nuovigiorni

"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

domenica 28 aprile 2024

Rullini

Ai tempi dei rullini Kodak, la maggior parte delle foto - poco lusinghiere, scentrate, scattate per sbaglio, sovraesposte dove tutti avevano gli occhi rossi come i ratti - era da buttare. Nessuno riusciva a capire come manovrare la messa a fuoco. Nessuno sapeva quando c’era bisogno di azionare il flash, o come farlo. La maggior parte della gente era sprovvista di qualsiasi senso estetico.si poteva passare al setaccio un intero rullino di foto freschi di stampa, con il loro aroma chimico che quasi inumidiva l’aria, senza trovarne una sola che non inquadrasse una parte del corpo meno turpe della regione direttamente sotto il vostro mento. Dopo aver premuto il pulsantino non sapevate che cosa era venuto fuori. Bisognava aspettare per scoprirlo, spesso una settimana o anche più prima che arrivassero i negozi di foto che te le stampavano in ventiquattro ore con una qualità di sviluppo un tanto al chilo. Tiravate fuori dalla macchina e rullino di plastica nera e lo portavate dal fotografo pieni di speranza; non vi ricordavate quasi più cosa c’era dentro, perché la pellicola costava e magari avevate impiegato mesi per completare il rullino, specie se era uno di quelli da 36 foto invece che da 24: e poi aprivate la busta e vi ritrovate con una sequela di mostruosità sfocate. […] Sfogliando gli album di foto di quell’epoca, sia l’impressione di imbattersi in un evo oscuro da un passato inesplicabile e a volte apparentemente folle, dove tutti i piangevano alle feste, avevano l’aria accigliata nelle rimpatriate tra i compagni di classe e sembravano tristissimi alle partite di baseball juniores del fratello. Mai che ci fosse qualcuno che aveva pensato di portarsi dietro una macchina fotografica, in quelle rare occasioni in cui eravamo al meglio di noi. Le foto di Scuola erano una documentazione implacabile dell’orrore: l’apparecchio ai denti, l’acconciatura con la riga da una parte, quello sfondo grigio a chiazze. Provavate a nascondere ai vostri genitori (che naturalmente ne avevano ordinato una serie a costo maggiorato) quella maligna busta 20 × 25, ma loro se la tenevano comunque, come se volessero farvi dispetto. Questi ritratti a cadenza annuale erano parte della storia della vostra infanzia! Per il resto dell’adolescenza, fuggivate via da qualsiasi adulto armato di una macchina fotografica. Da questa angolazione, è impossibile riuscire a comprendere l’affermazione dell’onnipresente selfie, una parola che nemmeno esisteva negli Stati Uniti fino al 2011. Chi poteva immaginare che così tante persone avrebbero adorato scattarsi delle foto. Che i teenager, queste creature così timide e impacciate, avrebbero passato pomeriggi interi a mettersi in posa e perfezionare le foto? Che i più anziani li avrebbero adorati a tal punto che le gite in pullman ormai programmano le soste non per consentire ai passeggeri di scattare le buone vecchie foto di panorami e monumenti, ma per fargli fare i selfie?

Pamela Paul, 100 cose che abbiamo perso per colpa di Internet (ilSaggiatore – 2022)

Canzone del giorno: Old Photographs (1973) - Charley Pride
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giovedì 25 aprile 2024

Export militare

Si conferma in crescita l’export militare italiano, come risulta dall’annuale “relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento” inviata dal Governo in Parlamento. Nel 2023, l’export italiano di materiali e sistemi d’arma ha raggiunto i 6,311 miliardi di euro rispetto ai 5,2 miliardi di euro del 2022, una crescita pari al 24,4%. Per quanto riguarda la “classifica” dei singoli Paesi destinatari delle nostre esportazioni belliche, al primo posto c’è la Francia con 465,4 milioni di euro, seguita dall’Ucraina con 417,3 milioni di euro, USA, 390,3 milioni, e Arabia Saudita con 363,1 milioni di euro. Importante il dato sull’Ucraina, secondo la relazione, infatti, “ il conflitto in corso, dopo una prima fase in cui l’assistenza militare è stata gestita quasi interamente tramite le forniture organizzate dal Ministero della Difesa (che non necessitano di licenza UAMA), nel 2023 ha visto un maggiore apporto da parte del settore privato”. Questo significa che siamo passati sistematicamente dalla fornitura di stock alla fornitura di nuovi prodotti tramite contratti siglati con le aziende. Nessuna indicazione sui prodotti – al solito, la relazione “eccelle” per l’assoluta mancanza di trasparenza – ma è presumibile che questi comprendano munizionamento di diverso tipo e calibro, sistemi contraerei e anti-drone, e sistemi di guerra elettronica.

