nuovigiorni

"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

lunedì 15 agosto 2022

Afghanistan

«Il 15 agosto per noi è un po’ come per voi occidentali l’11 settembre. Una data di quelle che ti ricordi cosa stavi facendo nel momento in cui è arrivata la notizia che i talebani avevano preso Kabul. È il giorno in cui le nostre vite sono finite», mormora Rabia, un’attivista che da 12 mesi se ne sta nascosta cambiando casa quando serve per paura che i talebani la stiano cercando. È trascorso un anno da quando i miliziani islamisti hanno preso il potere a Kabul, dopo un disastroso accordo siglato con loro dagli americani a Doha, firmato nel 2020. Il 15 agosto segna la presa di Kabul, il finale del ritiro di quello che era rimasto dei contingenti stranieri, e la caotica evacuazione di 200 mila afghani, parte di quella società civile che oggi non avrebbe spazio in un Paese abbandonato all’estremismo. L’evacuazione durò 11 giorni, fino a quando un attentato targato Isis colpì l’aeroporto di Kabul e pose fine ad ogni ulteriore intervento internazionale nel Paese degli aquiloni. In quel momento è come se qualcosa di oscuro fosse sceso sull’Afghanistan cancellando, nonostante le promesse talebane, tutti i diritti delle donne in nome della loro sicurezza e di leggi decise da loro. Il ministero delle Pari Opportunità è stato chiuso e sostituito da quello “Contro il vizio eper la Virtù”, con pattuglie di talebani che girano per riprendere le donne che non si vestono come si deve. Chiusi i centri antiviolenza, in un Paese dove il 70% delle donne subisce violenza domestica, le vittime sono state rimandate a casa dei loro carnefici. Hanno aperto le prigioni e liberato militanti e assassini, alcuni dei quali hanno ripreso impunemente a picchiare le mogli. Poi è stata bandita la musica, l’arte, sono stati cancellati i murales che parlavano di emancipazione. […] Dopo l’arrivo dei talebani, più di 200 organi di stampa sono stati chiusi, lasciando poco spazio alla libertà di espressione. Le manifestazioni sono state soppresse, e non mancano casi in cui i talebani hanno fatto visita ai familiari di persone scappate dal paese, arrestandole e considerandole traditori. Amnesty International ha verificato uccisioni di persone legate al governo o all’esercito precedente. «Bugie, se è vero vogliamo i nomi, così possiamo indagare e nel casoprendere provvedimenti contro chi ha infranto l’amnistia», ci dice un portavoce talebano del ministero degli Esteri. Ma fare nomi in Afghanistan è diventato un lusso, come il cibo, la benzina, il lavoro e l’istruzione. «Perché abbiamo paura, tutti abbiamo paura — conclude Rabia — E nella paura non esiste pace».

Barbara Schiavulli, la Repubblica (14/8/2022)


Canzone del giorno: Outside of This Town (2019) - Christone "Kingfish" Ingram
Clicca e ascoltaOutside....