nuovigiorni

"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

sabato 27 febbraio 2021

Guerra dei Vaccini

Per capire quanto sia grave la situazione nella prima Guerra dei Vaccini (quella che è appena scoppiata, senza che nessuno la dichiarasse) basta rileggere, malgrado sia stata riportata in forma indiretta e attenuata – sia nei retroscena che nelle cronache – la battuta fatta giovedì da Mario Draghi nel vertice dei capi di stato dell’Unione europea sulla pandemia: “Va presa in considerazione l’idea di vietare l’export di vaccini alle aziende che non rispettano gli impegni contrattuali verso l’Unione”, ha detto il premier italiano. Draghi ha raccolto reazioni gelide, sia dentro il vertice che fuori, dove le aziende produttrici si sono risentite. L’attacco esplicito del presidente del Consiglio italiano ai signori dei vaccini è la prima prova tangibile che svela un segreto di Pulcinella sopravvissuto fino ad oggi: se esiste un mercato parallelo dei vaccini, in queste ore, in Italia e nel mondo, è perché questi vaccini qualcuno li produce e li vende. E, se c’è qualcuno che li vende, è perché le falle sono aperte in entrambi i capi della catena: sia a quello terminale, dove si vende, che a quello di partenza, dove si produce. Un signore che di mestiere fa il mediatore saltuario, pochi giorni fa, mi ha detto: “Se si sa cercare, in ogni momento, persino su Alibaba si trova qualcuno che vende milioni di dosi: 8 su 10 di loro sono millantatori, gli altri hanno i quantitativi con cui si può vaccinare un intero Stato”. Ecco perché il segreto di Pulcinella, fino a ieri, è stato quello che ha permesso di far finta che questo “mercato parallelo” non esistesse, per il semplice motivo che dal punto di vista contrattuale si diceva che non potesse esistere. Era vero il contrario: può esistere perché (inspiegabilmente) i contratti restano secretati. Di nuovo la battuta folgorante del mediatore anonimo che mi ha chiamato: “Noi siamo ancora convinti che i governi stiano comprando i vaccini. Mentre, piuttosto, è vero il contrario. Sono i vaccini, oggi, che stanno comprando i governi”. [...] Quello che i mediatori dimenticano di ricordare è che l’Europa (e la Germania) hanno finanziato la ricerca della BioNTech. Ovvero della società di ricerca fondata da un figlio di immigrati turchi, Ugur Sahin, e da sua moglie, che è arrivata “prima” nel mondo, assicurando il suo brevetto a Pfizer. Quello che le grandi aziende non raccontano è che ci sono contratti di fornitura tra gli Stati e le Big Pharma che non sono stati rispettati.
Ma i sostenitori del “libero mercato” dei vaccini rispondono che nessuno ha letto in integrale i contratti di fornitura con l’Europa. E assicurano che in realtà non ci sia nessuna esclusiva. Questo è un altro punto di verità, purtroppo: perché parti importanti di questi accordi restano tutt’ora secretate, malgrado le tante dichiarazioni di Ursula von der Leyen. Ma, se fosse vero quello che dice la presidente della Commissione europea, da dove saltano fuori le sue dosi – milioni, non migliaia – che finiscono sul mercato parallelo? [...] È chiaro a tutti che il primo giro di vaccinazione, in Europa, finirà proprio quando dovrà iniziare il secondo. Il mondo del dopo-Covid dipenderà dalle campagne vaccinali, dai tempi delle campagne vaccinali, dai loro dosaggi e dalla loro efficacia. Dalla velocità con cui arrivano o no una dose e una partita, dalla varietà delle offerte, e dalle risposte alle varianti del Covid. Dal secondo, e adesso – è notizia recente – anche dal terzo, richiamo. I vaccini arriveranno a contare come le forniture del greggio a metà degli anni Settanta. Anzi, è già così. Solo che ancora non leggiamo tutti, nel modo corretto, le informazioni che sono già in nostro possesso. Durante la Guerra Fredda contavano le potenze nucleari, ovvero quelle che avevano i loro arsenali all’Uranio e la capacità di utilizzarli sul campo. Dopo la pandemia conteranno quelli che avranno un loro vaccino da somministrare o da vendere. Siamo appena entrati – quasi senza accorgercene – nell’era della Geopolitica vaccinale.

