nuovigiorni

"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

giovedì 31 marzo 2022

Conversare

Conversazione significa essere capaci di dissentire e tuttavia continuare la discussione.

Dwight Macdonald (1906 - 1982)

Canzone del giorno: Conversation (1993) - Steve Miller Band
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lunedì 28 marzo 2022

Prevedibile

Può suonare fastidioso accostare il sacro al profano, specie se il «sacro» è una guerra e il «profano» è una semplice partita di calcio. Ma ciò che accomuna i due eventi accaduti nel breve volgere di un mese è l’avveramento dell’evitabile, sia pure di dimensioni non equiparabili. Noi pensiamo al fondo che la storia non possa ripetersi, e invece ecco il paradosso: la cosa più sorprendente è il ritorno di quel che avremmo dovuto aspettarci. Diciamo la verità: qualcuno pensava che Putin realizzasse davvero le sue minacce? Pochissimi. E scendendo di molti gradini nella scala di importanza, qualcuno immaginava davvero che l’Italia di Mancini campione d’Europa venisse sconfitta dalla Macedonia? Nessuno o quasi. E pochissimi pensavano che non sarebbe arrivata in Qatar. I due casi, pur diversi e sproporzionati, erano comunque evitabili con un po’ di prudenza o di lungimiranza: lo dicono gli esperti di politica internazionale e i commentatori del calcio. Che ora, a cose fatte, sentenziano: tutto prevedibile. D’accordo, ma allora perché lasciarci sorprendere dal prevedibile, cioè dalla ripetizione del peggio? E se era prevedibile perché meravigliarci dopo?Forse per eccesso di stupidità? Un grande scrittore distopico come Aldous Huxley diceva che la più importante lezione di storia è che non si impara mai dalle lezioni di storia. E Marx aveva torto quando diceva che la storia si ripete la prima volta come tragedia e la seconda come farsa. In realtà se la prima volta è una tragedia, la seconda pure. Tale spicciolissima lezioncina di filosofia della storia dovrebbe almeno metterci in allarme quando pronunciamo meccanicamente l’invito di Primo Levi e di Liliana Segre: «Perché quel che è stato non si ripeta…», visto che a ogni livello gli errori di solito, scioccamente, si ripetono. E se è per una partita, pazienza. Ma se è l’atomica, di cui si parla in questi giorni come se mai potesse tornare.

Paolo Di Stefano, Corriere della Sera (27/3/202)

Canzone del giorno: Predictable (1994) - Korn
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sabato 26 marzo 2022

