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"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

lunedì 2 agosto 2021

L'oro

Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove...Il decimo secondo strozza in gola il respiro e sbarra gli occhi dell’Italia. Non c’è una parola adatta per questa impresa, e il lettore ci perdonerà se ce la caviamo con “L’oro”,  nel doppio senso di sostantivo che indica due sublimi medaglie e di pronome personale riferito a Marcell e Gimbo, i nomi che di bocca in bocca fanno in queste ore il giro del mondo. Tutte le altre aggettivazioni che segnano i trionfi dello sport, da "eroici" a "fantastici", da "campioni" a "leggendari", sembrano parole monche, inadatte a raccontare il silenzio profondo di un’emozione inesprimibile, tant’è forte, che ci attraversa tutti fino al midollo e ci trascina molto oltre la gioia del presente, lungo un racconto che inizia nella notte dei tempi. Quando le olimpiadi riapparvero dalla cantina dei secoli ad Atene, nel milleottocentonovantasei. Da quel giorno nessuno azzurro era mai approdato alla finale dei cento, ne era salito sul podio del salto in alto maschile. Eppure è inutile negarlo: quei dieci secondi sono da sempre la faccia e il cuore dei giochi, e quel volo oltre l'asticella è il simbolo dell’impegno sportivo, e non solo sportivo, a superarsi sempre. Stiamo vivendo e raccontando un’emozione preclusa a tutte le generazioni di italiani precedenti alla nostra, e che forse i posteri tramanderanno chissà per quanto tempo come un’impresa irripetibile. […] In undici minuti la geografia dello sport mondiale ha fatto una capriola e si è fermata sull’Italia. Contro ogni previsione, eppure secondo ogni ragionevolezza. Perché questo successo è il frutto di un grande lavoro di squadra che ha visto la nostra atletica impegnare per anni saperi e le energie migliori. Ma è anche il frutto di una cittadinanza aperta alle contaminazioni che possono fare più ricca la nostra identità. Per questo l’appello del presidente del Coni a riconoscere lo ius soli ai diciottenni cresciuti in Italia da genitori stranieri è una sveglia a una politica distante, allo stesso modo, dalle emergenze e dalle occasioni. Due straordinari occasioni colta al volo dei nostri atleti, insieme con la vittoria degli azzurri agli europei, portano l’Italia fuori dal tunnel  più oscuro della storia repubblicana. E premiano il sacrificio e la caparbietà di chi ha difeso in questi due anni il diritto allo sport contro la riduzione della vita alla sua dimensione biologica, indotta dall’emergenza. Perciò questa gioia incontenibile merita di essere goduta fino all’ultima goccia.

Alessandro Barbano, Corriere dello Sport  (2/8/21)

Canzone del giorno: Oro (1986) - Mango
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