Tu per me sei il più pop dei presentatori televisivi. Perché sei colto, con te si può parlare di musica, di letteratura, di politica, di sport. Nonostante questo, nell’iconografia codificata, sei identificato come quello della televisione leggera...
«Questa è una cosa che un po’ mi dispiace perché io mi sono imposto tanto con me stesso perché mi piace essere informato. Io i libri che escono li leggo. Mi sforzo di capire il mondo, di usare la curiosità per farlo. E quello che cerco di fare è restituire la complessità con la semplicità. Perché ho rispetto per le persone, tutte. So che chi guarda la televisione non necessariamente è laureato alla Normale. Ma non per questo bisogna rinunciare a trasmettere a tutti contenuti di qualità. Non è quello che faceva la commedia all’italiana?».
C’è stata un’occasione nella quale non ti sei sentito adeguato all’intervistato?
«Sì, è capitato. Con Umberto Eco».
A proposito: ti fa un po’ impressione il clima di odio che c’è oggi anche per fesserie, per partite di calcio, per apparizioni televisive? La gente sui social si dice delle cose orrende...
«Sui social aveva ragione Eco: “Abbiamo dato con i social l’opportunità a qualunque cretino di esprimere quello che vuole e di imbastardire questo Paese”. L’apertura dei social, sì tecnologicamente è una cosa bella, tu puoi parlare, puoi dire quello che vuoi, ma devi saper dire delle cose. Ormai abbiamo il bar sport di tutto: dall’economia ai problemi istituzionali».
Da un’intervista a Pippo Baudo rilasciata a Walter Veltroni nel 2019 per Sette (Corriere della Sera)