Campioni del fondo

Campioni del fondo. L'Italia di Mancini toglie dall'imbarazzo tutti quelli che in questi mesi si erano ingegnati a fabbricare alibi plausibili e variopinti per una nostra eventuale eliminazione, dal bislacco regolamento dei play-off alla Lega Serie A che non ha concesso una settimana di lavoro supplementare agli Eroi di Wembley (non risulta del resto che macedoni e portoghesi siano in clausura da un mese). È la notte più nera della nostra storia calcistica e schiarisce persino l'impresa al contrario del 2017: perché quelle erano pur sempre Spagna e Svezia, non Svizzera e Macedonia del nord. È l'ideale punto d'approdo di una stagione vissuta in retromarcia, trascorsa a guardarci sempre indietro, ad accarezzarci l'anima con le parate di Donnarumma, gli “It's coming to Rome”, Chiellini che prende per la collottola Saka, senza contare che il calcio d'oggi viaggia velocissimo e ciò che sembra scritto nella pietra nel primo tempo non vale già più nel secondo, figuriamoci nove mesi dopo. Il primo responsabile, nelle parole e poi nelle disastrose scelte di Palermo, si chiama Roberto Mancini: proprio lui, che aveva annunciato e poi praticato il “cambiamento” risollevandoci dalle mestizie tavecchio-venturiane, è rimasto pietrificato dalla Medusa della propria gloria e da settembre non è più riuscito a muovere un muscolo né a farlo muovere alla sua squadra, a cominciare dal cuore. Aveva proprio ragione Kipling: il Trionfo e il Disastro sono due impostori che vanno trattati allo stesso modo. [...] Poteva servire, più in generale, preparare la non impossibile Italia-Macedonia guardando avanti, invece di limitarci a ripetere che siamo i campioni d'Europa? Anche perché quest'elementare constatazione, che rivolta a un gruppo di leader stile 2006 avrebbe risvegliato orgoglio e sani sentimenti sportivi al momento ideale, su questo gruppo ha avuto l'effetto opposto: il pensiero costante di avere tutto da perdere è stato il piombo che ha appesantito ogni giocata e rallentato ogni scelta. Se volete farvi del male riguardate l'azione fatale, una stilettata in stile Pak Doo-Ik che forse sarebbe stata parabile solo dal miglior Donnarumma (quindi non quello di quest'anno): dopo il controllo di petto di Trajkovski, Jorginho perde il passo alzando puerilmente il braccio per protestare, sperando nel tocco di braccio e concedendo al numero 9 macedone quel metro di spazio che gli servirà per caricare e sparare nell'angolino. E questo è il giocatore che è arrivato secondo al Pallone d'Oro: dimostrazione bruciante che il calcio di oggi non si volta indietro e non si ferma ad aspettare i grandi nomi che si sono attardati a scattare selfie e firmare autografi. [...] 67esima nel ranking FIFA, priva per squalifica del suo miglior giocatore, il sospetto è che una Macedonia tanto mediocre andasse sconfitta anche bendata. Il brutto è che non siamo nemmeno stati presuntuosi, come ci si potrebbe aspettare dai campioni d'Europa in carica. Non c'è stato nemmeno uno scatto d'ira, un calcione rigeneratore, uno sguardo paonazzo stile De Rossi (“dovemo vincé, no pareggià!”) in Italia-Svezia. Tutt'altro: siamo andati dolcemente alla deriva come ingenui bambinoni, cullandoci a oltranza, squadra e ct, sulla filastrocca dell'andrà tutto bene. Il lupo è arrivato, inesorabile, al 92'. Noi credevamo.

Giuseppe Pastore, Il Foglio (25/3/2022)

Canzone del giorno: Total Disaster (2018) - Rhett Miller
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mercoledì 23 marzo 2022

Le navi

Le navi

Che salpino le navi
si levino le ancore e si gonfino le vele
verranno giorni limpidi e dobbiamo approfittare
di questi venti gelidi del greco e del maestrale
lasciamo che ci spingano al di là di questo mare
e non c'è più niente per cui piangere o tornare.

Si perdano i rumori
e presto si allontanino i ricordi e questi odori
verranno giorni vergini e comunque giorni nuovi
ci inventeremo regole e ci sceglieremo i nomi
e certo ci ritroveremo a fare vecchi errori
ma solo per scoprire di essere migliori.

Mentre tu
intanto nel tempo che resta
sei qui
accanto e già molto diversa
e bellissima
sei bellissima.

Daniele Silvestri, Le navi (2011)

Canzone del giorno: Le navi (2005) - Daniele Silvestri
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domenica 20 marzo 2022