Luca Telese, tip.it (27/2/2021)

Canzone del giorno: War (2005) -  Element Eighty
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giovedì 25 febbraio 2021

Datificati

I browser per navigare sul web, le app sul telefono, i social network, ma anche le visite mediche, i pagamenti elettronici, e ora persino la scuola e l’università. Sono sempre più numerose le nostre attività che generano dati capaci di parlare di noi. Siamo tutti cittadini “datificati”. Sottoposti cioè a quella “datificazione” entrata nella Treccani tra i neologismi del 2019 e definita come «il processo tecnologico che trasforma vari aspetti della vita sociale o della vita individuale in dati, che vengono successivamente trasformati in informazioni dotate di nuove forme di valore anche economico ». I nostri figli, le nostre famiglie, le nostre vite: tutto viene trasformato in dati, che vengono condivisi e venduti come “materie prime” su cui guadagnare anche senza il nostro esplicito – o almeno del tutto consapevole – consenso. Essere datificati è inquietante. È sgradevole la sensazione che si prova quando, dopo avere abbozzato un controllo di massima, ci si accorge di quante siano le informazioni sul nostro vissuto che comunque abbiamo messo e continuiamo a mettere a disposizione di aziende private. Grazie alle decine di “Termini e condizioni” che abbiamo accettato senza leggere o perché non avevamo scelta, abbiamo offerto a queste aziende la possibilità di usare le nostre informazioni personali per costruirci attorno delle “identità uniche digitali” da vendere ai famigerati “soggetti terzi”: investitori pubblicitari (nel migliore dei casi), compagnie assicurative, banche o potenziali datori di lavoro (negli scenari più minacciosi). [...] Ne emerge una realtà allarmante su come i dati personali raccolti influenzano le nostre vite. A partire dai bambini, che sono profilati ancora prima di esistere. Come? Nel momento in cui una donna cerca su internet informazioni riguardanti una gravidanza ancora solo da progettare, ad esempio, il motore di ricerca inizia a raccogliere i primi da- ti sul bambino che verrà. Le app per tracciare la gravidanza collezionano informazioni sui progressi dell’embrione fino alla nascita. Le ricerche dei genitori sul web e le informazioni sul figlio che renderanno pubbliche nel tempo sui social network contribuiranno a costruirgli un “primo livello” di profilazione. Gli assistenti vocali che sempre più persone si mettono in casa, poi, ascoltano quello che si dice in famiglia e raccolgono a loro volta informazioni preziose per definire l’identità di genitori e figli. La creazione di questo enorme database prosegue negli asili e nelle scuole, dove inizia la profilazione “professionale” della persona. Strumenti come il registro scolastico elettronico o le piattaforme per seguire le lezioni a distanza e fare i compiti possono raccogliere un’enormità di dati su rendimento scolastico e abitudini di apprendimento dei singoli alunni. In alcuni casi questi dati possono essere ceduti a terzi. [...] La grande minaccia di Big Data è quella di una società dove la diseguaglianza è inesorabile, perché le persone sono condannate ad essere quello che ha deciso per loro un algoritmo segreto in base ai dati che è riuscito a raccogliere. 

Claudia La Via, Avvenire (24/2/2021)

Canzone del giorno: Trappole (2008) - Marracash
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martedì 23 febbraio 2021

Prima


Tutto è già cominciato prima, la prima riga della prima pagina di ogni racconto si riferisce a qualcosa che è già accaduto fuori dal libro.