Pietro Batacchi, Rivista Italiana Difesa (18/04/2024)

Canzone del giorno: Who Knows (What Tomorrow May Bring)? (2002) - Gary Moore
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martedì 23 aprile 2024

La fuga

La frattura risale alla prima decade del nostro secolo, subito dopo il grande giubileo dell'anno 2000. Già nel 2012, le statistiche Istat testimoniavano che più del 50 per cento delle donne di età tra venti e quarant'anni aveva abbandonato la pratica religiosa, non andava a messa, non sceglieva il matrimonio religioso ed era restio a far battezzare i figli. Quelle rimaste nel firmamento ecclesiale tendevano a rendersi indisponibili per la catechesi, preferivano organizzazioni non confessionali per le offerte liberali, pochissime seguivano una vocazione religiosa e più in generale esprimevano sfiducia verso le capacità educative del clero. Le statistiche del 2022 sono ancora più impietose: tra le ragazze da 18 a 24 anni, il numero delle non praticanti è quattro volte e mezzo quello delle coetanee che vanno a messa più o meno regolarmente. Nella fascia 25-34 anni, le fuggitive sono più di tre volte superiori e nella fascia successiva, 35-45 anni, il doppio. Negli ultimi venti anni, il numero delle bambine tra 6 e 13 anni che non hanno mai messo piede in chiesa si è quadruplicato. Anche altri dati sono interessanti: tra le laureate, di tutte le fasce di età, la fuga dalla Chiesa era già avvenuta nel 2018, le diplomate ci hanno messo due anni in più, ma le antesignane dell'abbandono sono state le lavoratrici, massicciamente scomparse dalle parrocchie dal 2016. Per il momento, nella frequenza alle attività liturgiche resistono le casalinghe e le donne in pensione. Per il 2023, l'Azione cattolica italiana fornisce altri dati: oggi le giovani che si autodefiniscono cattoliche sono il 39 per cento (nel 2013 erano il 61,2); le ragazze che si ritengono atee sono il 39 (nel 2013 erano il 12); in una scala da 1 a 10, le giovani donne che hanno fiducia nella Chiesa rappresentano l'1 per cento, quelle che non ne hanno alcuna, il 30 per cento. E così sia.

Filippo di Giacomo, il Venerdì – la Repubblica (8/3/2024)

Canzone del giorno: The Great Escape (1994) - Marillon
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lunedì 22 aprile 2024

Buon acoltatore


Un buon ascoltatore di solito sta pensando a qualcos'altro. 

Kin Hubbard (1868 - 1930)

Canzone del giorno: Stillness Of Heart (2001) - Lenny Kravitz
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venerdì 19 aprile 2024