Lobby militare

Evitiamo le analogie con la Seconda guerra mondiale, portano tutte fuori strada e a conclusioni paradossali, tipo che dovremmo preoccuparci più del riarmo della Germania che della Russia. Il contesto in cui Vladimir Putin commette i suoi crimini di guerra non è quello in cui si muoveva Adolf Hitler. Dalla Corte penale dell’Aja, che forse un domani processerà Putin, alle Nazioni unite, fino alla Nato, alla Wto e alla stessa Unione europea: questo non è più il mondo degli Stati nazionali che competono tra in universo hobbesiano regolato solo dalla forza. Putin ha costruito una coreografia di guerra che doveva invece evocare la Seconda guerra mondiale, con i carri armati che marciano contro i nazisti ucraini, e noi, con riflesso stupidamente pavloviano, stiamo reagendo alla sua narrazione invece che costringerlo a stare dentro il mondo del 2022, quello in cui i conflitti non sono tra stati nazionali ma tra aree di integrazione economica e militare, intrecciate dalla globalizzazione delle merci e dei servizi, oltre che della finanza. Nel mondo contemporaneo la sicurezza non si fonda soltanto su droni e bombe: come evidente, la supremazia militare e nucleare della Nato non ha certo dissuaso la Russia dalla criminale invasione dell’Ucraina. Nella propaganda di Putin e del Cremlino invece è tutta una questione di missili vicini o lontani, come sostengono tanti amici di Putin italiani (consapevoli o meno) che non si interessavano di geopolitica dalla crisi di Cuba del 1962. La spesa militare nel mondo è aumentata anche durante il Covid, nel 2020 ha toccato la cifra record di 2.000 miliardi di dollari. In Italia il bilancio della Difesa è in costante crescita, dai 21,4 miliardi del 2019 ai 26 del 2022. Il Parlamento ha appena approvato un ordine del giorno che chiede al governo di aumentare ancora la spesa militare, fino a 38 miliardi all’anno, per rispettare gli impegni con la Nato. Ci vuole il coraggio, da parte di politici e intellettuali, di dire che tutto questo non c’entra nulla con l’aggressione della Russia, che bruciare altre decine di miliardi nel falò della Difesa non preparerà la pace, ma  la guerra. Peraltro, lo stesso premier Mario Draghi ha ricordato che la priorità dovrebbe essere l’efficienza della spesa militare a livello europeo, per ridurre duplicazioni e sprechi, non l’aumento in aggregato. Un composito gruppo di avvoltoi – spesso ben remunerati o comunque con notevoli interessi in gioco – sta usando la tragedia ucraina per una formidabile azione di lobbying che vuole spostare risorse pubbliche dalla transizione ecologica e dalla spesa sociale verso la spesa militare, facendo leva sull’indignazione per le sofferenze ucraine. Non i pacifisti, ma le persone oneste e di buon senso dovrebbero opporsi a questa cinica speculazione che va a beneficio di pochi e mette a rischio le vite di molti in un futuro non remoto.

Stefano Feltri, Domani (18/3/2022)

Canzone del giorno: Farawell to Arms (1992) - Emerson, Lake & Palmer
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venerdì 18 marzo 2022

Musica interiore

L’uomo che non ha alcuna musica dentro di sé, che non si sente commuovere dall’armonia di dolci suoni, è nato per il tradimento, per gli inganni, per le rapine.

William Shakespeare (1564 – 1616), Il mercante di Venezia (1597)


Canzone del giorno: Music (1971) - Carole King
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martedì 15 marzo 2022

