nuovigiorni

"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

mercoledì 27 ottobre 2021

Cattiveria

Il governo giustamente si occupa di arginare il virus attraverso i vaccini, ma chi si occupa della rabbia, del risentimento? L’Italia, come il mondo, si è ammalata di Covid, ma l’Italia si è ammalata di cattiveria forse assai più che il resto del mondo. Serpeggia un’intossicazione perenne nel nostro corpo sociale. E chi non ha rabbia pare sfinito, rassegnato. Insomma, c’è uno sfondo depressivo da Nord a Sud di cui nessuno sa come occuparsi. Pare quasi che la politica neppure si avveda di questa condizione. Eppure qualche segnale ci sarebbe, a partire dall’astensione nelle urne. Niente da fare, ognuno va avanti coi riti sempre più stanchi delle proprie dichiarazioni vacuamente protese a salvaguardare un essere di destra e di sinistra che non si sa più bene cosa siano. E la confusione è tale che i libertari di un tempo sembrano confiscati da uno spirito conservatore e i conservatori con mala grazia assumono pose da libertari. Non è un tempo facile da decifrare. Sicuramente ci sono troppe ferite senza guaritori, ci sono troppe domande senza risposte. La medicina non può diventare una religione. Il medico non è il parroco che ci deve dare l’assoluzione, il policlinico non è la nostra cattedrale e il virologo non può diventare il nostro teologo. Abbiamo bisogno di combattere il virus senza rimuovere l’idea che la vita per sua natura è essenzialmente pericolosa e sempre esposta alla sua fine. Una volta questa cosa si chiamava angoscia esistenziale, ora è un’espressione caduta in disuso. Ora nel gioco del consumare e produrre la faccenda della morte sembra fuori luogo, non si sa dove metterla, come se la questione fosse trovare un posto dove ingombra meno, e invece una società che non fa i conti con la morte è già sostanzialmente estinta, condannata al frivolo e al posticcio. La politica in questo momento riesce a produrre solo soluzioni tecniche, non riesce a dire nulla al cuore degli uomini e delle donne e quando ci prova sono pensieri volgari, di poco conto, sempre tarati sull’ultima notizia. Abbiamo bisogno di un partito che ci aiuti a sostenere le nostre insonnie, le nostre tristezze. E invece siamo senza partiti e senza comunità. E in fondo anche senza amici. Gli amici servono a poco se il tono della vita sociale è quello della cattiveria. Ogni cosa che diciamo ci rende colpevoli agli occhi degli altri. La nostra semplice presenza è un poco fastidiosa perché ci muoviamo in uno spazio saturo di parole, perché abbiamo abolito il vuoto e il silenzio e dunque ora siamo gli ergastolani del chiasso, della connessione. E non c’è pace nei palazzi del potere e nelle case della gente. Dobbiamo fare qualcosa, ma forse la cosa più utile è non fare niente.

Franco Arminio, il Fatto Quotidiano (23/10/21)

Canzone del giorno: L'erba cattiva (2007) - Enzo Gragnaniello
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