nuovigiorni

"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

venerdì 25 novembre 2022

Rivolta iraniana

Immaginate di leggere una notizia come questa: Monica Bellucci arrestata per i post provocatori contro il governo pubblicati sui suoi canali social rischia una condanna a morte. Immaginate la reazione. Ora traslate la notizia e spostatela qualcosa come tremilacinquecento chilometri verso Est (la distanza tra Roma e Teheran) e cercate di avere la stessa reazione. Sussultate. Indignatevi. Gridate che la libertà è un valore da difendere anche a costo della vita. No, non ci riusciamo. Ma non è colpa nostra. A parte pochi attivisti (penso al partito radicale che ostinatamente cerca di mantenere viva l’attenzione sulla rivolta dei giovani iraniani con prove di manifestazioni e scioperi della fame) la maggioranza di noi tutti pensa all’Iran come a qualcosa di troppo distante e si accalora più per una maglietta idiota indossata in un programma tv. Ma in Iran si continua a morire, per difendere la libertà. E ogni famiglia, ogni madre e ogni padre, sa che la sera il figlio e la figlia potrebbero non rientrare a casa. Più di 500 morti e di questi 58 sarebbero minorenni o addirittura bambini. E ieri sì, hanno anche arrestato due attrici famose, Hengameh Ghaziani e Katayoun Riahi – che si sono mostrate senza il velo obbligatorio e hanno espresso solidarietà con le proteste che da oltre due mesi scuotono la Repubblica islamica, dal 16 settembre in cui è morta Mahsa Amini, la vittima numero zero, uccisa dalla polizia morale perché portava male il jihab. Hengameh Ghaziani e Katayoun Riahi, chi sono costoro? Sono volti noti del piccolo e grande schermo, vincitrici di premi e molto popolari. Ma non solo. Non nascono come modelle o influencer per poi tentare la carriera artistica, sono donne che hanno studiato, attive nei movimenti per la difesa dei diritti umani, impegnate in associazioni caritatevoli. Per questo fanno ancora più paura al regime. Le ho cercate su Google, perché per chiunque nel mondo occidentale, sono nomi sconosciuti. […]Intanto sugli account social degli attivisti e delle associazioni umanitarie che riescono a diffondere i post in arrivo dall’Iran, dove Internet è bloccato, scorrono video e scene di orrore. Scontri a fuoco per le strade, maree di giovani in jeans e senza velo che cercando di scappare alle rappresaglie delle milizie del regime, corpi di ragazzi e ragazze riversi a terra in pozze di sangue, corpi avvolti nelle lenzuola bianche della morte, parenti e famiglie che piangono le vittime. Difficile capire il numero dei morti. Per il gruppo Iran Human Rights la repressione statale ha provocato almeno 378 morti, tra cui 47 bambini. Secondo Amnesty International almeno 21 persone sono state accusate di reati che potrebbero portare alla pena di morte mentre le autorità hanno già emesso condanne a morte per sei persone che protestavano in piazza. Ma come sempre, sono i bambini a colpire di più, anche il nostro distante immaginario. Secondo Hra sono 46 i ragazzi e 12 le ragazze sotto i 18 anni uccise dall’inizio delle proteste. Solo nell’ultima settimana le forze di sicurezza avrebbero ucciso 5 bambini. […] I servizi di sicurezza iraniani negano ogni responsabilità, dando la colpa ai terroristi, con formule di rito che le famiglie delle vittime hanno imparato a conoscere. Le morti, secondo le autorità, hanno sempre cause esterne: malattie pregresse, attacchi di cuore, suicidi, terroristi, fantomatici «stranieri». Ma i giovani continuano a scendere in piazza e il loro messaggio è chiaro. Potete uccidere noi, ma non ucciderete il nostro messaggio. E più li uccidono, più il loro messaggio diventa virale e difficile da fermare.

Caterina Soffici, La Stampa (22/11/2022)

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