Sono passati cinquant’anni da quando quell’omino buffo e strampalato da personaggio della carta stampata diventava un personaggio reale al cinema. Sì, Fantozzi, il primo film, usciva nelle sale italiane il 27 marzo 1975. Tutti questi anni mi sembrano volati, eppure c’è un mondo tra allora e adesso. Nel frattempo ci sono state le Brigate rosse, il rapimento e l’assassinio di Moro, un ex attore è diventato il presidente della nazione più importante del mondo, abbiamo vinto una coppia del mondo, anzi due, il computer è diventato un utensile del quale non possiamo più fare a meno, i telefoni di casa li conserviamo solo per digitare il numero del cellulare quando non lo troviamo, abbiamo cambiato secolo e tutte le preoccupazioni per il cosiddetto millenium bug si sono rilevate vane, ci hanno rinchiuso per un virus sconosciuto, il mondo si è globalizzato, noi siamo sempre connessi e ora c’è anche ‘intelligenza artificiale. Lui però non è cambiato. Fantozzi con le sue paure, le vessazioni dei potenti, dei capi, le sue inquietudini e le sue certezze, la sua miseria innocua, il servilismo, la fiducia ancestrale in un mondo migliore, la goffaggine e il suo modo naif di vedere tutto e tutti, lui è ancora lì. Lui, la persona reale che ha inventato Fantozzi – che era nato a cavallo fra le due guerre, che credeva nella lettura dei classici, nelle partite a pallone con i compagni nel cortile sotto casa, nelle relazioni goliardiche con gli amici di sempre – sicuramente oggi sarebbe spiazzato. Lo era già almeno una ventina di anni fa quando i primi social facevano capolino e, di nascosto, mi chiedeva di spiegarglieli perché, nonostante la sua intelligenza e curiosità, proprio non li capiva. Aveva però capito, e anche molto bene, i nostri difettucci, le nostre paure, le ansie per le piccole cose e le aveva trattate, come era nel suo stile, esasperandole. Le sue iperboli, il suo linguaggio pieno di aggettivi estremizzati oggi sono diventati un modo di parlare comune ma cinquant’anni fa, e anche prima, il libro di Fantozzi è uscito nel 1971, nessuno usava certe parole che magari erano sì nel vocabolario italiano, ma non si utilizzavano in quella maniera. Pazzesco, craniata, Megadirettore Galattico, i congiuntivi sempre sbagliati, per non parlare della sfortuna che lo perseguita come se tra tutti gli esseri viventi avesse scelto lui, proprio lui, come vittima predestinata. Ma Fantozzi alla fine sa di essere un vincente proprio perché è stato sempre un perdente e non si è mai arreso.
Elisabetta Villaggio, da Lui non è cambiato (Linus – Marzo 2025)
Canzone del giorno: Fantozzi Blues (2018) - Stefano Di Battista