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"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

lunedì 23 gennaio 2012

La vita beffarda


Canzone del giorno: Beautiful Boy (1980) - John Lennon

Fra i tanti commenti pubblicati dai giornali sulla tragedia della Costa Concordia, segnaliamo quello dello scrittore Mauro Covacich, apparso sul Corriere della Sera del 16 gennaio.
Il titolo: “La Crociera «Tutto Previsto» e la vita ci sorprende”.
"La vita è quello che ti succede mentre stai facendo qualcos’altro. Lo dice John Lennon in Beautiful Boy ed è davvero difficile dargli torto. Dalle prime immagini della Concordia ho pensato subito a questo. Il molo gremito di persone distrutte dalla stanchezza e dalla paura, ancora infreddolite nei loro giubbotti di salvataggio, partite con lo scopo di godersi qualche giorno di riposo nell’esperienza collettiva più rassicurante e programmata che si conosca, e improvvisamente sorprese dalla vita. La vita beffarda che tutti noi almeno una volta abbiamo conosciuto e dalla quale facciamo ogni sforzo per distogliere lo sguardo".
La Crociera "Tutto Previsto" e la vita ci sorprende
di Mauro Covacich
La vita è quello che ti succede mentre stai facendo qualcos’altro. Lo dice John Lennon in Beautiful Boy ed è davvero difficile dargli torto. Dalle prime immagini della Concordia ho pensato subito a questo. Il molo gremito di persone distrutte dalla stanchezza e dalla paura, ancora infreddolite nei loro giubbotti di salvataggio, partite con lo scopo di godersi qualche giorno di riposo nell’esperienza collettiva più rassicurante e programmata che si conosca, e improvvisamente sorprese dalla vita. La vita beffarda che tutti noi almeno una volta abbiamo conosciuto e dalla quale facciamo ogni sforzo per distogliere lo sguardo.
Che la vita si prenda gioco di noi è un’idea alla quale non saremo mai disposti ad abituarci. Indossiamo il casco, attiviamo l’antifurto, installiamo il videocitofono, non vogliamo avere sorprese. Prenotiamo il ristorante con una settimana di anticipo, l’ombrellone da un anno all’altro, controlliamo ogni dettaglio della nostra giornata nel terrore costante che si insinui diabolico l’imprevisto che manderà tutto a monte. Chi di noi si piega al must della vacanza avventurosa lo fa con enormi sacrifici solo per potersi allineare ai modelli sociali più glam, ma dopo qualche maratona nel deserto e un paio di rafting è ben felice di affidarsi all’abbraccio confortevole di una crociera. Altri, meno problematici e, diciamo, più a loro agio con se stessi, l’hanno scelta da subito come la prospettiva dotata in assoluto del minor tasso di rischio.
La crociera è l’unico viaggio in grado di comunicare una costante impressione di immobilità. L’ideale per chi non vuole lasciare nulla al caso. Ti muovi, raggiungi località anche molto esotiche, ma di fatto sei sempre un po’ a casa tua. Brutta o bella che sia, vivi la sensazione di una villeggiatura in una cittadina ben monitorata e piena di confort.
Sulla nave ogni cosa è pensata in questi termini, tutto all’insegna della comodità e del percorso guidato. Più dello svago, più del lusso, è questo che abbatte lo stress: hai scelto tutto in partenza, ora puoi procedere col pilota automatico. Per qualche giorno puoi smettere di pensare, c’è qualcuno pagato per pensare al posto tuo. E curarti, e servirti, e proteggerti. Se la nave si spinge a Istanbul, ad esempio, ed è stata organizzata una visita del bazar, tu non ti devi preoccupare, ci sarà sempre una signora con la bandierina davanti a voi, non potrà succederti nulla, sarà come sfogliare un catalogo, la vita non ti sorprenderà. E poi invece, quando meno te l’aspetti, la vita ti sorprende. Esce dal nulla un apriscatole a forma di scoglio e affonda una nave di centoquindicimila tonnellate di stazza.
Nel 1914 un piccolo tre alberi chiamato Endurance rimase imprigionato nella banchisa durante una missione in Antartide comandata dall’esploratore Ernest Shackleton. L’equipaggio fu costretto a superare l’inverno in condizioni ambientali solo vagamente immaginabili. L’arrivo della primavera schiacciò la nave tra i ghiacci e la fece affondare, sicché i trenta uomini e i cani della spedizione dovettero trascinare le scialuppe per centinaia di chilometri sulle superfici scoscese del pack fino a raggiungere il mare aperto. Da lì alla prima terra abitata, la base baleniera della Georgia del Sud, sarebbero state tre settimane di navigazione tra muri d’acqua e venti polari. Era molto più che mettere in conto di morire, era programmarlo con cura. D’altronde l’annuncio pubblicato sul Times da Shackleton parlava chiaro: «Si cercano uomini per un viaggio pericoloso. Bassi salari, freddo intenso, lunghi mesi di tenebre, rischio costante, ritorno incerto. Onori e riconoscimenti in caso di successo». Si salvarono tutti. La vita è dispettosa, non smetterà mai di sorprenderci.
Da Il Corriere della Sera del 16/01/2012.