nuovigiorni

"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

lunedì 6 aprile 2020

I giorni perduti

Qualche  giorno  dopo  aver  preso  possesso  della  sontuosa  villa,  Ernst  Kazirra, rincasando,  avvistò  da  lontano  un  uomo  che  con  una  cassa  sulle  spalle  usciva da  una  porticina  secondaria  del  muro  di  cinta,  e  caricava  la  cassa  su  di  un camion. Non fece  in  tempo  a  raggiungerlo  prima  che  fosse  partito.  Allora  lo  inseguì  in auto.  E  il  camion  fece  una  lunga  strada,  fino  all’estrema  periferia  della  città, fermandosi  sul  ciglio  di  un  vallone.  Kazirra  scese  dall’auto  e  andò  a  vedere. Lo  sconosciuto  scaricò  la  cassa  dal  camion  e,  fatti  pochi  passi,  la  scaraventò nel  botro  che  era  ingombro  di  migliaia  e  migliaia  di  altre  casse uguali. Si  avvicinò  all’uomo  e  gli  chiese:  «Ti  ho  visto  portar  fuori  quella  cassa  dal mio  parco.  Cosa  c’era  dentro?  E  cosa  sono  tutte  queste  casse?». Quello  lo  guardò  e  sorrise:  «Ne  ho  ancora  sul  camion  da  buttare.  Non  sai? Sono  i  giorni». «Che  giorni?»  «I  giorni  tuoi.»  «I  miei  giorni?» «I  tuoi  giorni  perduti.  I  giorni  che  hai  perso.  Li  aspettavi,  vero?  Sono  venuti. Che  ne  hai  fatto?  Guardali,  intatti,  ancora  gonfi.  E  adesso...» Kazirra  guardò.  Formavano  un  mucchio  immenso.  Scese  giù  per  la  scarpata  e ne  aprì  uno. C’era  dentro  una  strada  d’autunno,  e  in  fondo  Graziella  la  sua  fidanzata  che se  n’andava  per  sempre.  E  lui  neppure  la  chiamava.  Ne  aprì  un  secondo. C’era  una  camera  d’ospedale,  e  sul  letto  suo  fratello  Giosuè  che  stava  male  e lo  aspettava.  Ma  lui  era  in  giro  per  affari.  Ne  aprì  un  terzo.  Al  cancelletto della  vecchia  misera  casa  stava  Duk  il  fedele  mastino  che  lo  attendeva  da  due anni,  ridotto  pelle  e  ossa.  E  lui  non  si  sognava  di  tornare.  Si  sentì  prendere  da una  certa  cosa  qui,  alla  bocca  dello  stomaco.  Lo  scaricatore  stava  diritto  sul ciglio  del  vallone,  immobile  come  un  giustiziere. «Signore!»  gridò  Kazirra.  «Mi  ascolti.  Lasci  che  mi  porti  via  almeno  questi  tre giorni.  La  supplico.  Almeno  questi  tre.  Io  sono  ricco.  Le  darò  tutto  quello  che vuole.» Lo  scaricatore  fece  un  gesto  con  la  destra,  come  per  indicare  un  punto irraggiungibile,  come  per  dire  che  era  troppo  tardi  e  che  nessun  rimedio  era più  possibile.  Poi  svanì  nell’aria,  e  all’istante  scomparve  anche  il  gigantesco cumulo  delle  casse  misteriose.  E  l’ombra  della  notte  scendeva.

Dino  Buzzati (1906 – 1972),  180  racconti,  Mondadori,  Milano  1982

Canzone del giorno: Lost Days (2006) - Casey Donahew
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