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"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

giovedì 9 novembre 2017

Voto disgiunto

...la performance del M5S. Cancelleri ha ottenuto il 34,7% dei voti mentre le sue liste si sono fermate al 26,7%. Uno scarto di otto punti non è una cosa da poco. Perché? La domanda investe direttamente la questione del voto disgiunto, consentito dalla legge elettorale siciliana (e negato - sia detto per inciso - dal Rosatellum bis). Una quota significativa di elettori ha scelto di votare il candidato del Movimento ma non la lista. La questione è rilevante perché incide sulla valutazione della sua reale consistenza. Quale è il vero valore del M5S in termini elettorali: il 34,7 % o il 26,7%?
La risposta è da cercare in due possibili spiegazioni. Una privilegia il passaggio di voti da sinistra al M5S. Apparentemente i dati sembrano confermare questa ipotesi. Micari, candidato del Pd, ha preso il 18,7% dei voti contro il 25,4% delle liste che lo appoggiavano. Praticamente lo stesso scarto relativo al M5S. Secondo questa ipotesi molti elettori avrebbero preferito votare Cancelleri pur non essendo simpatizzanti del Movimento. In questo caso la sua forza reale sarebbe il 26,7 e non il 34,7. Ma in Sicilia le cose non sono mai come sembrano essere. 
L’ altra ipotesi è più “sicula”. Chi ha votato Cancelleri e non la lista lo ha fatto perché conta sì l’espressione della rabbia e della protesta (da qui il voto al candidato), ma conta anche “la famiglia”, vale a dire l’appartenenza a quelle reti clientelari che sono il tessuto della politica siciliana (da qui il voto ad una lista diversa da quella di Cancelleri). In questo caso la vera forza del Movimento sarebbe il 34,7 e non il 26,7. Solo l’analisi dei flussi elettorali potrà dirci quale di queste due ipotesi è più fondata. La questione ha una sua rilevanza molto concreta. Se nel resto del Sud, che è diventata la sua vera roccaforte, il M5S dovesse superare il 30% riuscirebbe a conquistare molti seggi uninominali rendendo certa l’impossibilità di una maggioranza del Pd o del centro-destra.


                                                         Roberto D'Alimonte, Il Sole 24 Ore (8/11/2017)

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