Italo Calvino




Canzone del giorno: Before And After (1974) - Rush
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sabato 20 febbraio 2021

A scuola

È un anno ormai che a scuola si va e non si va, ma soprattutto non si va. È un anno quindi che manca a una gigantesca quantità di ragazzi la consuetudine, quella metà di vita quotidiana che è un dovere e uno spazio e un tempo dove accade quasi tutto. Le scuole non sono soltanto dei contenitori di esseri umani molto giovani, di quantità di ormoni scattanti, e di compiti, interrogazioni e spiegazioni. Ma sono dei contenitori di esperienze e di emozioni che prescindono dal programma scolastico – di cui si occupano ossessivamente i genitori nella chat di gruppo, fin dalla scuola materna, quando cominciano a dire sospettosi che hanno la sensazione che la classe stia un po’ indietro con il programma, e continueranno a scriverlo in modo compulsivo su whatsapp fino all’ultimo giorno della carriera scolastica dei loro figli. Della vita, invece, si occupano i figli. La didattica a distanza è svegliarsi a casa, fare lezione a casa, e non dover tornare a casa perché ci sei già. La scuola è uscire, vestirsi con quel maglione perché quella della 3C ti ha detto che è di un bel colore, inzupparsi sotto la pioggia, saltare giù di corsa alla fermata, sentire chiarissimo l’odore della primavera, oppure correre nel gelo e pensare che il futuro è tuo. È tornare a casa affamati, farlo insieme a un amico facendo progetti per la sera, o guardando gli altri che si divertono e tu che torni da solo. Perché non manca solo la felicità, l’euforia, la sensazione di avercela fatta a stare nel mondo; ma manca anche la solitudine, pensare che non andrai mai in un bar a bere la birra con quegli amici o qualsiasi altro essere umano. La irripetibilità dei giorni e degli anni di scuola sta nel fatto che pensi che il mondo sia quello, che qualsiasi persona non vada più a scuola sia decrepita e non ha più senso che stia al mondo; sta nel fatto che pensi che sarai per sempre il più fico, il più sfigato, il più simpatico, il più coglione. Per sempre. […] A scuola accadono tante cose che non riguardano la scuola. La classe, quello dietro di te, quello che arriva in ritardo e ha sempre una scusa nuova, da applausi, quelli che non entrano oggi perché c’è sciopero, e quei tre che invece sono entrati (chissà mai perché) e saranno loro, come accade dalla preistoria ai giorni nostri, a prendersi addosso una lunga tirata del professore di turno contro la scelta di non venire a scuola, detta con violenza a chi a scuola ci è venuto. Ma da quando suona la sveglia di mattina fino a quando si torna a casa urlando: sono io!, c’è tutta quella mezza vita che comprende anche l’altra metà: il primo bacio fuori scuola, la prima volta che ti hanno lasciato sulla panchina del cortile, il primo invito a una festa, il primo bigliettino passato da un banco all’altro, diventare un eroe per aver risposto male al prof, innamorarsi della lezione di un altro prof, nascondere qualcosa in bagno, le chiacchiere sugli scalini pensando non voglio tornare a casa mai più, quei brividi di freddo dell’inizio influenza e qualcuno che viene a prenderti, dire a un compagno se vuole venire a studiare da te e lui dice non posso e poi va da un altro, il dolore che non se ne va per un sacco di tempo e il corpo che impara a sopportarlo, e impara anche a capire che il dolore passerà, che quando la compagna di banco bellissima ti dice no, poi passerà, come passa il 3 al compito di matematica e tu prometti che recuperi […] In più, è a scuola, in mezzo agli altri, durante quelle ore infinite, che ci si sente soli, che ci si sente infelici e si pensa che sarà così per sempre. È a scuola che si va incontro alla primavoltità dei fallimenti, è lì che ti puoi sentire l’ultimo al mondo, una sensazione da cui la casa ti protegge, e se invece ti sei sentito, a ragione ma più probabilmente a torto, l’ultimo al mondo, è in quel momento che hai capito di più di te stesso, e da quel te stesso non ti allontanerai più. A scuola, e non a casa, si sentono più nitidi i giorni di infelicità, di tristezza insensata. E tutto questo groviglio si scioglie in una sensazione più precisa, che si può sintetizzare in una sola parola: amarezza. E l’amarezza si può sentire in mezzo agli altri, o tornando a casa a testa bassa dopo essersi allontanati dagli altri. L’amarezza è la sintesi dei grovigli che quando si è ragazzi, non si saprà mai perché, sono in maggior numero rispetto alle euforie. A scuola si sente, e si impara a riconoscere, e a capire, l’amarezza. E senza, come ci si potrà sedere davanti alla commissione, come si può diventare grandi, come si può entrare per davvero nel centro del mondo?