Oligarchi russi

Alcuni giorni trascorsi all’Expo di Dubai e Abu Dhabi offrono una prospettiva particolare sulla guerra in Ucraina. La “sofferenza” degli oligarchi russi, l’impoverimento di Mosca, l’isolamento di Putin, appaiono in una luce diversa in Medio Oriente. Gli hotel ultralusso di Dubai sono sold out grazie agli oligarchi russi. Vengono espropriati dei beni a Saint Tropez e in Costa Smeralda, cacciati dalle banche britanniche e svizzere, ma negli Emirati trovano un accogliente paradiso fiscale e bancario, almeno per ora, dove attutire la morsa delle nostre sanzioni. Nel Golfo e nel mondo arabo in generale, la Russia è meno emarginata di quanto ci sembra: sta raccogliendo i frutti del suo espansionismo in Siria e altrove, è rispettata per il suo ruolo militare in quest’area. Il gioco del petrolio è decisivo. Finché il barile di greggio rimane sopra i 110 dollari, Putin continua a incassare abbastanza per finanziare la sua aggressione. Negli anni la Russia ha costruito un ottimo rapporto con l’OPEC al punto che il cartello è stato ribattezzato OPEC+ (più Mosca, appunto). Gli Emirati e l’Arabia Saudita potrebbero creare grandi difficoltà a Putin, se solo volessero aumentare la produzione e quindi abbassare i prezzi. Sono le uniche due nazioni che hanno una grande capacità di produzione di riserva. […] Il “tutto esaurito” nei sontuosi hotel a sette stelle di Dubai, dove si parla russo molto più dell’arabo e dove si vanno a ruba suite da cinquemila euro a notte, rivela che molti oligarchi probabilmente avevano un piano B pronto per partire a tempo, per far fronte ai sequestri di beni. La compattezza fin qui mostrata dall’Occidente potrebbe non bastare. L’Occidente non è tutto. Sebbene la forza delle nostre sanzioni sia senza precedenti, ci sono aree del mondo in cui i sovraccarichi trovano sempre un’accoglienza discreta e disponibile. Il denaro crea indulgenze a tutti i livelli. […] La geopolitica “non è una cena di gala”, parafrasando Mao Zedong, e il leader russo nel suo cinismo applica regole del gioco che altri condividono. La ritirata di Biden da Kabul aveva una profonda razionalità: dopo vent’anni di guerra era inutile illudersi di esportare democrazia e diritti; L’America deve concentrarsi sulla sfida principale con la Cina piuttosto che disperdersi in conflitti periferici. Tuttavia, l’uscita dall’Afghanistan ha seminato dubbi tra diversi leader del mondo arabo, che si chiedono se lo Zio Sam vorrà ancora esercitare un’influenza decisiva nelle loro aree. Ciò accade poiché russi e turchi offrono servizi mercenari in vari conflitti locali e i cinesi stanno pianificando nuove basi militari in queste aree. La sensibilità umanitaria ha portato Washington e le capitali europee a limitare le forniture militari ai sauditi e agli Emirati nel conflitto yemenita dove operano milizie sciite filoiraniane; il risultato è che i sunniti cercano armi a Mosca e Pechino. L’Iran non smette di spaventare i suoi vicini, anche se Biden ora cerca di riparare tutti i nemici di ieri (compreso il Venezuela). Il vento di ambientalismo radicale che soffia a Washington e nelle capitali europee genera a sua volta stridenti contraddizioni. Fino all’altro ieri si parlava di un mondo carbon free come se fosse dietro l’angolo. Ora i telefoni di Riyadh e Abu Dhabi squillano mentre i leader occidentali chiedono più combustibili fossili a prezzi ragionevoli. Ora per favore.

Federico Rampini, Corriere della Sera (12/3/22)


Canzone del giorno: Lap Of Luxury (1984) - Jethro Tull
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domenica 13 marzo 2022

