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"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

domenica 9 febbraio 2020

Everyman

Il Sanremo dei record, la maratona Sanremo, il Festival del maschilismo, l’Ariston delle lacrime, la kermesse dei social e degli scazzi. Ogni anno il Festival della canzone italiana sembra camminare sull’orlo del burrone (una spintarella e ops, giù…) e ogni anno siamo qui, se non a tesserne le lodi, almeno a registrarne il successo, l’eco mediatica, il fiume di parole che la manifestazione riesce incredibilmente a produrre. Le canzoni, per entrarti dentro, vanno sentite e risentite, camminano da sole e, come sempre, è difficile ora determinarne la durata nei nostri cuori.
L’aspetto più incredibile è che il format Sanremo è di una bruttezza senza pari, sguarnito di ogni principio di vita, e pur tuttavia resta un magnete formidabile. In termini mediatici, l’unica risposta possibile è questa, fragile ma accettabile: in tempi di frammentazione (ciascuno di noi si è trasformato in un medium) cerchiamo appuntamenti condivisi. Sanremo è l’ultimo orologio sociale su cui sincronizzare le ore, le risposte, persino l’on demand. È il raduno annuale delle tribù dei social. È forse l’ultima messa profana, una lunga concelebrazione che si dilata dalle omelie laiche di Rula Jebreal al sacro erotismo biblico. Per descrivere la prestazione di Amadeus è stata scomodata l’infelice formula che Umberto Eco usò per Mike Bongiorno. Amadeus incarnerebbe l’everyman, l’idealtipo dell’uomo medio, il presentatore del passo indietro «tale da non porre in stato di inferiorità nessuno spettatore, neppure il più sprovveduto».
L’everyman si commuove (come un Tiziano Ferro qualunque), non commuove. E di everymania si muore, non si produce spettacolo, neanche il più scalcinato, figuriamoci Sanremo. Se fossimo colti come Benigni, diremmo che Amadeus ha incarnato il mistero di Giuda: si è sacrificato per Fiorello (Borges fa dire a un suo personaggio che Giuda è stato il solo tra i discepoli a intuire la tremenda missione di Gesù e ha fatto in modo di renderla possibile). Amadeus ha placato controversie, si è messo al servizio dello show, è stato molto più bravo dei suoi autori: chi ha deciso di tirar mattina, chi ha scritto il monologo sulla bellezza per la Leotta, chi ha organizzato la serata delle cover andrebbe cacciato via. Amadeus crede nei sogni e il suo sogno più bello era quello di avere a fianco Fiorello, l’unico fuoriclasse della nostra tv, il solo in grado di trasformare in divertimento la routine festivaliera e di impartire lezioni di felicità.

Aldo Grasso, Corriere della Sera (9/2/2020)

Canzone del giorno: Fai rumore (2020) - Diodato
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