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"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

domenica 13 dicembre 2020

Eguaglianza

Questa epidemia sta sollevando una formidabile questione d'eguaglianza. Fra cittadini di zone rosse o gialle, fra dipendenti pubblici e lavoratori privati, fra negozianti aperti o chiusi, fra uomini e donne, fra giovani e vecchi. Ciascuna di tali categorie si sente vittima d'un sopruso, a torto o a ragione. Avverte un trattamento diseguale, che diventa una ferita al proprio senso di giustizia, e provoca infine la lacerazione del tessuto sociale. Ai tempi del lockdown totale eravamo una comunità, un popolo segnato da un unico destino; e ora siamo una massa informe d’individui, per lo più dominati dal rancore. Non un sentimento bensì un risentimento collettivo, che s’allunga come un ombra sulle stesse istituzioni, sui rapporti fra maggioranza e opposizione, su città e Regioni armate l’una contro l’altra, e tutte insieme contro lo Stato. (…) Tuttavia nemmeno è colpa dei dipendenti pubblici, se ancora continuano (per quanto tempo?) ad avere lo stipendio assicurato. Né dei pensionati, né delle altre categorie fin qui protette dalla crisi. Eppure s’avverte come un’onda di livore verso il vicino di casa se non verso il governo. Ciascuno fa i conti in  tasca all’altro, e i conti non tornano, non più. (…) La nostra Costituzione non contempla razze superiori, però ci offre una bussola per individuare chi merita speciali protezioni, chi ha perciò diritto a un trattamento diseguale, ossi più favorevole. I bambini (art.31). I malati (art.32). Le donne lavoratrici (art.37). Gli invalidi, i disoccupati, i vecchi (art.38). E’ questa la cerchia dei soggetti deboli, sono loro gli uguali. Non le categorie numerosissime, elencate una per una con piglio notarile, che figurano nei provvedimenti dell’esecutivo. Ecco infatti la responsabilità più grave di chi ci governa: aver messo a rischio l’unità degli italiani. Per forza se li seppellisci con 21 decreti legge e altrettanti Dpc  in 9 mesi. Se ciascun decreto s’allarga per centinaia di commi, dove ogni micro categoria riceve un vestito su misura. Se sciorini un rosario d’azioni e di eccezioni, senza una norma generale, senza una parvenza d’eguaglianza. E senza chiedere pegno a chi ha tratto vantaggio dalla crisi: i giganti del web, per dirne una. Ma intanto circola un senso d’ingiustizia, e l’ingiustizia fiacca lo spirito, mentre il virus aggredisce il corpo.

Michele Ainis, Repubblica (15/11/2020)

Canzone del giorno: Same To You (2015) - Melody Gardot
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