nuovigiorni

"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

martedì 29 settembre 2020

Arroganza



Se non si è arroganti da giovani non si è giovani fino in fondo, ma se si continua ad esserlo verso i 50 e oltre si è degli imbecilli.

Antonio Scurati

Canzone del giorno: Arrogance Blues (2011) - Scoundrels
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domenica 27 settembre 2020

Barbari

Oggi ancora i barbari sono intorno a noi. Quasi tra noi. Ma noi, mi sembra, noi italiani in particolare ma certo non solo noi ci rifiutiamo di vederli. Magari non ne attendiamo con ansia l’arrivo, questo no, ma ci culliamo nell’idea che non esistano, facciamo come se non esistessero. I barbari odierni si chiamano Putin, Lukaschenko, Erdogan, Xi Jinping, Assad , Khamenei, Kim Jong-un, Al-Sisi. Governano Stati quasi sempre grandi e potenti, e i loro tratti principali sono il cinismo e la spregiudicatezza con cui si muovono sulla scena internazionale all’unico scopo di allargare il proprio potere o di conservarlo a qualsiasi prezzo. All’interno dei propri Paesi arrestano, deportano, torturano, fanno sparire nel nulla, e non ci pensano un istante ad eliminare chiunque si opponga ai loro voleri. Tutti i mezzi sono buoni: dal campo di concentramento, ai gas asfissianti, ai centri di «rieducazione». (...) Ma perché le cose stanno così? Perché questa sostanziale indifferenza che assomiglia spesso a un vero e proprio ottundimento etico-politico? Perché questa costante sottovalutazione della portata di quanto accade, della sua minaccia per i nostri interessi e i nostri valori? Le ragioni sono molte, ma quella che tutte le riassume, la principale, consiste in una forma di clamorosa miopia storica che produce un altrettanto clamoroso autoinganno. I popoli dell’Occidente si credono ancora il centro del mondo. A dispetto delle idee internazionalistico-democratiche che essi perlopiù professano, in realtà nel loro intimo sembrano credere di essere ancora i padroni indiscussi del processo storico, i soli capaci di pensarne i parametri in modo adeguato, e che nulla e nessuno potrà mai scalzarli da questo ruolo. Faticano a rendersi conto dei drammatici cambiamenti intervenuti nei rapporti di potere planetari, delle nuove dipendenze economiche che sempre più li condizionano. Non sono capaci d’intendere le conseguenze potenzialmente drammatiche che comporta la crisi profonda di alcune dimensioni che furono viceversa fondamentali per la loro affermazione storico-mondiale: per dire solo le prime che vengono alla mente, la fede religiosa fondata sul lascito giudaico-cristiano, l’istituto della famiglia, un sistema d’istruzione orientata all’umanesimo nutrito dalla tradizione classica. (...) A partire da almeno una ventina d’anni, proprio mentre in tutte le sedi si celebrava ogni giorno il festival mondiale dei «diritti umani», contemporaneamente ma paradossalmente nel nostro discorso pubblico sulle cose del mondo, invece, concetti come «libertà», «diritto», «dispotismo», «violenza», «eguaglianza» cadevano pian piano in disuso, e la distinzione tutta storica e politica tra «civiltà» e «barbarie», risalente all’illuminismo, veniva equiparata più o meno a un cascame ideologico da «guerra fredda». Prima ancora dell’evanescente politica estera europea è l’opinione pubblica euro-occidentale, insomma, che nel suo giudizio a proposito del mondo è caduta in uno stato di atonia, di un sostanziale agnosticismo relativista che dagli omicidi di Stato egiziani o iraniani all’arroganza totalitaria cinese le permette di accettare sostanzialmente tutto, di accettare la barbarie senza fiatare.

Ernesto Galli Della Loggia, Il Corriere della Sera (7/9/2020)

Canzone del giorno: No History (2020) - The White Buffalo
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venerdì 25 settembre 2020

Eterno

Perfino il diluvio universale 

Non durò in eterno. 

Un giorno si dispersero

Le acque nere. Certo, ben pochi

Durarono più a lungo!