Accade in Iran

C’è una legge, non scritta ma ferrea: se si vuole rendere popolare una qualsivoglia causa, occorre avere cura, preliminarmente, di procurarsi come nemici, avversari, lo Stato d’Israele o gli Stati Uniti d’America. Meglio se entrambi. La conferma viene dall’Iran. Non ci si riferisce, qui, a quello che organizza e sostiene fuori dai suoi confini. Si parla di quello che si consuma tutti i giorni ai danni del popolo iraniano, tra la sostanziale indifferenza della comunità internazionale. Le prigioni dell’Iran, denunciano unanimi le organizzazioni che si occupano di diritti civili e umani, sono veri e propri «centri di uccisioni di massa». Nel solo 2023 si sono censite ufficialmente 853 condanne a morte; oltre la metà, 481 per esattezza, per presunti reati di droga. È il numero di esecuzioni più alto dal 2015. Una vera e propria carneficina; per il 2024 non andrà meglio, visto che alla data del 20 marzo sono 95 le persone condannate a morte. Nel 2023 le autorità iraniane hanno intensificato l’uso della pena di morte per seminare la paura nella popolazione e aggrapparsi al potere all’indomani della rivolta «Donna Vita Libertà». Così la pena di morte viene applicata su larga scala al termine di processi di assai dubbia regolarità. I Tribunali rivoluzionari decidono la vita o la morte di centinaia di persone Le autorità iraniane rifiutano di rendere pubblici i dati sulle esecuzioni, molte delle quali avvengono in segreto. Almeno 520 delle 853 condanne a morte eseguite nel 2023 sono state emesse dai «Tribunali rivoluzionari»: hanno competenza su un’ampia serie di reati, non solo quelli legati alla droga. Di loro competenza tutte le attività considerate «reati contro la sicurezza nazionale». Praticamente su tutto. In Iran si può essere condannati a morte anche per adulterio, blasfemia, «apostasia» e in generale per «offese al profeta Maometto». Non sono tribunali indipendenti, sono pesantemente influenzati dalle forze di sicurezza e dai servizi d’intelligence, usano regolarmente «confessioni» estorte con la tortura. Non c'è accesso alla rappresentanza legale. Dal 2023 si registra anche uno sconcertante aumento delle condanne a morte nei confronti di minorenni. Particolarmente perseguitata risulta essere la minoranza baluci. I prigionieri di quest'etnia costituiscono circa il 20 per cento dei condannati a morte. Se queste cose accadessero in Israele o negli Stati Uniti, anche una decima parte, sarebbe un fiorire ovunque di proteste, manifestazioni, inviti al boicottaggio sotto ogni forma. Accade invece in Iran. La cosa, dunque interessa poco e pochi.

Valter Vecellio Italia Oggi (11/04/2024)


Canzone del giorno: Indifference (1993) - Pearl Jam
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giovedì 18 aprile 2024

Echoes in the Dark


Echi nell'oscurità

Ho sentito gli echi nell'oscurità,

voci fioche e lontane del passato

E ho visto così lontano nella notte

E ho indugiato nella terra senza luce.


Ben oltre le ore avvolte dell'alba

Sono nato attraverso la nebbia dell'alba

Ma il giorno era ancora offuscato dalla notte

Lasciandomi nella terra senza luce.

 

Uriah Heep, Echoes in the Dark (The Magician’s Birthday – 1972)


Canzone del giorno: Echoes in the Dark (1972) - Uriah Heep
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lunedì 15 aprile 2024

Due nemici

Due nemici si affrontano nel Medio Oriente odierno: Iran e Israele. Lo si capiva prima che cominciasse la guerra in corso da sei mesi a Gaza, lo confermano ora le voci, diffuse da fonti americane, di un possibile imminente attacco di Teheran a Gerusalemme con droni e missili, in risposta al raid israeliano dei giorni scorsi contro l'ambasciata iraniana di Damasco. La guerra nella Striscia tra le forze dello Stato ebraico e i jihadisti di Hamas è solo un fronte di questo più ampio conflitto: si può anzi dire che sia scoppiata in questo momento proprio come conseguenza della contrapposizione fra Iran e Israele. Riavvolgendo il nastro degli ultimi sei mesi, è infatti necessario ricordare che, prima del 7 ottobre, il piano americano per una storica pace fra Israele e Arabia Saudita, tassello decisivo degli accordi di Abramo firmati in precedenza da Gerusalemme con altri quattro Paesi arabi (e, prima ancora, delle relazioni diplomatiche stabilite da Gerusalemme con Egitto e Giordania), era percepito come una minaccia mortale dagli ayatollah di Teheran. […] Ma Hamas non è l'unico attore della guerra che l'Iran combatte contro Israele. Lo sono gli Hezbollah, le milizie che dal Libano hanno ripreso una guerra contro il Nord dello Stato ebraico, costringendo 80 mila israeliani (l'equivalente di circa mezzo milione di persone in Italia) a lasciare a tempo indeterminato le proprie case. Lo sono i ribelli Houti dello Yemen, che con gli attacchi alle navi cargo nel mar Rosso hanno paralizzato il commercio globale e già provocato la risposta militare di Stati Uniti e Gran Bretagna. In sostanza, tre eserciti, Hamas, Hezbollah, Houti, finanziati e manovrati da Teheran, per colpire in diverso modo Israele. A questo punto, secondo le fonti dell'intelligence Usa, l'Iran potrebbe intervenire direttamente contro Gerusalemme, con il rischio di scatenare una guerra mediorientale ancora più ampia e il probabile coinvolgimento dell'America. […] Finora l'Iran era apparso riluttante ad alzare il livello dello scontro, perché stava già ottenendo quello che voleva con i propri eserciti surrogati. Adesso ci sarà una risposta più elevata e l'evoluzione dell'ennesima guerra mediorientale dipende da che tipo di risposta sarà. Ma bisogna tenere presente, per capire dove può portare il conflitto ed eventualmente come mettervi fine, che i veri nemici in campo sono Iran e Israele.

