Lo strappo di Donald Trump con l’attacco all’Iran spiazza la sua America, crea sconcerto nel mondo intero ma anche nella galassia MAGA (Make America Great Again). Non era del tutto inatteso, certo, alla luce dell’ultima escalation verbale, però resta un gesto dirompente. Questo era un presidente percepito da molti dei suoi elettori come un isolazionista – in senso positivo: un leader che avrebbe evitato di impantanare il suo paese in conflitti internazionali, mettendo a rischio le vite dei propri soldati, sprecando risorse economiche in avventure da gendarme globale. Invece ha osato fare ciò che nessuno dei suoi predecessori aveva fatto: un bombardamento diretto e su vasta scala contro diversi obiettivi sul suolo iraniano. Ora la Casa Bianca e il Pentagono si affrettano a circoscrivere la portata dell’operazione: non si tratta di un’entrata in guerra, solo la distruzione mirata e precisa di siti nucleari. Non è detto che l’avversario bersagliato la pensi così, e accetti di comportarsi di conseguenza. Inoltre una prima valutazione dei vertici militari Usa parla di danni ai siti nucleari ma non dà per certa la loro distruzione totale. In cerca di precedenti storici americani, limitatamente all’Iran se ne possono ricordare un paio. 45 anni fa, nell’aprile 1980 il presidente Jimmy Carter ordinò un raid militare sul territorio iraniano per liberare 52 americani tenuti in ostaggio nell’ambasciata Usa di Teheran: quella missione finì in un disastro umiliante, diede un colpo fatale alla credibilità di Carter che perse le elezioni; la liberazione degli ostaggi dopo 444 giorni di prigionia avvenne dopo la vittoria del repubblicano Ronald Reagan. L’opinione pubblica americana rimase traumatizzata a lungo dalla memoria di quel disastroso raid – con le immagini di una tragica collisione tra elicotteri Usa nel deserto – e ogni intervento militare in Iran sembrò «off limits». […] In quanto a vere e proprie guerre, in Medio Oriente i precedenti Usa sono quelli di George Bush padre in Iraq nel 1990-91, cioè la prima guerra del Golfo, operazione Desert Storm. L’invasione dell’Afghanistan (7 ottobre 2001 – 30 agosto 2021). Quella dell’Iraq all’inizio del 2003. Ambedue sotto George Bush figlio. Infine la guerra di Barack Obama in Libia che depose Gheddafi nel 2011. La prima guerra del Golfo però ebbe una legittimazione internazionale notevole, fu condotta da una coalizione che includeva tante nazioni arabe, anche perché reagiva all’aggressione e all’annessione del Kuwait da parte di Saddam Hussein. Il secondo intervento militare in Iraq e a maggior ragione l’Afghanistan ebbero inizialmente la legittimazione dell’11 settembre 2001, anche se le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein si rivelarono una montatura americana. In Libia, Obama commise un errore madornale dalle conseguenze catastrofiche, però riuscì a farsi avallare l’intervento dall’Onu. Questo breve riepilogo serve a ricordare una cosa: Trump ha sempre condannato le guerre mediorientali dei suoi predecessori. La fortuna politica di questo presidente, la sua scalata al partito repubblicano nel 2015, si accompagnò ad un assalto ideologico contro il pensiero neoconservatore che aveva ispirato la politica «imperiale» in Medio Oriente, l’illusione di rovesciare regimi, esportare democrazia, imporre l’egemonia Usa in quella parte del mondo. Trump si costruì la sua reputazione di isolazionista proprio denunciando la velleitarietà di chi aveva preteso di svolgere il ruolo di gendarme mondiale. […] Che cosa lo ha convinto a fare questo strappo? Il ruolo di Benjamin Netanyahu deve essere stato decisivo. Avendo eliminato o decapitato o fortemente indebolito gli alleati dell’Iran – Hamas, Hezbollah, Assad – le forze armate israeliane hanno ridotto i rischi che un colpo all’Iran si traduca in una immediata deflagrazione di conflitti in tutto il Medio Oriente. Trump ha visto balenare un’opportunità: risolvere la minaccia iraniana – una spina nel fianco che ha perseguitato tutti i presidenti americani da Carter in poi, 46 anni senza che nessuno trovasse una soluzione – incassando un successo storico senza correre rischi molto elevati. Nel suo intervento televisivo di sabato sera Trump ha sottolineato la micidiale efficacia delle armi americane: e questo è un messaggio al mondo intero, comprese Russia e Cina. Per ora lui sembra convinto di poter «vendere» agli americani il bombardamento dei siti nucleari come un blitz una tantum, un colpo formidabile che blocca l’Iran, rende più sicuri gli alleati dell’America, ripristina la massima credibilità del deterrente Usa urbi et orbi, ma gli lascia le mani libere per il futuro e non lo costringe a entrare nella logica dell’escalation. È una scommessa azzardata, come molte delle mosse di questo presidente.
Federico Rampini, Corriere della Sera (22/6/2025)
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