Bertolt Brecht, Elegie di Buckow (1953)

Canzone del giorno: The Edge of Eternity (1995) - Stevie Wonder
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mercoledì 23 settembre 2020

Letteratura

Ma lo sapete in che modo entriamo solitamente nella letteratura? La conoscete la porta d’ingresso naturale della letteratura? È il viso e la voce di colui o colei che ci racconta la nostra prima storia. Eccolo, il portone da cui la stragrande maggioranza dei lettori entra nella letteratura. Il bambino nasce, il bambino vive, il bambino non vuole lasciarci per andare a dormire. Non gli piace l’idea di lasciare la vita, anche solo temporaneamente. Il letto è una minaccia che gli strappa urla disperate. Per abbandonarsi al sonno ha bisogno di una compagnia all’altezza della nostra, che sia altrettanto viva, altrettanto preziosa, altrettanto intima della nostra. Una compagnia che sia altrettanto noi di noi. La bella storia che mi racconta la mamma è la mamma. La virtù principale di un racconto è il narratore. Ascoltando quella storia, sono disposto ad addormentarmi. Con la voce di papà o della mamma che mi gonfia le vele, allora sì, sono disposto a imbarcarmi sul vascello del sonno. La letteratura la fanno in primo luogo coloro che si chinano sulla culla del bambino per popolarla dell’equipaggio dei sogni: re, regine, fate, streghe, porcellini, lupi, orchi, burattini con il naso sempre più lungo a furia di bugie, guerrieri greci, marziani, Marcovaldi, Harry Potter, ecco l’equipaggio della nave notturna. È così che cominciamo a leggere senza saper decifrare nemmeno una lettera. Ed è qualcosa di gratuito.Di quotidiano. Di normale. È amore. Ed è già la letteratura. (...) E poi, in fondo, che cos’è un lettore, o una lettrice? Un lettore, una lettrice, mentre leggono, mentre sono immersi in un bel romanzo, diventano ciò che non sono più: non più un insegnante, non più un’editrice, non più un contadino, non più un’infermiera, non più un operaio, non più un’avvocata, non più un meccanico, non più una disoccupata, non più un gangster, non più un poliziotto, non più un cittadino, non più un’elettrice, non più un malato, non più una vedova, non più un padre, una madre, un marito, una moglie, un figlio, una figlia. Un lettore è ciò che resta di noi quando leggiamo, e che resiste a qualunque definizione. È la libertà pura e semplice.

Daniel Pennac, Robinson (La Repubblica - 4/7/2020)

Canzone del giorno: Talking Book (1998) - Lou Reed
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lunedì 21 settembre 2020

Poteri


Troppo spesso sottovalutiamo il potere di un tocco, di un sorriso, di una parola gentile, di  un orecchio che ascolta, di un complimento sincero o del più piccolo gesto d'attenzione, tutte cose che potrebbero trasformare la vita di qualcuno.

Leo Buscaglia, Amore, 1972


Canzone del giorno: Ho amato tutto (2020) - Tosca
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venerdì 18 settembre 2020