Enrico Franceschini, la Repubblica (13/04/2024)

Canzone del giorno: Enemies (2012) - Shinedown
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domenica 14 aprile 2024

Mediocre

È così mediocre che fa sentire mediocre anche te.

Roberto Gervaso (1937 – 2020)


Canzone del giorno: Mediocre Minds (1998) - Bad Religion
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venerdì 12 aprile 2024

Saper disinnescare

Rocco: "Però una cosa importante l'ho imparata"

Eva: "Cosa?"

R:"Saper disinnescare"

E: "Cioè?"

R: "Non trasformare ogni discussione in una lotta di supremazia. Non credo che sia debole chi è disposto a cedere, anzi, è pure saggio. Le uniche coppie che vedo durare sono quelle dove uno dei due, non importa chi, riesce a fare un passo indietro. E invece sta un passo avanti”.

dal Film "Perfetti Sconosciuti" (2016) di Paolo Genovese


Canzone del giorno: A Wave (2021) - Kings of Leon
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martedì 9 aprile 2024

La guerra delle parole

Nessuna guerra è giusta, ma nemmeno la più ingiusta delle guerre deve spegnere la conoscenza dell'altro (del "nemico"). Della sua arte, letteratura, musica, ricerca scientifica; ma anche delle complessità della sua politica interna. Per secoli l'Europa fu straziata da guerre che oggi paiono intestine, ma a nessuno venne in mente di vietare la circolazione delle idee e delle conoscenze, dei pittori, degli astronomi o dei violinisti. Perché allora, nel tempo guasto che viviamo, la guerra russo-ucraina dovrebbe spegnere la voce di Dostojevskij (come si è tentato di fare a Milano-Bicocca), o impedire la collaborazione fra musei russi e italiani? Perché le stragi di Gaza, risposta certo eccessiva al perfido attacco di Hamas del 7 ottobre, dovrebbero impedire il dialogo e la ricerca congiunta fra archeologi europei e israeliani? E perché mai dovremmo sentirci obbligati, tutti e uno per uno, a schierarci al 100% o con Israele o con i palestinesi? Da sempre fu massima arte politica analizzare i Paesi in guerra e le loro opposizioni interne: premessa indispensabile per ogni proposito di pace anche remota. Dilaga oggi, al contrario, l'impulso ad allargare a dismisura il raggio dei "nemici" da demonizzare: non solo Netanyahu e il suo governo, ma l'intero popolo d'Israele, anche gli oppositori; non solo gli israeliani ma tutti gli ebrei. Occhio per occhio, dente per dente: e sul versante opposto si accusa di antisemitismo non solo chi lo professa inalberando svastiche e giustificando Auschwitz, ma chiunque critichi l'espansione dei coloni israeliani oltre quanto ratificato negli accordi di Oslo, chiunque disapprovi il cinismo politico di Netanyahu. Queste culture wars incidono profondamente nella sfera pubblica. […] La violenza dei tempi che attraversiamo spiega la durezza dei linguaggi, incoraggia gli eccessi. Ma non giustifica l'adozione di categorie di giudizio storicamente infondate, e men che mai la tendenza a tradurre l'indignazione, anche se motivata, in terminologie scagliate contro gli avversari a mo' d'insulto. Le parole sono cose, sono fatti, sono sentimenti ed esperienze. Usandole impropriamente si logorano, vanno soggette a inflazione, perdono il senso che avevano acquistato con la sofferenza e la morte senza dignità di milioni di esseri umani. Perciò è doloroso che due termini fino a ieri quasi sinonimi, "antisemitismo" e "genocidio", siano oggi usati l'un contro l'altro: la devastazione di Gaza diventa "genocidio", chi la condanna diventa "antisemita". In ambo i casi, per esprimere un'opinione comunque difendibile si ricorre a una parola-slogan che confonde le acque. L'atroce accusa di genocidio (dei palestinesi) è una terribile ritorsione non solo per Netanyahu, ma per tutti gli ebrei del mondo, anche quelli che detestano Netanyahu vivendo ogni giorno la memoria della Shoah. Considerare "antisemita" chi non condivide l'attuale politica di Israele, per converso, equivale a etichettare come nazifascista ogni suo oppositore. Queste definizioni urlate rimuovono la natura squisitamente politica del problema e l'analisi delle soluzioni possibili, come quella dei due Stati. Ma chi condanna il governo Netanyahu per i 32mila morti di Gaza non è perciò stesso "antisemita". Non lo è Eshkol Nevo quando dice che "diventare malvagi e crudeli quanto Hamas vuol dire far vincere Hamas", non lo sono le decine di migliaia di israeliani che scendono in piazza contro il loro governo. Quanto a "genocidio", tale fu il progetto di sterminare sistematicamente un popolo perché razzialmente "inferiore", come il nazifascismo fece con sei milioni di ebrei, e intendeva fare con tutti gli altri. Nemmeno Netanyahu ha mai proclamato l'intenzione di uccidere tutti i palestinesi in quanto razzialmente tali, e chiamare "genocidio" l'indebita espansione dei coloni israeliani nella West Bank scatena le passioni ma non ha sostanza storica. Il bombardamento anglo-americano di Dresda (1945), senza obiettivi militari, uccise da 30 a 40.000 persone distruggendo la città storica. Fu una strage e una colpa, ma non un genocidio: perché l'intento era vincere una guerra, non sterminare tutti i tedeschi. La violenza della guerra genera violenza sulle parole. Ma violenza sulle parole vuol dire violenza sulla storia. Vuol dire imporre l'oblio del vero (del passato) per sostituirlo con gli slogan di un presente onnivoro.