Francesco Piccolo, Robinson (La Repubblica – 20/2/2021)

Canzone del giorno: Primavera (1997) - Marina Rei
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giovedì 18 febbraio 2021

Sguardi

 


“Possiamo avere tutti i mezzi di comunicazione del mondo, ma niente, assolutamente niente, sostituisce lo sguardo dell'essere umano.”

Paulo Coelho


Canzone del giorno: Damn Your Eyes (1988) - Etta James
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martedì 16 febbraio 2021

Settarismi

Ne valeva la pena? La domanda, spesso iraconda, tachicardica, elettrizza il Paese e parla del Paese: ne valeva la pena? E cioè: valeva la pena di inchiodare a una crisi bimestrale il governo per poi ritrovarsi con Mario Draghi al posto di Giuseppe Conte? E la piccola riflessione potrebbe chiudersi qui. Fine del rovello, fine dell’articolo. Se non altro per non umiliare troppo l’intelligenza già umiliata da un abuso di suffragio universale (per i giudici dell’istante: non sto contestando il suffragio universale, ma l’impiego dissoluto che ne facciamo), attraverso il quale abbiamo stabilito che le istituzioni sono una multiproprietà, si va e si viene, posso scendere sotto casa e dire al mio fornaio (per i giudici dell’istante: il mio fornaio è un fuoriclasse in fatto di rosette e pizza bianca, pura, altissima élite), ehi, ti va di fare il ministro dello sviluppo economico, tu che hai sviluppato così bene la tua attività? E quindi questo articolo parla alla nostra irresistibile, sesquipedale ridicolaggine: ne valeva la pena? Cioè, valeva la pena tutto ’sto casino per mettere a Palazzo Chigi l’unico fuoriclasse come tale riconosciuto all’estero al posto di un avvocato spuntato dal nulla della polvere accademica e della totale inesperienza e guidato dal funambolico portavoce al reality del comando? A me pare evidente che il problema non è la risposta, il problema è già nel porsi la domanda. [...] Perché poi questo è un paese devastato dal settarismo insufflato da superiorità antropologica, a chi gli vengono le bolle a pensare a un governo con dentro la Lega, a chi un governo con dentro Renato Brunetta, a chi un governo con dentro i cinque stelle, a chi uno con le zecche e a chi uno coi fasci. E va bene, nessuno è immune dal settarismo, ma almeno bisognerebbe provare a essere asintomatici. [...] Poi certo, di difetti ce ne sono, è evidente il solito maltrattamento delle donne (rivolgersi soprattutto a sinistra, zero ministre fra Pd e Leu), ma Marta Cartabia alla Giustizia riempie il cuore, è il semplice, non piccolo passaggio dalla forca in streaming per i ladri di cavalli all’illuminata civiltà del diritto. Luciana Lamorgese rimane all’Interno, per dire che i ministeri di peso alle donne li ha dati soltanto Draghi. E se vi schifa la straripanza partitica, ricordate che siamo una Repubblica parlamentare e in Parlamento ci vanno i partiti. Ma a cercare i difetti con spirito entomologico si finisce come il comandante di Auschwitz che in Schindler’s List cercava la macchia nella vasca appena pulita dal bambino ebreo, e la macchia la trovava sempre. Dunque, ne valeva la pena? Che domanda scema, che risposta ovvia: mille volte sì.

