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"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

martedì 12 febbraio 2019

Democrazia dei leader

La “nostra” democrazia sta cambiando. Non da oggi. Ma, da qualche tempo, i segni del mutamento appaiono più evidenti. In Italia come (e più che) altrove. Mi riferisco, specificamente, alla democrazia “rappresentativa”. E, in particolare, al declino dei partiti. Il principale canale della rappresentanza. La “democrazia dei partiti”, che abbiamo conosciuto nel corso del dopoguerra, si è trasformata in “democrazia dei leader”. Anzitutto, perché i partiti si sono “personalizzati”. Soprattutto, a partire dagli anni Novanta, dopo il crollo della Prima Repubblica. E dei partiti che l’avevano accompagnata. La svolta, allora, venne segnata da Silvio Berlusconi. L’imprenditore dei media, presidente del Milan, che divenne imprenditore politico. Giusto 25 anni fa, nel 1994, “scese in campo”, mutuando tecniche e linguaggi dall’impresa e dal calcio. Fondò “Forza Italia” e denominò “azzurri” i suoi elettori. FI apparve subito un “partito personale” – come lo definì Mauro Calise. Ideologia, organizzazione, dirigenti: tutti espressi da Berlusconi. Riconducibili alla sua persona. Alle sue aziende. Forza Italia era – e rimane – il “partito di Berlusconi”. Il Partito del Capo (definizione di Fabio Bordignon). Un modello riprodotto da altri soggetti politici. Con alterno esito. Ma, in una certa misura, tutti i partiti, dopo quella fase, si sono “personalizzati”. Fino a divenire, talora, “personali”. In-distinguibili dalla persona del Capo. (…)
…nell’ultimo decennio, entrambi, PD e Lega, si sono “personalizzati”. Il PD è divenuto PDR. Il Partito di Renzi. Mentre la Lega si è trasformata “radicalmente”. Matteo Salvini l’ha de-territorializzata. La Lega Nord è divenuta Nazionale. E sovranista. Ha occupato lo spazio lasciato vuoto, a Destra, da FI e da AN. E Salvini le ha dato il suo volto. Infine, c’è il M5s. L’ultimo arrivato. Un non-partito. Collettore dei ri-sentimenti politici. Privo di una specifica connotazione “personale”. L’unica figura in grado di identificarla è (stato) Beppe Grillo. Un anti-politico per definizione. Leader della “comunicazione” post-televisiva. Della dis-intermediazione, prodotta da internet e dai Social. Così, è possibile leggere la storia recente della politica e della democrazia in Italia come un percorso “oltre” i partiti. Orientato dall’ascesa dei leader. Oggi i “partiti” sono largamente declinati. Solo l’8% degli italiani esprime fiducia nei loro riguardi. Mentre oltre il 40% pensa che la democrazia possa funzionare anche senza i partiti. (…) Così, la nostra democrazia si sta trasformando alle fondamenta. I partiti, vecchi e nuovi, si stanno personalizzando. E, per questo, l’intero sistema politico è divenuto instabile. Perché i partiti personali sono legati ai leader. Sorgono e affondano assieme a loro. Com’è avvenuto a IdV, Scelta Civica, AN. Alla stessa FI. Mentre il PD ha sofferto e soffre della propria mutazione in PdR. Quanto al M5s, risente del “minor tasso di personalità” rispetto alla Lega di Salvini. E la stessa Lega: cosa (ne) sarà dopo Salvini? In generale, è evidente che la democrazia italiana si sia personalizzata. Insieme ai partiti. Spinta dai media. Vecchi e ancor più nuovi. Dalla TV, dalla rete, dai social. Così, stiamo diventando una “Repubblica personale”. Di fatto. In modo im-personale e in-consapevole.

Ilvo Diamanti, Repubblica (28/1/2019)

Canzone del giorno: Be The One (2015) -  Dua Lipa
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