Salvatore Settis, La Stampa (3/4/2024)


Canzone del giorno: Le parole più grandi (2015) - Coez
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domenica 7 aprile 2024

Possibilità di felicità

Il libro è una delle possibilità di felicità che abbiamo noi uomini.

Jorge Luis Borges (1899 – 1986)


Canzone del giorno: Di questa felicità (2005) - Diodato
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giovedì 4 aprile 2024

Rimossi

In Inghilterra è stato vietato l’uso dei cellulari nelle scuole allo scopo di migliorare la disciplina, l’attenzione e il rendimento degli studenti (lo hanno più dell’80% dei ragazzi tra 12 e 15 anni). Qual è la relazione tra un telefono e questi aspetti della vita scolare di un ragazzo? Chiunque abbia dimestichezza di gialli sa che cosa è un alibi, parola latina che significa «altrove». L’indagato, quando è avvenuto, non era sul luogo del delitto, ma «altrove»: ha un alibi. Leggo alibi da 24 anni, da quando ho cominciato a insegnare, perché le giustificazioni per le assenze lo sono: motivi familiari, personali, indisposizione, lutto, visita medica... Tutti li abbiamo usati con più o meno creatività (e verità), ma si limitavano a qualche giorno di scuola. Oggi invece abbiamo un alibi per la vita stessa: quest’alibi è il cellulare. Ci porta «altrove» rispetto alla scena principale del vivere: il presente. Il nostro corpo perde consistenza e la presenza, che è luogo dell’esperienza, evapora, tanto che ci dimentichiamo persino di dormire: andare a letto con il cellulare ha diminuito le ore di sonno necessarie a un adolescente con conseguenze sulla salute mentale e fisica che vedremo emergere sempre di più. Se un giorno metteremo sui telefoni minacce simili a quelle
comparse sui pacchetti di sigarette, una potrebbe sintetizzarle tutte: «ti dà un alibi». Perché? La psicologa e sociologa Sherry Turkle scriveva nel 2017 una nuova prefazione al famoso libro del 2010, Insieme ma soli, dedicato al cambiamento delle interazioni sociali dovuto alle recenti tecnologie (il primo smartphone è del 2007 e oggi lo abbiamo in quasi 5 miliardi): «Gli studi mostrano che se due persone stanno pranzando, un cellulare sul tavolo fa virare la conversazione su temi più leggeri, e i due commensali si sentono meno coinvolti reciprocamente. Chi partecipa alla conversazione sa che, con un telefono in vista, si può essere interrotti in qualunque momento. La nostra distrazione ha un prezzo». Perché lo facciamo? Le relazioni sono faticose: argomenti di conversazione, momenti impegnativi, il peso della verità, sentimenti complessi... Preferiamo fuggire o almeno avere una via di fuga. Quando scrivo un libro non sono connesso a internet, perché avrei un alibi nei momenti di fatica: devo restare lì, proprio dove la pagina resiste e mi costringe ad essere ancora più presente a me stesso. La verità si trova solo nella e con la carne. Nell’ambito delle relazioni non è diverso: le relazioni sono impegnative come