nostro prodotto, magari con una comunicazione promozionale, ma anche emozionale. Insomma, l'importante è investire su Sanremo con uno spot che spacchi, che emozioni. Non dico che diventi un tormentone, ma almeno che non sia come la canzone di Ana Mena.

Riccardo Pirrone (pubblicitario & social media strategist) - Il Sole 24 Ore (02/02/2022)

Canzone del giorno: Put Yer Money Where Yer Mouth Is (2000) - Oasis
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mercoledì 2 febbraio 2022

Il Residente

 

Marassi, da google.it









Canzone del giorno: Tornando a casa (1986) - Fabio Concato
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martedì 1 febbraio 2022

Playlist Gennaio 2022


  1. Jackson Browne, Alive In The World – (Looking East – 1996) – Alive In The World
  2. Joe Louis Walker, Hornet’s Nest – (Hornet’s Nest – 2014) – Sintomi
  3. Emili Sandé, Hope  – (Our Version of Events – 2013) – Seme
  4. Van Morrison, You Gotta Make It Through The World  – (A Period of Transition1977) – Un buon piano
  5. Folco Orselli, Che tu lo voglia o no  – (Blues in Mi, Volume 1 – 2018) – Obbligo vaccinale
  6. Hurt, Numbers  – (The Crux  – 2012) – Nummeri
  7. Tiziano Ferro, L’amore è una cosa semplice – (L’amore è una cosa semplice – 2011) – Segreto
  8. Ellie Goulding, Explosions – (Halcyon Days – 2013) – Esplosione
  9. Uriah Heep, Words In The Distance – (Sea Of Light – 1995) – Le tre parole più strane
  10. Negrita, Che rumore fa la felicità? – (HELLdorado – 2008) – Supereroi
  11. Marvin Gaye, Anger – (Here, My Dear  – 1978) – L’ira
  12. Son Seals, The Danger Zone – (Living in the Danger Zone  – 1991) – Equivoci pericolosi
  13. Deep Purple, Breakfast in  Bed – (Slaves and Masters  – 1990) – Tè e biscotti
  14. Marc Cohn, Saving The Best For Last – (Marc Cohn  – 1991) – Conferme