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"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

lunedì 6 febbraio 2023

Casa digitale

Metto le mani avanti. Questo articolo è stato scritto senza Chat GPT, l'intelligenza artificiale di cui tutti parlano. In realtà è stato scritto anche senza poter chiedere una mano a Google, senza passare dalla sempiterna Wikipedia, senza poter vedere cosa si dice sui social. Insomma, è stato scritto senza Internet. Sono uno dei milioni di utenti impattati dal Tim Down e intanto scrivo ma chissà come lo trasmetterò in redazione: forse dettandolo al telefono come si faceva una volta. Ma nelle redazioni i dimafonisti - gli addetti a trascrivere gli articoli dettati al telefono - non ci sono più. Sono tornato negli anni `80. Allora ci fu il primo black out di Internet della storia: era il 27 ottobre 1980 e un malfunzionamento degli IMP (gli Interface Message Processor, i computer usati per connettere i nodi della rete, oggi li chiamiamo router), bloccò per qualche ora Internet, che ancora era Arpanet in realtà. Ma se ne accorsero in pochi, qualche decina di professori universitari: questa infatti era la rete nel 1980. Adesso, invece, un problema prolungato di Tim cambia la vita di decine di milioni di italiani. Che è successo? Stando a quello che dice l'azienda non si tratta di un attacco hacker ma di un malfunzionamento «dell'interconnessione internazionale che impatta il servizio a livello nazionale». Se così fosse non sarebbe uno scandalo, non ci sarebbe da indignarsi per la qualità della rete nostrana e neppure per quella globale. Internet ha dimostrato ovunque una eccezionale resilienza: quando all'inizio della pandemia gli utenti si sono improvvisamente moltiplicati (stavamo sempre online) ha retto alla grande. Ma i guasti o i problemi in rete accadono; ogni tanto vanno giù anche Google, Whatsapp e Amazon che pure hanno spalle molto più larghe dell'azienda italiana. A volte i problemi sono causati da attacchi esterni, ma spesso si tratta di errori umani. Solo che essendo gli utenti di Internet ormai più di cinque miliardi, gli errori sono più vistosi. Questo fenomeno un paio di anni fa un esperto l'ha spiegato così: «Stiamo mettendo sempre più uova negli stessi cestini, e ogni tanto qualche uovo si rompe». Fastidioso, ma non è una tragedia. Nelle stesse ore la nostra Agenzia nazionale per la cybersicurezza ha diramato una nota per avvisare che è in corso in Italia e nel mondo «un attacco hacker su larga scala». E questa è una storia diversa. Che non riguarda la presunta fragilità della rete ma le reali vulnerabilità dei server, ovvero dei computer, tramite i quali le nostre istituzioni abitano il mondo digitale. […] Non è uno scherzo, non è nemmeno la chat di lavoro che non mi funziona o la partita in streaming che non va. La sicurezza nazionale di un paese, il suo funzionamento, dipendono sempre di più dalla integrità dei sistemi informatici della pubblica amministrazione. Qualche giorno fa è finalmente partito il Servizio Ispezioni e Sanzioni dell'Agenzia: è un'ottima notizia. I fatti di questi giorni ci confermano che non possiamo fare a meno di Internet, è il posto dove trascorriamo una parte fondamentale delle nostre vite. La nostra casa digitale. Ma è ora di chiudere a chiave qualche porta.

Riccardo Luna, La Stampa (6/2/2023)


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