Antigone

Sébastien Norblin (1796 - 1884)
Antigone cerca di seppellire Polynice
(1825)
La cinica propaganda del regime putinano vuole cancellare dal linguaggio dei suoi media il reale traumatico della guerra, trasfigurando la tragedia in corso in terra ucraina in una “operazione speciale”. Si tratta di una strategia che riflette più in generale la pratica sistematica, esercitata da più di un ventennio, della censura e della repressione del dissenso. Solo che in questo frangente il dissenso ha trovato come suo inquietante alleato la sagoma della morte: quella dei soldati russi caduti sul fronte. Cosa fare dei corpi dei soldati morti? Giovani mandati ignari e impreparati al fronte di una lurida guerra di aggressione. I loro resti sono la denuncia più assordante nei confronti del regime di Putin, lo svelamento della menzogna che vorrebbe negare l’esistenza della guerra. E’ per preservare questa menzogna che il dittatore vorrebbe cancellarli, renderli invisibili, farli evaporare. Non ci saranno, infatti, funerali per le vittime russe di guerra; nessun rito di sepoltura, nessun congedo simbolico, nessuna cerimonia di addio. La violenza dell’ideologia infligge così una “seconda” morte alla “prima morte” uccidendo per due volte i figli del suo popolo. Questa “seconda morte” è, se possibile, ancora più disumana della prima. Cancellando i loro corpi, impedendo loro di essere riconosciuti e salutati per un’ultima volta dai loro cari, vuole manipolare orwellianamente gli eventi della storia. Come insegna Antigone, l’assenza di rispetto per i vivi si rivela pienamente nell’assenza di rispetto per i morti poiché è la morte a rivelare la natura pienamente umana della vita. [...]Ma il carattere spietato di questo tentativo (impossibile) di negazione della morte rivela probabilmente anche uno dei tratti più essenziali della psicologia di Putin come, del resto, di ogni dittatore: l’Ideale (della grande Russia) non può essere macchiato né ostacolato dall’orrore della morte. Non è escluso che questa negazione della morte riguardi la vita personale di Putin, il cui corpo (malato? invecchiato? sofferente?), come quello di tutti gli esseri umani, è fatalmente intaccato dalla morte. Sarà questa prossimità alla propria morte (marchio del limite che rende ogni vita finita) a spingerlo a calpestare ogni limite, ogni confine, ogni diritto, ogni Legge? Sta rivendicando così, spargendo la morte ovunque, la negazione maniacale della propria morte? Sta minacciando il mondo con una guerra atomica per manifestare la propria assoluta onnipotenza (irrealistica) di fronte alla morte? Non lo sappiamo, né possiamo saperlo. Ma quello che sappiamo sul destino dei giovani russi morti in battaglia è già sufficiente: il fanatismo dell’Ideologia rende la vita insignificante subordinandola strumentalmente ai propri interessi generali; l’Idea (restaurare l’Impero della grande Russia), come tale, rifiuta sempre la morte. Ci vorrebbe allora davvero il grido di una giovane Antigone che rivendicasse nel suo paese almeno il diritto alla sepoltura dei fratelli morti. Ci vorrebbe il grido di una giovane Antigone ad esigere che i loro corpi non spariscano nel nulla, che non siano inceneriti nel vuoto. Sarebbe davvero necessario che questo grido diventasse quello di un intero popolo – quello russo – che provasse a liberarsi dal giogo mortale di un regime nemico della libertà: la denazificazione non è un problema dell’Ucraina ma della Russia putinana.

Massimo Recalcati, La Stampa (12/3/2022)

Canzone del giorno: Lettera di soldati (2008) - Vinicio Capossela
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sabato 12 marzo 2022

Palco

La musica dal vivo le manca?

Molto, è un anno che non canto in giro e ho paura a ricominciare: ho sempre avuto paura di andare sul palco, non mi sono mai veramente abituato. Al festival di Sanremo del ‘64 ero con Modugno, bevevamo alcolici. Io lo guardo e gli dico: “Ma tu ti caghi ancora addosso? Sono anni che canti“. E lui: “Guarda, o ti caghi addosso tutta la vita oppure non ti caghi addosso mai“. In quel momento passava la Cinquetti, tutta carina, tranquilla. “Vedi lei? Non ha paura“. E infatti quando siamo usciti sul palco abbiamo fatto un casino. Prima è toccato a lui, e mi fa: “Hai della segatura? Perché mi sono cagato addosso“. Si era dimenticato le parole della canzone, aveva inventato lì per lì le prime due strofe. Quando ho cominciato a cantare io la gente pensava che il microfono non funzionasse, invece non mi usciva la voce. Figura di merda niente male, tutti e due.

 

Gino Paoli, da un’intervista di Gianni Santoro (il Venerdì di Repubblica - 18/2/2022)

Averti addosso
come un giorno di sole
a meta’ di maggio
che scalda la tua pelle
e scioglie il cuore
e che ti da’ la forza
di ricominciare.

