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"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

mercoledì 10 aprile 2019

Linciaggio

Gli organizzatori del linciaggio «fecero disporre in fila alcuni dei cadaveri in una vasta stanza, per consentire alla gente di sfilarvi davanti. Migliaia di individui, tra i quali si stimò ci fossero circa 2500 fra donne e bambini, continuarono ad affluire per cinque ore. (…) Alcune delle donne inzupparono i propri fazzoletti di pizzo nel sangue dei morti per ricordo». Quanto odio occorre accumulare per arrivare a tanto? Quanto? Il libro «Vendetta» del docente americano Richard Gambino che ricostruisce il linciaggio del 14 marzo 1891 a New Orleans, dove la prigione della contea fu presa d’assalto da migliaia di «bravi cittadini» decisi a uccidere 11 italiani, compreso un disabile mentale di nome Emmanuele Polizzi, che erano stati assolti al processo per l’omicidio di un poliziotto, David Hennessy, racconta dettagli agghiaccianti sulla cieca ferocia degli assassini. Ed è una consolazione sapere che il sindaco della città della Louisiana, come scriveva giorni fa il nostro Paolo Di Stefano, chiederà scusa giovedì alla comunità italiana per quell’eccidio che il «Republic» di St. Louis bollò subito come razzista spiegando che i nostri erano stati linciati «in forza dell’unica prova disponibile, quella di essere dagoes». Uno dei nomignoli sprezzanti con cui erano definiti. Ma come fu gonfiata, giorno dopo giorno, quella bolla di odio contro i nostri nonni? Dice tutto una vignetta pubblicata dalla rivista «The Mascot» edita a New Orleans il 7 settembre 1883. Sotto il titolo «Regarding the italian population» (a proposito della popolazione italiana) c’erano cinque vignette con le relative didascalie. La prima mostrava immigrati italiani che bivaccavano in mezzo alla strada: «Un fastidio per i pedoni». La seconda italiani accatastati l’uno sull’altro: «Gli appartamenti in cui dormono». La terza italiani che si accapigliavano a coltellate: «Un piacevole passatempo pomeridiano». La quarta italiani ammassati dentro una gabbia calata con una carrucola in mare: «Come sbarazzarsi di loro». La quinta italiani rabbiosi portati via dal carro dell’accalappiacani: «Come arrestarli». Così vedevano i nostri immigrati in America, allora. Lo stesso il sindaco di New Orleans, Joseph Shakespeare, dopo l’omicidio del poliziotto, sfogò i suoi peggiori pregiudizi accusando i siciliani d’essere gli «individui più abietti, più pigri, più depravati, più violenti e più indegni che esistano tra noi». Brutta storia il razzismo. Peccato che molti se ne accorgano solo quando lo subiscono loro…

Gian Antonio Stella (Corriere della Sera - 10/4/2019)

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