Mattia Feltri, HuffPost (13/2/2021)

Canzone del giorno: Heart Of The Matter (1986) - Joe Cocker
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domenica 14 febbraio 2021

Similitudini

 

Tale e quale all'Italia di oggi, un governo a colori.

Jena, La Stampa (13/2/2021)



Canzone del giorno: Colors of the Sun (1973) - Jackson Browne
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giovedì 11 febbraio 2021

Medio termine

Prima di tutto bisogna ribadire l’ovvio: i governi tecnici non esistono, i governi sono tutti politici. L’alternativa «governo tecnico/governo politico» di cui si discute in questi giorni dovrebbe essere diversamente formulata: la scelta è fra governi con un orizzonte temporale relativamente ampio e governi con un orizzonte più ristretto. In una situazione come quella italiana il cosiddetto «governo dei tecnici» non è altro che un governo capace di agire in funzione di obiettivi di medio-lungo termine. [...] Mario Draghi è l’uomo che rassicura l’Europa e il mondo su di noi. Come ha mostrato il favore che gli hanno riservato i mercati. Sappiamo che il governo Draghi, se si formerà, sarà in grado di elaborare un piano più che serio e convincente sull’uso che l’Italia intende fare dei fondi europei in arrivo, tale da rassicurare i nostri partner. Ma sarà anche in grado di dare vita a un esecutivo dotato della autonomia necessaria (dai partiti che lo sosterranno) per non farsi schiacciare, nel corso della sua navigazione, sul presente, per operare in funzione di obiettivi di medio termine? [...]  L’assenza dei meccanismi di cui parlo favorisce la tendenza della classe politica a gestire il consenso qui e ora senza nessun incentivo a preoccuparsi del domani. Naturalmente non bisogna fare del moralismo: la ricerca del consenso è, per chiunque faccia politica, una necessità. Ma il punto è se ci sia o no un qualche equilibrio fra tale ricerca e il perseguimento di vantaggi di medio termine per il Paese. Un tempo esistevano i partiti, forti e con forte radicamento sociale. Talvolta nel male ma spesso nel bene selezionavano la classe dirigente. [...] Il risultato è che non disponiamo di alcun meccanismo che favorendo la durata e la stabilità dei governi spinga chi ne fa parte a porsi obiettivi di medio termine. A un ministro, per lo più, non conviene, dato che la sua aspettativa è di restare in carica solo per pochi mesi. Non è forse possibile che la mancanza di incentivi, politici e istituzionali, che obblighino i governanti a contemperare vantaggi di breve e di medio termine, abbia qualcosa a che fare anche con quell’impoverimento culturale di cui si è detto sopra? Bastano semplici mestieranti, non occorrono politici di qualità, se non è possibile dare all’azione di governo un respiro sufficientemente ampio. Poiché però un Paese incapace di guardare al di là del proprio naso finisce prima o poi per sbattere contro ostacoli di ogni genere rischiando di rompersi le ossa, ecco che, periodicamente, occorre affidarsi a qualcuno che possa rimediare alla mancanza di lungimiranza, all’incapacità di agire in funzione del futuro, di chi ha governato solo fino a pochi giorni prima. Torniamo alla finta alternativa fra governo tecnico e governo politico. La domanda è: Draghi riuscirà a dare vita a un esecutivo sufficientemente autonomo dai partiti che pure dovranno sostenerlo? Sarà una storia di successo solo se egli e i futuri ministri sapranno resistere alle pressioni dei tanti che agiscono come se il futuro non riguardasse nessuno. Nemmeno loro e i loro figli.

Angelo Panebianco, Il Corriere della Sera (8/2/2021)

Canzone del giorno: Time And Time Again (1997) - Long John Hunter
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martedì 9 febbraio 2021

Sopportabile


“I ricordi rendono la vita più bella, dimenticare la rende più sopportabile”.