Gino Paoli, Averti addosso (1984)

Canzone del giorno: Averti addosso (1984) - Gino Paoli
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mercoledì 9 marzo 2022

Logoramento

Esiste una narrazione che imputa la guerra in Ucraina all’accerchiamento della Russia da parte della Nato e alla intransigenza americana che avrebbe spinto i Paesi europei a una posizione estremamente rigida nei confronti di Putin. Ma l’allargamento della Nato non è sempre stato visto da Putin come una minaccia. E l’ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza, del resto, non era, e tantomeno è, all’ordine del giorno. A quella narrazione se ne può opporre quindi un’altra, più radicata nella storia russa ed europea. La sconfitta nella guerra fredda è costata alla Russia la perdita dei guadagni territoriali ottenuti dopo il 1945 in Europa dell'Est (l’impero comunista) e di una parte dell’impero zarista: tra l’altro, oltre alle repubbliche centro-asiatiche, la Bielorussia e l’Ucraina, un tempo già incorporate nell’impero zarista e in seguito formalmente esistenti come membri dell’URSS ma non certo realmente sovrane (per quanto fossero titolari di un seggio all’Onu). Mentre la Bielorussia è rimasta nell’orbita russa, l’Ucraina oscilla da anni tra ipotesi filo-russe e filo-europee. L’Ucraina è il pezzo più pregiato, da un punto di vista geopolitico, in un’ottica tradizionalmente imperiale - di un imperialismo territoriale, terrestre, qual è sempre stato quello russo -. È il centro e il cuore di quella linea che va da Kaliningrad a Odessa, dal Baltico al Mar Nero, che deve essere controllata da chi vuole, da Est, pesare sull’Europa, condizionarla, intimidirla. È lì che grava l’immensa massa eurasiatica. Quella linea oggi le è in parte vietata. Riportare l’Ucraina, la Piccola Russia, all’ovile della Grande Russia, è vitale per chi come Putin ragiona nei termini classici della geopolitica, vista da Mosca; per chi guida una potenza revisionista, insoddisfatta dei risultati dell’ultima guerra perduta. Del resto, la Russia non può affidare le proprie ambizioni di grande potenza a una propria superiore capacità economica: le materie prime energetiche sono importanti ma non bastano a generare egemonia. Nato o non-Nato, la spinta sull’Ucraina fa parte di una logica strategica di lungo periodo. Che Putin ha oggi trasformato in invasione forse perché convinto della debolezza degli Usa (la ritirata dall'Afghanistan) o degli europei (indeboliti dalla pandemia e dipendenti dal suo gas). Alla luce dei fatti, questa convinzione non era esatta. Della stessa logica - Nato o non-Nato - fa parte la reazione degli Stati europei, che non possono non interpretare la guerra contro l’Ucraina come una minaccia esplicita alla loro sicurezza e alla loro capacità politica, come un’intimidazione da parte di un vicino ostile e prepotente. Come un atto di guerra ibrida, insomma. Che l’esistenza della Nato garantisce non divenga guerra aperta. Al di là della inaccettabile modalità di conduzione della guerra, oltre che della guerra stessa, ma al di là anche delle assurde campagne russofobe contro Dostoevskij e simili, la verità è che siamo davanti a un impero che vuole cancellare uno Stato dalla carta geografica - almeno come obiettivo di lungo periodo -. Come possa Putin pensare di incorporare l’Ucraina nella Russia, o in subordine di farsela amica in stile bielorusso, dopo il trattamento che le ha riservato, non è chiaro: non è improbabile che si inneschi una condizione di guerriglia o che si vada verso uno scenario in stile ceceno, complicato dall’afflusso di profughi verso l’Europa. Che a sua volta non può accettare a lungo nulla di simile, insieme agli altissimi costi delle sanzioni. C’è un elemento di reciproca guerra di logoramento in questa situazione. Un logoramento che probabilmente e sperabilmente maturerà in tempi brevi. Ma c’è anche un ammonimento: nell’autocoscienza dell’Europa va incorporata una consapevolezza politico-strategica più netta di quella che finora c’è stata. Se vogliamo la pace - e non vi è dubbio che la vogliamo, come equo compromesso e come disegno di sicurezza comune, non unilaterale - dobbiamo procurarci i mezzi, e l’intelligenza, per instaurarla e per garantirla.