Tatuati

Perdonatemi se scrivo da contadino, o da cronista con pochi mezzi. Sono più pronto a raccontare a voce i fatti, i luoghi, che a scriverne. Anche perché patisco e soffro l’ordine della scrittura rispetto alla gravità, al non riassumibile. Non ho letto nulla, se non buttandoci un occhio, circa la morte di Willy che si chiamava come un mio antichissimo amico stroncato dall’eroina. Non ho voluto leggere niente perché so tutto. Quando da ragazzino passavo sotto Artena (ex Montefortino, roccaforte volsca), la zia zoppa rimasta illibata diceva: «Qui piantano i fagioli e nascono i briganti». Non ci credevo, perché il paese a forma “perfetta”, aveva gli asini che salivano fino in cima; e le case ammonticchiate a presepe. (...) A vederli, i Bianchi, sono tatuati come il territorio che si sono illusi di dominare. Ho notato pose senza fisicità. Senza sensualità. Del resto chi (e non parlo solo degli indagati) passa il tempo in palestra, a pestare il prossimo, a sbronzarsi, quando fa l’amore? Per farlo serve tempo, abnegazione, vera potenza, non muscoli gonfi. Altrimenti ci si riduce alla virtualità o agli scampoli onanistici e frettolosi. Quindi: non si fa con l’altra o con l’amato; ma da soli. Chiusi nel proprio narcisismo esibizionistico. (...) L’inabissarsi morale riguarda l’Italia (non mi avventuro nel mondo). Tutti noi siamo colpevoli, come ha detto un ristoratore di Colleferro. Noi abbiamo concesso una ridicola libertà abolendo la disciplina, il dovere, la gerarchia. La scuola è polverizzara da decenni. Accumula carte e banchi. Ma nessun docente chiede il nome e il cognome dello studente. Nessuno ricorda che la prima lezione va fatta sull’importanza del proprio nome, sul luogo da dove si proviene. Tutti noi siamo orfani, nessuno è più padre. Ecco che allora i Bianchi di turno hanno una prateria di tatuaggi dove cavalcare: cioè uno spazio senza confini. In altre parole: senza legge. Accennavo alla «ferocia della realtà». I nostri padri e nonni, immortalati dal neorealismo dovevano scontrarsi, dovevano combattere. E combattevano per la legge del padre, faccia a faccia. Ora non più. Basta il narcisismo isterico, i muscoli senza lavoro, l’oro come metallo che scintilla e non come oggetto sacro, eredità degli avi, scambio di fedeltà, sacrificio dei muratori dei cinquanta per comprare uno Zenit o un Longines al figliolo il giorno della cresima. Nessuno di questi che ballano sui corpi sanno che l’oro è degli imperatori. Il loro è falso. Dunque basta affibbiare la ferocia perversa al razzismo, eccetera eccetera. Per paradosso il Paese al mondo, l’Italia, dalle mille capitali, dai mille palazzi, da chi sapeva fare scarpe a opera d’arte, tavoli e sedie a opera d’arte, ringhiere e letti di ferro a opera d’arte; questo nostro Paese è ancora l’unico al mondo che può ricondurre alla legge, ristabilendo l’onore del nome, recuperando il sacrificio, la disciplina, la rinuncia. Non sono i film criminali che spingono all’emulazione. È l’assenza che lo fa. Tocca tornare come i ragazzini poveri sotto i bombardamenti di Vicenza in Il cielo è rosso di Giuseppe Berto. Tocca che le antologie scolastiche ricordino che tutti i grandi scrittori italiani sono partiti dai paesi, dalla provincia. Ecco, noi dobbiamo abbandonare la prateria nichilista e tornare al lavoro, dove siamo campioni. Non voglio usare la ghigliottina, che resta un gioiello perfetto; la Vedova, inventata per liberare gli uomini dalle antiche schiavitù. Eppure, simbolicamente, essa è l’oggetto più attuale. Almeno per tagliare la testa ai fatui diritti e ripristinare i doveri.

Aurelio Picca, La Repubblica (16/9/20)

Canzone del giorno: Outskirts of Love (2015) - Shemekia Copeland
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mercoledì 16 settembre 2020

Punto

Se inviando un sms o un whatsapp, le vostre frasi si concludono con un punto, sappiate che state dichiarando di essere grammaticalmente obsoleti, forse persino rabbiosi e invadenti. Magari non ve ne siete resi conto ma il punto - proprio lui - l'elemento grafico di interpunzione che conclude i periodi, naturalmente seguito dalla maiuscola, è ormai in disuso, platealmente evitato dalla Generazione Z, quella subentrata ai Millennials, che racchiude i nati fra la seconda metà del 1995 e il 2010. Bando ai punti? Questo è ciò che afferma uno studio inglese, secondo il quale le nuove generazioni tendono ad evitare l'uso del punto fermo perché, soprattutto nell'ambito dei social media, tendono ad essere interpretati come un simbolo passivo aggressivo, un vero e proprio marker emotivo. Non solo, un ulteriore studio della Binghamton University di New York, chiarisce che nella percezione della Generazione Z, tutte le frasi scritte dopo un punto, sono considerate brutalmente insincere, poco attendibili, inaffidabili. (...) Questa iper-attenzione ai segni di interpunzione e i suoi possibili e non espliciti significati, è una conseguenza inevitabile del linguaggio scritto. Non potendo ricorrere ad informazioni emotive come lo sguardo, le espressioni facciali, il tono della voce e l'uso delle pause, maggiore è la rapidità della comunicazione, maggiore sarà la possibilità di venir fraintesi. In tal senso, i texter chi invia un messaggio di testo ottimizzano le loro armi, usando e abusando di emoticon, slang e formule abbreviate (cmq, xké, qcs) ed eliminando ciò che può essere frainteso. Proprio come i punti.

