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"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

sabato 4 luglio 2015

Voce

La situazione in Grecia è così intricata e problematica che risulta sicuramente azzardato immaginare le conseguenze future.
Il caos greco rischia di far saltare in aria l'Europa e, proprio per questo, ogni esito è imprevedibile.
Crisi irreversibile? In ogni caso bisogna attendere il referendum di domani per verificare quale strada imboccherà il paese e che valutazioni faranno i creditori internazionali.
In questi anni la gestione di tutto quanto da parte della governance europea a guida tedesca, non è riuscita a venirne fuori. La rivista "Internazionale", nel tentativo di capirne di più, ospita questa settimana alcuni commenti tratti dai giornali di alcuni paesi europei. Mario De Mauro, direttore del magazine, sintetizza nel suo editoriale un punto nevralgico della crisi greca e cioè la difficoltà dell'opinione pubblica dei vari paesi di farsi sentire: "Ci sono numeri che riassumono con una certa efficacia i paradossi della crisi greca. La Grecia vale l’1 per cento del pil complessivo dei paesi della zona euro e il 3 per cento del debito totale: dal punto di vista economico è un problema “sostanzialmente marginale”, ha scritto Adriana Cerretelli sul Sole 24 Ore. O tale dovrebbe essere. Nella giornata di lunedì 29 giugno, preoccupate da quello che succedeva ad Atene, le borse europee hanno perso il 2,69 per cento, che equivale a 287 miliardi di euro. Poco meno di quanto la Grecia deve ai suoi creditori (322 miliardi). Ma c’è un altro fatto che indica piuttosto bene la dimensione del fallimento del progetto europeo, almeno inora. Nel momento in cui l’Unione e la sua moneta attraversano una crisi difficilissima, che mette in discussione la loro stessa sopravvivenza, ogni paese è rinchiuso nella sua bolla. Non c’è modo di sapere come la pensano gli altri. Che si dice in Francia, in Germania o in Finlandia?
Cosa propongono spagnoli, austriaci o olandesi? Che vogliono estoni, irlandesi o sloveni? Non c’è un vero dibattito europeo, in cui voci e punti di vista diversi riescano a concorrere alla formazione di un’opinione pubblica europea. Ogni confronto è demandato ai vertici istituzionali, ai leader nazionali, ai capi di stato e di governo. Più che inascoltata, la voce dei cittadini europei non trova una lingua comune e resta inespressa".

Canzone del giorno:  The Voice (1977) - The Alan Parsons Project
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