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"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

lunedì 25 marzo 2024

Gli spettri del male

Come se si muovesse fuori dal tempo, ignorando la realpolitik occidentale del calendario gregoriano e il consenso dispotico dell'era putiniana giunta al suo venticinquesimo anno, la Jihad islamista è uscita dall'ombra in cui ci illudevamo di averla confinata per portare il terrore e la morte nel cuore della Russia, in una notte giovane di musica e di festa. Mancava solo il terrorismo: adesso tutti gli spettri del caos sono allineati nello scenario dell'ultima guerra in Europa, ultima in ordine di tempo ma anche in ordine di distruzione, visto che è ormai saltato l'interdetto universale che per decenni ci aveva impedito di traslocare gli arsenali nucleari dalla deterrenza al possibile utilizzo tattico della loro potenza. Non ci sono più filtri, istituzioni di garanzia, strumenti condivisi e accettati di regolazione dei conflitti. Siamo esposti di fronte al male, senza averne più una nozione comune, morale, politica o culturale: ognuno giudica per sé, misurando le sue paure e le sue reazioni, senza più la possibilità di una difesa comune. Solo il male nella sua minaccia resta universale. Putin due anni fa aveva dato inizio a questo ridisegno del mondo, scegliendo il ruolo di invasore per restituire alla Russia la cornice imperiale di sudditanza perduta con il dissolvimento dell'Unione Sovietica. Oggi l'assalto con le mitragliatrici alla periferia di Mosca dimostra che l'aggressore pub anche essere aggredito e ha dei punti di vulnerabilità, soprattutto quando tutta l'energia politica, militare, sociale del Paese è concentrata sul fronte ucraino e la gerarchia della sicurezza nazionale diventa scalabile dall'interno con il terrorismo.  […] Putin non insegue il comunismo smarrito, ma l'impero perduto. Per recuperarlo nel mondo nuovo disegnato dai vincitori della guerra fredda deve riscrivere la storia, e manipolare la geografia. Prova a spostare i punti cardinali del nuovo secolo: si separa dall'Ovest abbandonandolo alla deriva nell'Atlantico, e denunciando l'Europa vassalla degli Usa. Ingigantisce il concetto di Est inventando la creatura geo-strategica dell'Eurasia, un continente da unificare, il cui centro è la Russia nuovamente egemone dello spazio ex sovietico, e soprattutto pronta a trasformarlo in soggetto politico. Con questa operazione, Putin cancella Pietro il Grande che fondando San Pietroburgo apri alla Russia una finestra sull'Europa e sposta l'Est più a Oriente nell'alleanza con la Cina: facendo di Mosca nuovamente la capitale di un impero bifronte, e principalmente il ponte indispensabile tra Este Ovest. Resta il Sud, cui Putin ha già dato una dignità politica complessiva unificandolo nella figura del "Sud globale", invitato dal Cremlino a entrare nelle fratture aperte nel vecchio ordine del mondo per scalarne le gerarchie, con Mosca come lord protettore. Soltanto che il mondo non si lascia disegnare a piacere, e un attentato jihadista rivela le linee di fuga del progetto imperiale di "rivoluzione conservatrice", come la chiama il filosofo Aleksandr Dughin. La trasversalità orizzontale della minaccia terroristica attacca insieme le democrazie e il neo-autoritarismo Grande russo, l'Este l'Ovest, mentre la sfida del Cremlino all'Occidente rende oggi impossibile una coalizione organizzata contro l'Isis, lasciando Putin solo a fare i conti domestici con l'incoerenza del dialogo ravvicinato con Hamas e con l'Iran, come se il terrorismo concedesse eccezioni. E i conti in casa sono complicati dalla presenza in Russia di venti milioni di musulmani cui Mosca propone un patto di inclusione patriottica rifacendosi a Caterina II, ma riconoscendo il pericolo della predicazione costante e dell'infiltrazione clandestina dei testimoni di un islamismo radicale combattivo, di ceppo indigeno ibridato dall'Isis. Cosa dobbiamo aspettarci? Nel caos ci si può orientare solo a patto di mantenere viva la scintilla di una civiltà comune: altrimenti ognuno è vittima di un suo nemico, non riconosciuto dagli altri come tale. Forse è tardi, e quella scintilla è perduta. Ma se è così, Putin proprio oggi sentirà l'eco delle parole di Khomeini a Gorbaciov, nel gennaio 1989: "E chiaro come il cristallo che l'Islam erediterà le Russie".

Ezio Mauro, la Repubblica (25/3/2024)

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