nuovigiorni

"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

martedì 22 aprile 2025

Il cuore di Bergoglio

Wojtyla l’anima, Ratzinger la mente, Bergoglio il cuore. Lo Spirito Santo sembrava aver compiuto la ricognizione finale della figura del sommo pontefice completando la terna dei tre Papi della contemporaneità, il 13 marzo 2013, mentre si spalancavano i finestroni della loggia di San Pietro su quell’uomo di 76 anni vestito con i paramenti sacri che procedeva lentamente, e si presentò ai fedeli con un saluto laico e familiare, niente affatto solenne o rituale: «Buonasera». Veniva davvero «quasi dalla fine del mondo», come disse lui stesso, dall’America Latina che non aveva ancora eletto nessun pontefice, da una biografia italo-argentina comune a tante storie di miseria, emigrazione, avventura e lavoro, da un cristianesimo fortemente legato alla vita del popolo più che alle formule e ai precetti della Chiesa, da una parte del pianeta che voleva finalmente contare rompendo dopo 1300 anni l’eterno appannaggio europeo nella designazione papale: prendendo atto che il comunismo e il fascismo erano stati sconfitti, l’Urss si era dissolta e l’Europa sembrava condannata alla pace e alla democrazia. Invece Jorge Bergoglio è morto all’alba del lunedì di Pasqua in un panorama di guerra che lo ossessionava con le sue «ombre di morte», insieme con «i poveri e gli oppressi della terra, quelli che hanno la schiena curva sotto i pesi della vita», come ha ricordato nell’omelia di Pasqua, le sue ultime parole da Papa, coerenti con tutti i dodici anni di testimonianza dalla cattedra di San Pietro. In fondo, tutto si rivelò e si annunciò nella scelta del nome: Francesco. Il santo forse più popolare e universale con la sua testimonianza di povertà e di umiltà, con la predicazione della pace, con l’amore per il Creato, testimoniato dal Cantico delle creature. Un uomo di Dio che attraverso le opere e l’esempio parla anche all’universo dei non credenti, agli uomini e alle donne di buona volontà. È il coraggio dell’umiltà, la responsabilità di scegliere un esempio estremo, radicale, netto ed evocativo come un simbolo permanente. […] Nell’epoca dei due Papi, Bergoglio portava da solo il peso della rappresentanza di Cristo, della custodia delle chiavi di Pietro che legano cielo e terra, del governo della Chiesa. Sentiva questo impegno come un dovere di presenza e di testimonianza continua, infine con il corpo, la figura, il gesto quando la voce si era fatta più flebile, come nelle ultime settimane. Dimesso appena da un mese dall’ospedale, Francesco aveva voluto apparire a fianco dei fedeli nella preghiera del sabato santo in San Pietro, aveva scritto le meditazioni delle 14 stazioni delle Via Crucis, era tornato sul sagrato della basilica la domenica delle Palme, era sceso a pregare sulle tombe di Pio X e Benedetto XV, aveva voluto incontrare re Carlo d’Inghilterra e il vicepresidente americano Vance. Con l’ultima voce, parlava di pace. L’impegno costante contro la guerra ha fatto di Francesco un paladino della pace, l’identità più marcata del pontificato, che ha trovato nuovo seguito anche tra i giovani. Con i viaggi del presidente della Cei, il cardinal Zuppi, in Ucraina e in Russia e con i rapporti riservati con tutte le parti in causa del Segretario di Stato Parolin, la Santa Sede ha avuto un ruolo non solo di esortazione, ma di esplorazione di un possibile cessate il fuoco come condizione indispensabile per ogni negoziato. Alcune prese di posizione del Papa sono state accusate di incrinare l’equilibrio tradizionale vaticano, non distinguendo più tra aggredito e aggressore, come nell’invito ad alzare bandiera bianca e a trattare del marzo 2024: «Quando vedi che sei sconfitto, che le cose non vanno, occorre avere il coraggio di negoziare. Hai vergogna, ma con quante morti finirà?». Aperto al mondo, diffidente verso quel mondo a parte che è la Curia romana, Francesco ha avviato la riforma che tutti gli ultimi Papi avevano inseguito, riducendo il numero dei dicasteri, chiamando per la prima volta donne alla guida, anche se il caso Becciu dimostra che la Curia necessita ancora di risanamento. Francesco non è andato oltre, come nemmeno sul piano della dottrina, dell’apertura ai divorziati risposati, dei contraccettivi, cioè dei temi eticamente sensibili. Non potendo ribaltare la Curia, ha ribaltato se stesso, decidendo di non abitare nell’appartamento papale al terzo piano del Palazzo apostolico, ma nelle stanze della Casa di Santa Marta, dove incontrava vescovi di passaggio, cardinali venuti da lontano, amici di vecchia e nuova data, e soprattutto era libero da vincoli di cerimoniale, di procedura, di agenda e persino di segretario. Per il Vaticano è stato uno sconvolgimento che ha spezzato il paesaggio ufficiale e cambiato le abitudini, tuttavia coerente con lo stile francescano di Bergoglio. Quell’appartamento vuoto, dietro una finestra a cui per abitudine guardano i fedeli quando attraversano piazza San Pietro, trasmette un sentimento di incompiuta, di riforma a metà, come se il Papa lasciata la sponda tranquilla cui si appoggiava la Chiesa non fosse riuscito a toccare l’altra sponda. È il destino di molti riformatori, infine attaccati sia dai progressisti perché sono rimasti fermi in mezzo al guado, e sia dai conservatori perché si sono spinti troppo avanti. In questo la figura del primo gesuita eletto Papa di Santa Romana Chiesa ricorda la figura dell’ultimo comunista eletto GenSek, Segretario Generale del Pcus, Mikhail Sergheevic Gorbaciov.

Ezio Mauro, Repubblica (22/4/2025)

Canzone del giorno: In a Heart Beat (1992) - Ringo Starr
Clicca e ascoltaIn a Heart....