Carlo Galli, la Repubblica (8/3/22)

Canzone del giorno: The Shortest Straw (1988) - Metallica
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lunedì 7 marzo 2022

L'odore della guerra

La guerra ha un odore. La guerra vicina, un odore più intenso. Somiglia a quello della paura collettiva, che abbiamo imparato a riconoscere durante la pandemia. Un sentimento più vicino all'ansia che al panico, ma non meno insidioso. Quando si teme qualcosa tutti insieme, invece di aiutarsi a vicenda, ci si spaventa di più. Ci sono mestieri che aiutano. Come medici e infermieri durante il Covid, noi giornalisti dobbiamo raccontare, mostrare, spiegare, provare a prevedere. I colleghi in Ucraina e in Russia più di tutti, ma anche gli altri. Come vigili del fuoco durante un incendio, abbiamo qualcosa da fare: meglio che stare fermi ad aspettare. Possiamo anche suggerire come gestire l'incertezza che respiriamo? Possiamo provarci. Il primo consiglio è semplice. Aiutate, se potete. Fa bene e fa star bene. Gli ucraini - in patria e in fuga - hanno bisogno di noi. Anche molti russi, vittime di un despota. Il secondo consiglio può sembrare ovvio, non lo è: informatevi, ma scegliete fonti affidabili. Un buon giornale e un buon programma televisivo sono una garanzia; un cattivo giornale e una trasmissione piena di incompetenti esagitati diventano  generatori d'ansia. Terzo consiglio: dosate le informazioni in entrata. Aggiornarsi sulla guerra è doveroso; farlo per quattordici ore al giorno è deleterio. Peggio: controproducente. Il cervello inghiotte e perde la capacità di digerire. Quarto consiglio: parlate della guerra con moderazione, sui social, in famiglia e con gli amici. Tacere e pensare non è ignavia: è una forma di saggezza. Gli allarmisti non se ne rendono conto, ma vogliono essere rassicurati. Il post isterico o il  tweet catastrofista sono, in fondo, richieste di aiuto.  Anche i bastian contrari cronici - colpa della Nato! colpa dell'Europa! - sono quasi sempre persone spaventate, che nelle loro teorie bislacche cercano conforto e attenzione. Si sono allenati per anni denigrando l'Unione Europea, applaudendo Trump, negando il Covid; e continuano. Il consiglio finale ha un padre nobile, che non cito: ignorate i consigli precedenti, se ne avete di migliori. E  condivideteli con noi. Il profumo della  comprensione tiene lontano l'odore della guerra.

Beppe Severgnini, Corriere della Sera (6/3/22)

Canzone del giorno: How Will You Feel Tonight (1982) - Poco
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sabato 5 marzo 2022

La comune coscienza

Certe cose sono sconvolgenti e inaccettabili alla comune coscienza. La comune coscienza è inadattabile alle atrocità. E ci sarà pure qualche ragione. Forse perché essa, in realtà, le vuole. La comune coscienza prima non ha accettato le atrocità naziste, e poi ha preferito dimenticarle. [...] Certe cose atroci architettate o comunque volute dal Potere (quello reale non quello sia pur fittiziamente democratico) sono comunissime nella storia: dico comunissime: eppure alla comune coscienza paiono sempre eccezionali e incredibili. 

Pier Paolo Pasolini (1922 - 1975), tratto da Il Caos - 20 dicembre 1969


Canzone del giorno: Refusing Consciousness (2005) - Adema
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venerdì 4 marzo 2022

