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"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

domenica 17 gennaio 2021

Mercato africano

Il Capodanno 2021 ha visto sui social media i leader protezionisti e nazionalisti gongolare per la Brexit, ma è sfuggito loro che, il primo gennaio ha salutato un opposto evento, che schiaccia in proporzioni l’uscita di Londra dalla Ue e conferma che il XXI secolo non sarà stagione di muri, ma di dialoghi. Un miliardo e trecento milioni di esseri umani, 54 Paesi africani su 55 dello sterminato continente, hanno infatti firmato un patto di libero scambio, commercio, servizi che crea una delle aree di comunicazione senza dazi, tariffe e dogane più grandi della storia. Ci si sarebbe aspettato un clamore non inferiore a Brexit, soprattutto per un Paese come l’Italia.
Un Paese che fronteggia a poche miglia marine l’Africa e ne riceve i flussi migratori in prima linea, invece la notizia è passata in sordina e vale la pena dunque di analizzarla, perché muterà, con il tempo, la nostra vita e quella dei nostri figli. Battezzato African Continental Free Trade Act, AfCFTA, l’accordo raccoglie una comunità popolosa come l’intera Cina, nella più grande zona internazionale di libero scambio dalla fondazione dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, capace, secondo le stime World Bank, di liberare dalla miseria decine di milioni di persone nei prossimi 15 anni grazie all’azzeramento del 90% dei dazi intra-africani. A lungo ritardata dal Covid, l’inaugurazione del patto è stata salutata dal presidente del Ghana Nana Akufo-Addo «La nuova Africa emerge con impeto e strategia, aspirando infine ad essere davvero indipendente». Tutti gli Stati africani, con la sola eccezione dell’Eritrea, hanno aderito all’intesa e 34 la hanno già ratificata, mentre 41 dei principali governi organizzano un calendario per eliminare i dazi ai confini e rilanciare i 2140 miliardi di Pil totale. Storicamente, il continente soffre di gracili commerci interni, meno del 17% delle esportazioni totali, un modello neocoloniale angusto contro il 70% del commercio interno europeo e il 60% asiatico. 
Il Regno Unito si illude con il passato nostalgico alla "The Crown", la Scozia vuol rientrare presto, libera, nell’Ue, e intanto gli africani scommettono sulla libertà, per persone, merci, servizi. (…) Naturalmente, la firma del patto è solo la partenza, e ostacoli formidabili vanno affrontati e rimossi, in aree immense e Paesi poveri, perché, come osserva Silver Ojakol, capo di gabinetto AfCFTA, «l’integrazione economica è un processo, non un evento, dovevamo cominciare e ci siamo riusciti». Agli europei, del resto, dalla Comunità del Carbone e dell’Acciaio del 1951 al Recovery Fund di questi giorni, ci son voluti oltre 70 anni per una vera fusione, anche l’Africa lavorerà a lungo contro divari millenari.


Gianni Riotta, La Stampa (3/1/2021)


Canzone del giorno: Africa (1982) - Toto
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