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"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

mercoledì 13 settembre 2023

L'era della povertà educativa

Prendiamo il celebre inizio dei Promessi sposi: «Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi… vien quasi a un tratto, tra un promontorio a destra e un’ampia costiera dall’altra parte». “Promontorio”, “seni”, “catene”, “volge”? Parole rare, inusuali: per la maggioranza degli italiani il notissimo incipit manzoniano – «Ma che è, ostrogoto?», direbbe Alberto Sordi – oggi suona astruso. È come una lingua straniera per il 70 per cento dei connazionali dai 16 anni in su: proprio così, circa i tre quarti degli abitanti adulti della Penisola attualmente non sono in grado di afferrare il senso complessivo di uno dei capisaldi del nostro insegnamento letterario scolastico. Al massimo ne comprendono quello che i sociologi e gli addetti ai lavori chiamano “codice ristretto”: la parola “lago”, certo, suona familiare mentre sfugge il complesso del discorso, i dettagli e la suggestione del paesaggio. I residenti nello Stivale che oggi posseggono la piena comprensione del testo sono infatti appena il 6 o il 7 per cento della popolazione. Si sta verificando un cataclisma, siamo entrati in quella che le più recenti ricerche sul nostro sistema scolastico chiamano l’era della “povertà educativa”. L’incapacità di misurarci con il mondo che ci circonda e con la sua comunicazione scritta non riguarda solo la letteratura, l’informazione e le arti ma coinvolge pure, è un altro drammatico risvolto, la facoltà di svolgere con padronanza le minime operazioni matematiche, come accedere al proprio conto in banca con il bancomat. Chi sono dunque e come mai sono veramente una pletora i nuovi poveri dal punto di vista culturale? Ne fanno parte i giovani che sui banchi non imparano abbastanza ma pure gli adulti che usciti dalle aule hanno scordato le nozioni di base e che si qualificano come analfabeti di ritorno. L’obsolescenza conoscitiva colpisce come un virus coloro che, pur avendo raggiunto o superato l’obbligo scolastico, hanno buttato alle ortiche le basilari competenze. L’Italia è il paese più scarsamente dotato d’Europa proprio dal punto di vista delle nozioni essenziali e la sua popolazione è incapace di rinnovarsi e di tenere il passo con il progresso scientifico e tecnologico. […] Siamo di fronte a una gran massa di “analfabeti funzionali” che, diversamente dagli “analfabeti strumentali” – quelli che non hanno mai imparato a leggere e a scrivere -, sono persone che sanno vergare il proprio nome e compitare un breve avviso rivolto al pubblico, ma non sono in grado di farsi coinvolgere dai testi scritti; sanno svolgere una moltiplicazione a due cifre ma non sanno interpretare un semplice grafico (il meteo, per esempio) basato su percentuali. Questo grave handicap conoscitivo domina in Italia nonostante la crescita e l’estensione della scolarizzazione. Com’è potuto accadere? La Penisola è il paese Ocse con la più bassa quota di laureati (18 per cento della popolazione adulta) e il più basso investimento pubblico in istruzione (il 7 per cento della spesa per servizi); si colloca addirittura nella terzultima posizione europea, prima della Grecia e della Romania. Gli insegnanti nostrani sono i meno retribuiti del vecchio continente e i nostri studenti nei test internazionali e nazionali sono scarsi…

Mirella Serri, La Stampa (1/8/2023)

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