Honorè de Balzac (1799 - 1850)



Canzone del giorno: La mia versione dei ricordi (2017) -  Francesco Gabbani
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sabato 6 febbraio 2021

Il vuoto

Abbiamo assistito in questi giorni, impotenti, al collasso della classe politica. Un indecoroso showdown finale, ma i sintomi del tracollo erano da tempo evidenti. Palese la progressiva perdita di autorità di un ceto politico fragile, sradicato dagli interessi materiali dei rappresentati, incapace di costruire il nuovo, persino di gestire l’esistente. Un’introversione che ha trasformato la natura della nostra classe governante: non più «dirigente» ma solo «dominante». [...] È allora alla debolezza complessiva del sistema democratico che dobbiamo guardare se non vogliamo finire per rimanere tutti travolti sotto le macerie di un regime di poteri ormai a pezzi. Non è neppure questione dell’ultimo governo o del prossimo. Non si può ridurre tutto alle inadeguatezze ovvero alle virtù, all’accusa ovvero alla difesa, del governo giallorosso, il quale ha tentato di far fronte ad un’emergenza imprevista e incontenibile con numerose incertezze, diversi errori, qualche successo, molte giustificazioni. Non è la problematica gestione della pandemia il reale problema, semmai questa ha mostrato con drammatica evidenza tutti i difetti del nostro sistema politico. [...] Draghi è il frutto del vuoto della politica, non la sua causa. Per questo – volendo risalire alle profonde ragioni della crisi e non rimanere solo avvinghiati agli effetti – bisogna riconoscere che il vero problema è il «vuoto», non chi lo ha riempito. Anche perché la sfida che ci attende è tutta politica. Non è infatti in discussione la sicura competenza e l’alto profilo del prossimo governo, né è da sottovalutare il valore che questo rappresenta. La questione da porre però è quella del fine che un governo dei migliori deve avere. Ecco il punto critico: mi chiedo chi oggi sappia rispondere alla domanda sui «fini». Non vedo nessuno che si interroghi sulle grandi questioni strategiche, tutti presi a salvare solo se stessi. È qui che si intravede la miseria della politica e, in essa, i limiti della sinistra. Una politica che ha ormai perduto la sua capacità di costruire modelli di civiltà e orizzonti di liberazione; essa si è ridotta a mera tattica, estemporanee dirette sui social e disinvolti giochi di palazzo. Una sinistra che ha rinunciato alle sue «utopie concrete», ai valori storici che l’hanno legittimata (l’eguaglianza nei diritti e il rispetto della dignità sociale), ai nobili ideali, tutti sacrificati sull’altare della modernità del mercato e dello sviluppo.

Gaetano Azzariti, Il Manifesto (4/2/2021)

Canzone del giorno: Into the Void (1971) - Black Sabbath
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giovedì 4 febbraio 2021