Francesco Musolino, Il Messaggero (28/8/2020)

Canzone del giorno: Punto (2008) - Jovanotti
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lunedì 14 settembre 2020

Il Latino

Leggendo un testo di latino non si troverà mai una parola in più del necessario, una parola inutile. Non è vero che lo studio del latino non serva a nulla. E non è neppur vero che il latino sia una lingua morta. Il fatto che non si parli più ha un'importanza relativa: il latino è talmente vivo che, oggi, non esiste lingua parlata capace di esprimersi con tanta precisione e con così scarso numero di parole.
Il latino è una lingua precisa, essenziale. Verrà abbandonata non perché inadeguata alle nuove esigenze del progresso, ma perché gli uomini nuovi non saranno più adeguati ad essa. Quando inizierà l’era dei demagoghi, dei ciarlatani, una lingua come quella latina non potrà più servire e qualsiasi cafone potrà impunemente tenere un discorso pubblico e parlare in modo tale da non essere cacciato a calci giù dalla tribuna. E il segreto consisterà nel fatto che egli, sfruttando un frasario approssimativo, elusivo e di gradevole effetto «sonoro», potrà parlare per un’ora senza dire niente. Cosa impossibile col latino.

Giovannino Guareschi, Chi sogna nuovi gerani? Autobiografia - a cura di Alberto e Carlotta Guareschi (Rizzoli - 1993)

Canzone del giorno: Devocion (2010) - Shakira
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venerdì 11 settembre 2020

A parti invertite

Immaginiamo la scena a parti invertite: due fratelli di origine africana che in un luogo qualunque del nostro Paese massacrano di botte un ragazzo italiano, esile, indifeso che ha visto un amico aggredito e cercava di proteggerlo. Immaginiamo i dibattiti incendiari nei talk televisivi (soprattutto in alcuni) sull’invasione incontrollata e selvaggia di chi non contento di toglierci il lavoro ci toglie anche la vita (oltre naturalmente a contagiarci con i virus più esiziali). Immaginiamo le fiaccolate di protesta contro chi non ha impedito l’orrendo pestaggio (il governo complice). Immaginiamo le accuse contro gli amministratori imbelli (se il sindaco del luogo fosse progressista). E le accuse degli amministratori “lasciati soli”, rivolti contro il governo complice e imbelle (se il sindaco del luogo fosse patriottico). Immaginiamo i commenti indignati dei cittadini: quelli erano bestie, dovevano arrestarli prima ma spacciavano, facevano paura e forse c’è chi li proteggeva. Immaginiamo le polemiche sulle tare animalesche (e sulle culture sanguinarie) di determinate etnie. Immaginiamo cosa urlerebbero certi politici di una certa parte, se alla vigilia di importanti elezioni amministrative fossero avanti nei sondaggi. Immaginiamo cosa balbetterebbero certi politici della parte avversa se alla vigilia di importanti elezioni amministrative fossero indietro nei sondaggi. Immaginiamo le risse da pollaio nei suddetti talk, con le reciproche accuse di razzismo e di buonismo (quelle ci saranno sempre e comunque, se fanno ascolti). Ma no, chiedo scusa, questo è soltanto un vaneggiamento privo di senso. È un paragone assurdo, improponibile e anche offensivo. Come (leggiamo sui giornali) avrebbe detto qualcuno vicino ai fratelli Bianchi (!), a proposito di Willy Monteiro Duarte, 21 anni, picchiato a morte domenica scorsa a Colleferro: “In fin dei conti cosa hanno fatto? Niente. Hanno solo ucciso un extracomunitario”.

Antonio Padellaro, Il Fatto quotidiano (9/9/2020)

Canzone del giorno: Cryin' (1992) - Joe Satriani
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mercoledì 9 settembre 2020

Giornalismo

Il giornalismo è cambiato completamente. Oggi non è più la carta il veicolo dell’informazione e le comunicazioni sono rapidissime. La verità del momento non dura più 24 ore, ma un minuto. E non è più necessario andare nei posti: al giornalista non manca certo una grande quantità di documentazione (tra social media, film, libri) ma quel che gli mancano è l’esperienza sul campo, il tatto, gli odori, i caratteri. L’impero giornalistico che ha resistito dalla metà dell’Ottocento agli ultimi decenni del Ventesimo secolo è come tracollato.