Guerra

Le parole le pronunciamo talvolta controvoglia. Le usiamo per separarci da noi stessi, dalle conseguenze delle nostre azioni. Significano prudenza. E mancanza. Ma di fronte a quello che accade in questi giorni nelle pianure d'Ucraina bisogna pronunciarle perché non si può fare altrimenti. Eccole: l'Occidente, la Nato, l'Europa e l'Italia sono già in guerra con la Russia che ha invaso l'Ucraina e posto mano alla sua distruzione. Perché inviare armi a chi combatte è in ogni significato possibile bellico, giuridico, morale entrare in combattimento, ovvero partecipare e uccidere. Le armi che abbiamo fornito e ora in maggiore quantità e efficacia forniremo all'esercito di Kiev non serviranno come semplice arnese di deterrenza, per convincere un nemico, ancora incerto, che pagherà un prezzo salato se attacca. Questa è la storia di ieri, seppellita sotto le bombe dell'incallito mestatore di Mosca. […] Fornire cannoni e anticarro è presentato come una appendice un po' più forte delle sanzioni economiche, quasi fosse un gesto necessario e innocuo, asettico per chi lo compie quando qualcuno viene aggredito e i perseguitati non hanno i mezzi sufficienti per difendersi. Questo è vero per le sanzioni. Ma non per la fornitura di armamenti quando già si combatte. Gli occidentali conoscono benissimo la differenza: nel 2011 i perseguitati erano i siriani massacrati da Bashar Assad, perfino i gas usava per annientarli. Chiesero armi: per difendersi meglio. Non assomigliavano forse agli ucraini? Obama e l'occidente non volevano far la guerra per loro, i siriani non erano importanti, erano lontani. E infatti distribuimmo loro sorrisi, incoraggiamenti, un po' di pietà, senza affannarci troppo. Ma neppure un fucile. Perché voleva dire entrare in guerra con Bashar e i suoi alleati. Appunto. Le parole bisogna rispettarle soprattutto quando le parole sono guerra, invasione, nemico, distruzione. Non sono ombre da evocare e che si può far sparire a comando. […] Meglio tenere in prima linea gli ucraini. Il guaio è che la guerra combattuta senza dirlo, come tutte le furbizie, regge per un tempo limitato. Saranno gli ucraini stessi a farla crollare. Quando la potenza russa si abbatterà su di loro con tutta la violenza possibile, finora ne hanno provato solo sanguinose premesse, le armi «in leasing» non basteranno più e ci chiederanno di tener fede all'impegno che abbiamo sottoscritto inviandole: ci chiederanno di intervenire, di prenderci direttamente per il bavero con uomini in carne e ossa e non con idee pure. Accade sempre così: prima si spediscono armi e «istruttori», poi si scopre che non basta e ti sei già avvolto in quella guerra, ne sei una parte e l'unico modo per tentare di slegarti è avvolgerti sempre più sperando di ritrovare il capo della corda. Come sul tavolo prima vengono gettati i fanti, poi si passa alle regine, ai re, agli assi. 

Domenico Quirico, La Stampa (3/3/2022)

Canzone del giorno: War Is Not Healthy (2021) - Procol Harum
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mercoledì 2 marzo 2022

Insensata

Altan, da google.it















Canzone del giorno: Generale (1978) - Francesco De Gregori
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martedì 1 marzo 2022

Playlist Febbraio 2022

 

  1. Fabio Concato, Tornando a casa – (Senza avvisare – 1986) – Il Residente
  2. Oasis, Put Yer Money Where Yer Mouth Is – (Standing on the Shoulder of Giants2000) – Sanremo costa
  3. Susan Tedeschi, It Hurts So Bad  (Just Won’t Burn – 1998) – Lato
  4. Sade, No Ordinary Love  (Love Deluxe – 1992) – Normalità
  5. John Mayall, No Big Hurry  (Spinning Coin – 1995) – Senza fretta
  6. Nek, Contro le mie ombre  (Nella stanza 26 – 2006) – Un’ombra sulla normalità
  7. Lucio Dalla, Futura  (Dalla – 1980) – I russi, gli americani
  8. Francesco Guccini, Ho ancora la forza  (Stagioni – 2000) – Ho ancora la forza
  9. Black Sabbath, The Thrill Of It All  (Sabotage – 1975) – Conflitto
  10. Aretha Franklin, Truth and Honesty  (Love All the Hurt Away – 1981) – Vivere onestamente
  11. Birdy, Words as Weapons  (Fire Within – 2000) – Le parole di Putin
  12. Foo Fighters, Waiting On A War  (Medicine at Midnight – 2000) – Incubi
  13. Guns N’ Roses, Civil War  (Use Your Illusion II – 2000) – Fitte