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"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

lunedì 4 settembre 2023

Di parte

Ebbene c’è che io non so più prendere posizione, non so più essere “di parte” e questo perché non so più qual è la mia parte. Destra o sinistra? Sono divenute definizioni vuote. O forse lo sono divenute per me perché più passa il tempo e più mi accorgo di non sapere nulla di nulla di quello che noi tutti stiamo diventando in questo dannatissimo terzo millennio. Sì o no il calo demografico è tale che fra trenta o quarant’anni l’Italia avrà in Europa il rilievo più o meno del Lussemburgo? Sì o no lo sviluppo tecnologico a base di intelligenza artificiale annienterà alla radice interi settori di lavoro dipendente? Sì o no un paese deve comunque fornire un reddito di sussistenza ai tanti che sono rimasti al gradino più basso della scala sociale e reddituale? Sì o no noi che avevamo vent’anni nei Sessanta abbiamo inondato le generazioni future di discorsi in cui erano infiniti e lampanti i diritti di cui godere e invece era a dir poco opaca l’indicazione delle responsabilità del vivere in comune, i limiti oltre i quali quei diritti non possono essere goduti e questo in tutti i campi del vivere? Vi sto annoiando? Spero di no. Ecco perché mi è difficile essere “di parte” nell’affrontare questo filo spinato di questioni dolorose e intricatissime. E difatti quando comincio un articolo non so come esattamente lo finirò. Non provo nessun gusto a prendere a sganassoni qualcuno di cui non condivido l’attuale latitudine politica o quella che passa per tale. Si tratti di Matteo Renzi, di Giorgia Meloni, di Elly Schlein, ma anche di Ignazio La Russa, gli attori della nostra scena politica non li dipingo più tutti quanti di un compatto color bianco o di un compatto color nero. Né li maledico né li applaudo: mi interessano le loro contraddizioni, le eventuali loro ambiguità. Non ho più alcun interesse alla lotta dei partiti in quanto tale, al fatto che 24 ore al giorno gli uni tirino dei calci negli stinchi ai loro avversari. Allibisco nel trovarmi accanto in tv politici di professione che di ogni loro discorso fanno un comizio anziché un’analisi del recto e del verso di ciascuna situazione e di ciascun problema. E senza dimenticare, se vogliamo stare al reale com’è e non come vorremmo che fosse, che le parole che cerchiamo di scegliere accuratamente, le righe che cerchiamo di cesellare al meglio se ne vanno in giro per poi essere raccolte ahimè da un pubblico che al 35 per cento è formato da analfabeti di ritorno che non sono in grado di decrittare l’editoriale di prima pagina di un quotidiano; che l’Italia è terz’ultima in Europa quanto all’acquisto di libri; che via internet e via social più le spari grosse più ti fai notare e più like prendi. Da cui i saliscendi di un elettorato che ogni volta rischia di premiare le cialtronate. Sono le falle della democrazia.

Giampiero Mughini, Il Foglio (12/8/2023)

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