Poco dopo la diffusione degli ultimi dati sull'occupazione negli Usa, Erika McEntarfer, direttrice del Bureau of Labour Statistics (BLS) dal 2023, è stata licenziata da Donald Trump. Un fatto su cui riflettere. Come sempre, il Bls aveva pubblicato la revisione dei dati di occupazione: in maggio e giugno, circa 250mi1a nuovi occupati in meno rispetto alle stime. In luglio, invece, 73mila nuovi posti di lavoro. Anche in questo caso, perb, meno del previsto. Numeri rilevanti, ma su una base di circa 168 milioni di occupati. Perché dunque la revisione? Perché negli istituti di statistica è prassi consolidata farlo su alcuni aggregati. In questo caso, le prime stime, diffuse a due settimane dalla raccolta dei dati, si basano su un campione parziale. Mentre le stime definitive, più complete, arrivano a rilevazione terminata. La revisione non indica dunque di per sé manipolazione, ma serietà metodologica e risponde all'esigenza di equilibrio tra tempestività e affidabilità. È un concetto scontato per gli esperti di settore. A nulla è valso che il Bls sia considerato tra le agenzie di statistica più autorevoli al mondo. Né che McEntarfer fosse stata nominata con ampio consenso bipartisan, anche dal vicepresidente J.D. Vance e da Marco Rubio, l'attuale Segretario di Stato, (come riportato dal Washington Post), in ragione del suo riconosciuto rigore scientifico e del suo profilo super partes. Donald Trump l'ha accusata — senza prove — di aver manipolato i dati per fini politici, e l'ha rimossa con atto unilaterale. La decisione ha suscitato reazioni indignate nella comunità scientifica, nei media, nel mondo accademico e tra gli ex funzionari del Bls. Non solo per l'ingiustizia compiuta verso McEntarfer, ma soprattutto per il grave attacco all'indipendenza della statistica pubblica. I dati ufficiali non sono infatti semplici numeri: sono un bene pubblico. Servono a chi governa per decidere, e sono un bene prezioso per chi detiene la sovranità: il popolo elettore. Sono dunque alla base di trasparenza, responsabilità, democrazia. E non possono essere cancellati perché scomodi. La storia ci mette in guardia da queste derive. In Grecia, Andreas Georgiou, stimato direttore dell'istituto di statistica, fu perseguito per aver detto la verità sui conti pubblici del suo Paese e aver agito di conseguenza, dopo annidi manipolazioni da parte di quell'Istituto denunciati da Eurostat. In Argentina, sotto la presidenza Kirchner, si cercb di imporre una versione edulcorata dell'inflazione. Chi fece resistenza pagb con due terzi in meno di stipendio. E poi il precedente storico terribile dell'Unione Sovietica: Stalin fece giustiziare nel 1937 il capo dell'istituto statistico e il suo staff per aver diffuso i dati reali del censimento, che mostravano il crollo demografico causato dai milioni di morti dell'Holodomor del 1933. La statistica pubblica appartiene ai cittadini. Ci permette di conoscere, discutere, scegliere. La sua indipendenza è nell'interesse di tutti, a prescindere dall'orientamento politico. Ecco perché nei paesi civili gli istituti statistici e i loro dirigenti sono selezionati sulla base del merito e in modo super partes. Le democrazie si reggono su istituzioni indipendenti, sulla libertà d'informazione e sull'integrità e imparzialità dei dati. Per questo bisogna prendersi cura della statistica pubblica, investirci, proteggerne la qualità e la trasparenza. Misurare bene costa, ma non misurare o farlo male costa molto di più. Se permettiamo alla politica di distorcere, censurare o punire la statistica ufficiale, non sarà solo la verità a perdere. Saremo noi cittadini a essere privati della nostra possibilità di decidere e giudicare. Un colpo al cuore della democrazia.
Linda Laura Sabbadini, Repubblica (11/8/2025)
Canzone del giorno: Statistics (2023) - Braxton Cook
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