nuovigiorni

"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

giovedì 9 febbraio 2023

Terremoto e abissi

Aleppo, Idlib: un coccio di Siria dove da un decennio i morti sono così impastati con le macerie che è spesso inutile separarli, formano un unico strato, alzano la terra. Il braciere della guerra civile, poi il terremoto: per chi ci vive e ci muore che differenza fa? I palazzi smottati a valanga, le strade spianate, i minateti fracassati come immensi grissini. La falce della Natura rende forse più facile rispondere alla domanda: perché? Cinquemila morti si aggiungono alle decine di migliaia della guerra, delle battaglie urbane, degli agguati, dei regolamenti di conti, delle pulizie fanatiche. I siriani, arabi curdi sciiti sunniti cristiani, sono sospesi dentro un dramma che replica infinitamente se stesso. Volgono le stagioni, i cieli mutano, tutto appartiene qui a un muoversi terribile, inarrestabile, decretato. Spero che la feroce spallata della terra abbia fatto crollare anche le gigantografie del presidente Bashar e gli striscioni con le parole d’ordine jihadiste. Nelle immagini del sisma ti cali sentendo il gelo. Ti addentri solitario in un abisso dimenticato, sì dimenticato da anni, mentre la televisione dissipa squarci e si apre incredibile, inumana la polemica se sia opportuno, politicamente, aiutare. Dio mio! Eccola qua la diplomazia serpentina, la politica omicida che spunta subito vispa dalle macerie: le sanzioni necessarie, avere a che fare con il dittatore subdolo e pronto a tutto per consolidare la vittoria, la partita aperta tra Occidente e i suoi orribili alleati, Russia e Iran che, oggi più di ieri, stanno dall’altra parte della Cortina di ferro planetaria. Tutto vero, politicamente pesante anche in questo alveare di drammi. Ma la retrospettiva del dolore non riesci più a togliertela di dosso, e neanche vuoi , di fronte a un popolo, di nuovo, per colpa della Natura e degli uomini, con le spalle al muro. La geopolitica degli aiuti umanitari: definiamola così, e suona come una bestemmia. E’ più sudicia della guerra perché non ne ha neppure le mediocri e pretestuose scuse, eredità storiche, territoriali incongruenze, conflitti ‘’giusti’’ o sbandati come tali. Eppure la guerra degli aiuti funziona da sempre, con micidiale precisione. Dove si muore di catastrofi naturali o di miseria o di ladrocinio dei potenti controllare il sacco di farina, il pacco di medicine, il buldozer per scavare le macerie, le tende per trovar riparo sono arma: potente, decisiva. […] La Siria è stata tenuta da dieci anni fuori dalla Storia, relegata in un angolo popolato di vittime e di piccoli boia ordinari. Serviva a rovesciarvi bombe, suscitare e eliminare milizie tutte della stessa risma, è stata un immenso poligono di tiro popolato non di sagome ma di essere viventi. Anche il terremoto rischia di entrare in questo scenario. Bashar già intravede vantaggi. La possibilità di dar fiato al dialogo in boccio con il nemico turco, anch’egli reso fragile dalla catastrofe, far cadere Idlib spezzonata dal terremoto meglio che dalle sue artiglierie. E usare gli aiuti per perfezionare il suo disegno di una Siria abitata solo da genti a lui fedeli, legati dal patto infrangibile della sopravvivenza. […] E noi, Occidente, gli stati uniti, che fare in questo terribile esercizio di sopravvivenza, di carità obbligatoria e difficile? Le sanzioni non sono servite a niente, 500 mila siriani sono morti, Bashar e i suoi terribili alleati hanno vinto la guerra. La comunità di Sant’Egidio, la Mezzaluna rossa siriana hanno chiesto di cancellarle o sospenderle per far affluire gli aiuti più facilmente ad esempio consentendo i collegamenti aerei, correre il rischio che il regime ci speculi, ne approfitti. Il nostro scopo non deve essere confondersi con la sola umanità possibile: i siriani sopravvissuti che la insensatezza della Storia tiene al cappio? Se il nostro tempo è questa lucida usura, ebbene, reggiamola, aiutiamo gli uomini. Si può domandare miglior avventura?

Domenico Quirico, La Stampa (9/2/2022)

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