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"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

domenica 8 agosto 2021

Improcedibilità

La ministra della Giustizia sostiene che "dopo un reato è fondamentale accertare tutti i fatti e tutte le responsabilità e farlo in tempi certi. Nell'interesse delle vittime, degli imputati, di tutti i cittadini". Ma la domanda è proprio questa: la formula dell'improcedibilità, fissata in modo categorico dopo due anni in appello e dopo un anno in Cassazione, risponde davvero a questa esigenza? Purtroppo no. Lasciamo stare i processi per mafia, terrorismo, droga e quelli per delitti puniti con l'ergastolo: se anche per queste fattispecie gravissime scattasse comunque la tagliola dell'improcedibilità saremmo davvero al "de profundis" della Costituzione. La possibilità di proroghe motivate, rinnovabili e impugnabili, prevista in questi casi estremi con le modifiche apportate dall'ultimo Cdm, è davvero il minimo sindacale per uno "Stato di diritto". Ma cosa succede ai processi per altri reati, esclusi dall'elenco delle deroghe aggiunte dopo le febbrili trattative tra governo e maggioranza? Per definizione, quando si stila un elenco si include e al tempo stesso si esclude. Nessuno scandalo: semplicemente, l'esecutivo fa una scelta politica su cosa debba rientrare e cosa debba star fuori. Ora è un fatto oggettivo, non smentito, che se questa riforma fosse già in vigore sarebbero esclusi dall'elenco delle deroghe, e dunque finirebbero nel "nulla improcedibile", processi come la strage di Viareggio, la tragedia della funivia del Mottarone, l'omicidio in carcere di Stefano Cucchi, i morti sul lavoro. Cosa resta, in questi casi, dell' "interesse delle vittime" di cui parla giustamente la Cartabia e di cui riempiamo sdegnati le prime pagine dei giornali, ogni volta che processi di questa portata cadono in prescrizione? [...] Poi certo, c'è "l'opportunità", che è altrettanto evidente. Si chiama Next Generation Eu. I primi 25 miliardi sono in arrivo. Poi arriveranno gli altri 180, se faremo davvero le riforme. La giustizia è la prima sulla quale il premier si è impegnato con Bruxelles. Per questo ha annunciato subito la fiducia sul maxi-emendamento e lo vuole al traguardo prima delle ferie d'agosto. Tutto legittimo. Purché, anche qui, si dica la verità. La priorità degli interventi per noi è scritta nel Recovery Plan, a pagina 51: "Nelle «Country Specific Recommendations» indirizzate al nostro Paese negli anni 2019 e 2020 la Commissione Ue… invita l'Italia ad aumentare l'efficienza del sistema giudiziario civile". Perché una giustizia civile più efficiente spinge il Pil dello 0,5% l'anno, rende "i mercati più contendibili", riduce "l'incertezza sui rendimenti di capitale", migliora il "finanziamento per famiglie e imprese", stimola "investimenti interni e dall'estero". Di penale, nel Recovery tricolore, si parla in tutt'altro senso: la Commissione invita l'Italia "a favorire la repressione della corruzione, anche attraverso una minore durata dei procedimenti penali". Tutto qui. Naturalmente nessuno si sogna di dire per questo che un intervento sul penale non serve. Al contrario: è urgente, per i motivi che ho spiegato. Ma quello che dobbiamo invece dire è che la clausola del "ce lo chiede l'Europa" in questo caso non funziona. L'Europa, qui ed ora, ci chiede altro (la riforma del civile). E questo "altro" Draghi e Cartabia lo hanno posposto. Anche questo è legittimo: si tratta, di nuovo, di una scelta politica.

Massimo Giannini, la Stampa (1/8/21)

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