Bernardo Valli


Canzone del giorno: Fade Away (1995) - Blur
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domenica 6 settembre 2020

Riviste

La notizia che ha chiuso i battenti “Le Débat”, una delle ultimissime riviste europee dedicata alle idee degli uomini che vivono in società e si azzuffano e si dannano, è di quelle che riassumono un’epoca e la connotano. Ossia quanto sia radicale il passaggio dalla maniera novecentesca, quando la comunicazione di qualità camminava sulla carta delle riviste e dei giornali di opinione, e la maniera da terzo millennio, quando la comunicazione è dominata dai click dei telefonini e dai tweet battuti alla velocità del lampo tanto dal presidente degli Usa quanto da un misirizzi qualunque.
Si sfasciano e cadono gli ultimi bastioni della cultura umanistica, soverchiata dai medici che salvano le vite, dagli ingegneri che costruiscono micidiali aerei da combattimento, dai nativi digitali che sanno tutto della topografia di un computer e non chi ha ucciso Aldo Moro. C’ero stato, una trentina di anni fa, a rue Sébastien Bottin, dov’era la sede della casa editrice Gallimard e dunque la redazione di “Le Débat” cui faceva la guardia Marcel Gauchet, un quarantenne liberal che si teneva fuori dal gioco delle fazioni intellettuali del tempo. È stato lui ad abbassare per sempre la serranda della bella rivista parigina. Non c’è più il pubblico cui offrire prodotti del genere, non c’è più il pubblico atto ad assorbire le valenze della battaglia delle idee. Del resto è quello che è accaduto all’editoria di qualità, dove i saggi destinati ai colti vendono in media la metà di un tempo. Il Novecento, quello che in tanti hanno chiamato il Secondo Rinascimento, è stato il secolo della radio, della fotografia, del cinema, delle storie a fumetto, più tardi della televisione e persino del computer. Ma è stato innanzitutto il secolo delle riviste, comprendendo nel novero i settimanali di qualità. Tutto nasceva da loro, passava da loro. Fogli di carta ma che ti bruciavano le dita.

Paolo Mughini, Huffington Post (4/9/2020)

Canzone del giorno: Novecento (1992) - Paolo Conte
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venerdì 4 settembre 2020

Tensione musicale

Di Lloyd, di sir e della tensione musicale

“Sono teso come una corda di violino, Lloyd”
“Molto bene, sir”
“Molto bene, Lloyd?”
“Sir, una corda senza tensione smette di fare musica”
“Molto saggio, Lloyd. Ma comunque finisco sempre per essere suonato”
“Basta non diventare uno strumento, sir”
“Il segreto sta nella composizione, Lloyd?”
“Il segreto sta nell’armonia”

Simone Tempia, Dialoghi immaginari - Vita con Lloyd (Linus Marzo 2020)

Canzone del giorno: Violin (1980) - Kate Bush
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mercoledì 2 settembre 2020

Anticipare

Staino, da google.it


















Canzone del giorno: Traveling South (1999) - Tab Benoit
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martedì 1 settembre 2020

Playlist Agosto 2020


1.      Daft Punk ft. Julian Casablancas, Instant Crush(Random Access Memories2013) – Riapertura
2.      Cyndi Lauper, Lies – (Hat Full of Stars – 1993) – Bugie
3.      Al Jerrau, Mornin’ – (Jarreau – 1983) – Cappuccino
4.      Il Cile, Il nostro duello – (Siamo morti a vent’anni – 2012) – Duello
5.      Skunk Anansie, Sad Sad Sad – (Black Traffic – 2012) – Beirut
6.      Avril Lavigne, Give You What You Like – (Avril Lavigne – 2013) – Capriccio
7.      Suzanne Vega, Soap and Water – (Songs in Red and Gray – 2001) – Sapone
8.      Negrita, In ogni atomo – (Reset – 1999) – Solidarietà sociale
9.      Michael Bublé, Home – (It’s Time – 2005) – Ufficio
10.  Robben Ford, Revelation – (Talk to Your Daughter – 1988) – Illuminazione
11.  Paul Weller, Out of The Sinking – (Stanley Road – 1995) – Imprudenza
12.  Vasco Rossi, Quante volte – (Sono innocente – 2014) – Stanco
13.  Elvis Presley, I’m Movin’On – (From Elvis in Memphis – 1969) – Sordi