nuovigiorni

"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

sabato 8 agosto 2020

Duello

Quanto più si avvicina il voto per le elezioni presidenziali americane, tanto più Donald Trump sembra essere convinto che la riconquista della Casa Bianca dipenda dal suo duello con la Repubblica popolare cinese. Ha usato l’arma dei dazi per dare un duro colpo alla sua economia. L’ha accusata di avere diffuso il coronavirus nel mondo. Ha cercato di estromettere dai mercati internazionali, con l’accusa di spionaggio, il suo colosso dell’informatica (Huawei). Ha chiuso con la stessa motivazione il consolato cinese di Houston, una città del Texas che ha 2.325.ooo abitanti, una importante industria energetica e aeronautica, un porto molto utile per gli scambi commerciali con l’America Latina. La Cina ha reagito chiudendo il consolato americano di Chengdu, una città non lontana dal Tibet che fu visitata da Marco Polo e ha 14 milioni di abitanti; ma Pechino sinora ha generalmente evitato di raccogliere tutte le provocazioni provenienti da Washington. Dietro queste baruffe diplomatiche vi è una storia che comincia dopo la fine della Seconda guerra mondiale, quando l’intero continente cinese era teatro di una guerra civile tra le forze nazionaliste del generale Chiang Kai-shek e quelle comuniste di Mao Zedong. Gli Stati Uniti sostenevano già da alcuni anni Chiang e il loro presidente, Franklin D. Roosevelt, si atteggiò a grande protettore ottenendo che la Cina nazionalista avesse un seggio permanente al Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Ma i comunisti cinesi batterono i nazionalisti e il 1° ottobre 1949 fu proclamata a Pechino la nascita della Repubblica popolare. La vittoria di Mao fu vissuta in America come una sconfitta e il commento più frequente della opinione pubblica in quel periodo fu: «Abbiamo perso la Cina». Noam Chomsky, brillante linguista e teorico della comunicazione al Massachusetts Institute of Technology, osservò ironicamente che per perdere qualcosa occorre anzitutto esserne proprietari. Ma l’esperienza fu comunque umiliante e, come spesso accade in queste vicende, cominciò un palleggio fra politici che si attribuivano a vicenda le responsabilità della sconfitta. Passò qualche anno e un presidente americano, Richard Nixon, consigliato da un brillante diplomatico (Henry Kissinger) suggerì aperture che Mao e il suo ministro degli Esteri Zhou Enlai colsero rapidamente. Restava il problema del seggio cinese all’Onu e anche quello fu risolto quando gli Stati Uniti, nel 1971, capirono che spettava ormai alla Repubblica popolare. Oggi il problema sembra essere prevalentemente americano. Trump vuole segnare qualche punto contro la Cina e spera di arrivare alle urne dopo un evento che possa essere presentato ai suoi elettori come un successo. Temo che per evitare il peggio in questo momento non ci sia altra soluzione fuor che quella di riporre fiducia nel buon senso cinese.

Sergio Romano, Corriere della Sera (2/8/2020)

Canzone del giorno: Il nostro duello (2012) - Il Cile
Clicca e ascoltaIl nostro duello....