le pagine bianche. E trovare un alibi nelle relazioni comporta la perdita di una capacità: amare. […] Nella scuola in cui insegno abbiamo deciso di vietare i cellulari (a meno che non servano per scopi didattici), decisione sulla quale ero combattuto, ma evidenze scientifiche ormai copiose e dati osservabili direttamente (i ragazzi, al suono della campana dell’intervallo, prima rimanevano seduti a controllare il telefono, ora si fiondano fuori) hanno fugato i dubbi. L’oblio del corpo è un prezzo troppo alto da pagare (chi di noi ha «ricordi» di un pomeriggio passato sui social? E non avere ricordi significa essere alienati dalla vita: alibi e alieno hanno la stessa radice), tanto che è semplice buon senso limitare l’uso di questa tecnologia. Guardate il progetto «Removed» del fotografo Eric Pickersgill che nel 2014 ha cominciato a immortalare chi interagisce con un cellulare, rimuovendo poi dalla foto lo strumento: vedrete persone immerse in una realtà di cui non sentono e non sanno più nulla, sono «rimossi» (il contrario di «promossi») dal presente tanto quanto i device lo sono dalla foto. Qualcuno dirà che ormai anche quella nel telefono è realtà salvo poi scoprire che nell’album dei nostri ricordi ci sono solo momenti di profonda «incarnazione» e non chat, video e informazioni. Essere altrove ha un prezzo, soprattutto nelle tappe evolutive, e il paradosso è che siamo noi adulti a fornire l’alibi perfetto a un bambino, che un giorno purtroppo scoprirà che sulla scena del presente è stato la vittima: si è dimenticato di esserci.

Alessandro D’Avenia, Corriere della Sera (4/3/2024)

Canzone del giorno: Telephone Song (1990) - The Vaughan Brothers
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martedì 2 aprile 2024

La colomba

Emilio Giannelli, da google.it



















Canzone del giorno: One Dove (2009) - Antony and the Johnsons
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lunedì 1 aprile 2024

Playlist Marzo 2024

   

     1.      Céline Dion, Because You Loved Me – (Falling into You – 1996) – La Costituzione

2.      Joe Bonamassa, Had to Cry Today – (Had to Cry Today – 2004) – Punti neri

3.      CCCP – Fedeli alla linea, Amandoti – (Epica Etica Etnica Pathos – 2009) – Sovversivo

4.      Yes, All Connected – (Mirror To The Sky – 2023) – All Connected

5.      Nina Massara, Crazy – (Watch Me – 2017) – Senza cellulare

6.      Giorgia, Oggi vendo tutto – (Senza paura – 2013) – Commercio

7.      Ellie Goulding, Power – (Brightest Blue – 2020) – In perpetuo

8.      Francesco Guccini, E un giorno… – (Stagioni – 2000) – E un giorno…

9.      Aerosmith, King and Queens – (Draw The Line – 1977) – Miss Russia 2024

10.   Radiohead, In Limbo – (Kid A – 2000) – Un altro ferragosto

11.   The Stone Roses, Tears – (Second Coming – 1994) – Gli spettri del male

12.   Andrew Belle, Open Your Eyes – (The Ladder – 2010) – Zucchero e violenza

13.   Salmo, Mi sento bene – (Flop – 2021) – Rimozioni