Big Bang

Contemporaneamente, due soggetti fanno irruzione nella nebbia della crisi italiana, il presidente della Repubblica e l’Europa. La risultante, quasi obbligatoria e comunque naturale, è Mario Draghi, incaricato di formare un governo istituzionale: ultima spiaggia per evitare lo scioglimento delle Camere in questa fase d’eccezione, dopo il fallimento della politica, incapace di trovare una maggioranza con le sue forze e nel suo perimetro, dentro il quale la crisi di governo si sta avvitando fino a diventare crisi di sistema. […]. Tutto ciò che è successo in questi ultimi due giorni, infatti, concorre a spiegare lo stato d’emergenza che il Quirinale ha certificato scendendo in campo nella crisi con l’appello alla responsabilità del parlamento e dei partiti. I 209 miliardi destinati all’Italia dal Recovery non tollerano altri ritardi nella presentazione dei piani d’intervento e nella definizione delle riforme che devono accompagnare il progetto europeo di sostegno; il piano di vaccinazione va rafforzato e garantito, rassicurando e proteggendo tutte le fasce di popolazione; le misure del contenimento del virus devono continuare, in un rapporto di fiducia tra il governo e i cittadini; il lavoro e la produzione sono il vero buco nero della crisi, e insieme la chiave di ogni possibile ricostruzione del Paese.  […] . L’ingresso in campo di un soggetto forte può alterare i fragili equilibri politici su cui si reggono oggi la destra e la sinistra. Nell’ex maggioranza di governo, è scontato l’appoggio di Italia Viva, per ovvie ragioni, del Pd, che ha fatto dell’europeismo la sua cultura e della responsabilità il suo metodo, e di Leu. Zingaretti, che vuole evitare isolamento e solitudine, sta cercando una linea comune con i Cinquestelle, dove però si scaricano tensioni, dubbi, ribellioni e resistenze. […]. A destra entra in crisi la parola d’ordine unitaria che chiede il voto. L’unità era di convenienza, obbligata: dietro la sua sottile superficie urgono e spingono le identità distinte e difficilmente conciliabili del sovranismo radicale e del moderatismo popolare, che l’opzione Draghi fa riemergere, irrisolte. Il nome di Draghi, testimoniando una storia e una politica, agisce infatti come un cuneo tra i moderati e gli oltranzisti, accentua le differenze tra Meloni (contraria), Salvini (negativo ma realista, e tentato di entrare in gioco) e Berlusconi (aperturista). In queste condizioni è molto probabile che se il governo Draghi si farà sarà un agente politico naturale di scomposizioni e ricomposizioni, come capita nelle fasi di interregno, quando un campo disarticolato deve improvvisamente fare i conti con una nuova presenza culturale forte, capace di dare un nome alle cose indistinte e confuse. Può darsi che l'inerzia italiana avviluppi anche questo tentativo costringerlo a giocare al ribasso, con un semplice esecutivo di scopo, per fare poche cose in breve tempo, e andare al voto, perché non c'è governo possibile per l'Italia di oggi. Ma è più probabile che l'ingresso dell'Europa in Italia costringa i due campi della politica a fare i conti troppo a lungo rinviati con se stessi, risolvendo la,loro identità, mentre i due populismi devono risolvere addirittura il loro destino. Il Big Bang è appena incominciato.

Ezio Mauro, La Repubblica (4/2/2021)

Canzone del giorno: High Voltage (1975) - AC/DC
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martedì 2 febbraio 2021

Le consultazioni

Mauro Biani, da google.it




 








Canzone del giorno: Wicked Tongue (2020) - Kat Riggins
Clicca e ascoltaWicked....

lunedì 1 febbraio 2021

Playlist Gennaio 2021

  • 1.     Tracy Chapman, New Beginning – (New Beginning – 1995) – Cominciare
  • 2.      Lucio Battisti, Io vorrei…Non vorrei… Ma se vuoi – (Il mio canto libero – 1972) – Aspettative
  • 3.      Tommy Castro, Further On Down The Road – (Stompin’ Ground – 2017) – Trasformazioni
  • 4.      Muse, Falling Down – (Showbiz – 1999) – Caduta
  • 5.      Franco Battiato, Caliti junku – (Apriti sesamo – 2012) – Silenzi
  • 6.      King Crimson, Indiscipline – (Discipline – 1981) – Senza guida
  • 7.      Katy Perry, Smile – (Smile – 2020) – Sorridere
  • 8.      Maroon 5, Animals – (V – 2014) – La volpe e lo scorpione
  • 9.      Toto, Africa – (Toto IV – 1982) – Mercato africano
  • 10.  Adriano Celentano, Valeva la pena – (C’è sempre un motivo – 2004) – Tutto cambia
  • 11.  Jethro Tull, Saturation – (War Child – 1974) – Numeri e fragilità
  • 12.  Bryan Adams, Somebody – (Rush – 1984) – Wendehals
  • 13.  Michael Burks, Changed Man – (Iron Man – 2008) – Convivere
  • 14.  Keith Whitley, I’m  No Stranger to the Rain – (Don’t Close You Eyes – 1988) – Elegia americana