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"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

venerdì 9 dicembre 2022

Trappola demografica

Se le nascite in Italia proseguissero il percorso di diminuzione al ritmo del decennio scorso, a cui si è poi aggiunta la pandemia, ci troveremmo a entrare nella seconda metà del secolo con reparti di maternità del tutto vuoti. Lo scenario di zero nati nel 2050 difficilmente verrà osservato - le dinamiche reali sono più complesse di una semplice estrapolazione - i dati però ci dicono che il rischio di un processo di declino continuo della natalità ha superato il livello di guardia. È bene essere consapevoli che le nascite in Italia non sono solo a livello basso, ma anche posizionate su una scala mobile che le trascina in giù. Questa scala mobile consiste nella struttura per età della nostra popolazione, la quale, per conseguenza della denatalità passata, è in progressivo sbilanciamento a sfavore delle generazioni giovani-adulte (la fonte di vitalità di un Paese). Più il tempo passa, più diventa difficile (e se continua così tra pochi anni anche impossibile) invertire la curva negativa delle nascite. La questione non è più se riusciremo a evitare il declino della popolazione, oramai gli squilibri strutturali interni (nel rapporto tra generazioni più anziane e quelle più giovani, a sfavore di queste ultime) sono tali che anche nel caso di portare il numero medio di figli per donna ai livelli degli altri Paesi europei, a parità di flussi migratori, avremmo comunque un numero di abitanti in maggior riduzione. Si tratta quindi di capire, nei margini di manovra che ci sono rimasti, se riusciremo a evitare che le nascite entrino negli ingranaggi di una trappola demografica che le condanna a una irreversibile diminuzione. Questo scenario è quello più disastroso, perché oltre a diminuire la popolazione (con corrispondenti crescenti difficoltà a garantire servizi e condizioni di benessere minimo nelle aree interne e montane, già oggi in fase di spopolamento), ci troveremmo in tutto il Paese non solo con sempre più anziani, ma anche sempre meno persone che entrano nella fase della vita in cui si contribuisce alla crescita economica e a rendere sostenibile la spesa pubblica. Un circuito vizioso di questo tipo verrebbe ulteriormente accentuato dal fatto che i pochi giovani decideranno sempre più di prendere in considerazione la scelta di sottrarsi alla stringente tenaglia di indebitamento pubblico e invecchiamento demografico spostandosi in altri Paesi. Allo stesso tempo diventerà sempre più difficile attrarre immigrazione di qualità dall'estero. […]Nel mondo contemporaneo avere figli non è sentito come un obbligo e non è dato per scontato averli anche quando li si desidera. È una scelta libera che ha bisogno di condizioni adatte per poter essere realizzata positivamente. Non è una scelta solitaria: serve attorno una comunità che ne riconosca il valore, mettendo in campo politiche solide ed efficaci, all'interno di un clima sociale positivo. Non è una scelta indipendente dalle altre: ha bisogno di inserirsi in un processo di realizzazione personale e di benessere molto più articolato che in passato. Questo comporta prima di tutto la necessità di poter essere integrata con altre scelte. Autonomia dalla famiglia di origine e realizzazione di una propria sono strettamente dipendenti dalle politiche abitative e dalle politiche attive del lavoro peri giovani. La scelta di avere figli e quella di lavorare, non rinunciando alla propria realizzazione professionale, devono diventare leva positiva reciproca una dell'altra. Indispensabili sono, su questo versante, misure sia di conciliazione che di condivisione tra madri e padri. […]…la natalità aumenta se si rafforza anche la consistenza della popolazione in età riproduttiva, contributo che può arrivare dall'immigrazione. Ma solo un'immigrazione che trova condizioni per essere bene integrata nel sistema sociale e nei processi di sviluppo del Paese contribuisce alla vitalità demografica, in caso contrario si adatta presto al ribasso ai comportamenti riproduttivi autoctoni.  Questo significa che per rispondere alle trasformazioni demografiche e alle esigenze di sviluppo del Paese la quota che davvero conta è quella di arrivare a 5oomila nascite entro i prossimi dieci anni. Perché non solo ci aiuta a non condannarci a una trappola demografica che genera squilibri irreversibili, ma anche perché può essere ottenuta solo combinando politiche familiari con condizioni che portano al rialzo anche occupazione giovanile, partecipazione femminile al mercato del lavoro, immigrazione di qualità. Per arrivare a tale obiettivo serve tutto un Paese che si muove nella stessa direzione.

Alessandro Rosina, Il Sole 24 Ore (7/12/2022)

Canzone del giorno: Last Train (2010) - Mavis Staples
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