nuovigiorni

"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

mercoledì 29 ottobre 2014

Preti

Continuiamo a scherzare con i fanti, soprattutto se sono di legno come nel gioco degli scacchi.
Lasciamo pure nel loro mondo i santi ed eventuali battute che potrebbero offendere ogni credente.
Ma su alcuni preti, su certi preti, ci si deve indignare oltre misura e se si vuole si può utilizzare qualsiasi mezzo, anche sarcastico, per criticare il loro poco lodevole (poco santo) comportamento.
Alcuni giorni fa Papa Francesco ha commissariato la diocesi di Albenga. Le indagini sul clero "disinvolto" della città ligure, vanno avanti da anni. Segnalazioni imbarazzanti e nitidi scandali hanno messo alla berlina una diocesi che, in questi anni, si è trovata contornata da sacerdoti corteggiatori, preti che posano nudi su Facebook o che scappano via portando via i risparmi della parrocchia, fino alla più grave situazione di abusi sessuali su minori.
Una sarabanda grave, fastidiosa e imbarazzante che Selvaggia Lucarelli, su Libero di giovedì scorso, descrive in maniera canzonatoria:  “Avrei voluto vedere la faccia di Papa Francesco quando gli hanno consegnato il dossier sulla diocesi di Albenga con il riassunto dettagliato di tutte le vicende che hanno movimentato la vita nelle varie parrocchie negli ultimi anni. Quelli, per essere precisi, in cui ha esercitato la sua missione pastorale il vescovo Mario Oliveri, ora commissariato come un qualsiasi comune con infiltrazioni camorristiche. A voler essere ottimisti, al povero Papa è venuta voglia di chiamare a raduno le guardie svizzere e dare il via a una guerra santa contro la riviera ligure”.
I casi che riguardano il clero di quella zona sono tanti e vengono tutti citati da Selvaggia Lucarelli: “In principio fu Don Luciano Massaferro, reggente delle parrocchie di San Giovanni Battista e San Vincenzo. Una pecorella così raccomandabile da avere il compito di vegliare su ben due parrocchie, mica di cambiare i ceri in chiesa a fine giornata. Peccato che la pecorella fosse sì smarrita, ma diventasse meglio di un Tom Tom quando si trattava di adocchiare chierichette undicenni a cui alzare la gonna. (…) Poi ci fu la pecorella Don Silvano De Matteis, parroco di Loano. Qui la faccenda è degna di un cinepanettone. Durante una processione il sacerdote vide la moglie del comandante della capitaneria di porto e si ingrifò. Fece degli apprezzamenti che neanche De Sica alla Ferilli in Natale a New York. Il marito di lei lo querelò, la pecorella fece una controquerela per minacce (quello gli avrà detto «se ti azzardi a ridire qualcosa a mia moglie ti muro nel battistero di Albenga») e alla fine fu trasferito in un’altra parrocchia. (…) Meraviglioso poi il caso di Padre Alfonso Maria Parente, della parrocchia di San Bartolomeo. Prima andò a
Sanremo giovani e come una Ruby Rubacuori qualunque mentì sulla sua età, dichiarando 32 anni anziché i suoi 38 (scoperto, fu buttato fuori perché il limite per partecipare era di 35 anni). Poi scappò con la cassa della parrocchia. Poi si mise a vendere il kit di Padre Pio truffando 8000 fedeli convinti che il ricavato andasse in beneficienza”.
Non si potrà scherzare con i santi ma, alle attuali condizioni, lo si può fare a ruota libera sui fanti e, soprattutto su certi preti: “Insomma, davvero un peccato che il vescovo Mario Oliveri sia commissariato perché è un autentico talent scout del sacerdozio. Uno che a furia di accogliere pecorelle smarrite ha smarrito sia il mistero della fede che l’evidenza della fedina penale. E dispiace molto che lo sostituisca un nunzio apostolico. Ancora un paio d’anni di sua oculata missione pastorale ad Albenga e una parrocchia a Genny ’a Carogna non l’avrebbe tolta nessuno”.


Canzone del giorno:  God Only Knows (1966) - The Beach Boys
Clicca e ascoltaGod....


Albenga, la diocesi del peccato: preti playboy, culturisti e truffatori

Selvaggia Lucarelli, Libero del 23/10/2014

Avrei voluto vedere la faccia di Papa Francesco quando gli hanno consegnato il dossier sulla diocesi di Albenga con il riassunto dettagliato di tutte le vicende che hanno movimentato la vita nelle varie parrocchie negli ultimi anni. Quelli, per essere precisi, in cui ha esercitato la sua missione pastorale il vescovo Mario Oliveri, ora commissariato come un qualsiasi comune con infiltrazioni camorristiche. A voler essere ottimisti, al povero Papa è venuta voglia di chiamare a raduno le guardie svizzere e dare il via a una guerra santa contro la riviera ligure. Se l’ipotesi vi pare eccessiva o surreale, è bene riassumere i fatti più eclatanti accaduti da quelle parti. Intanto va premesso che il vescovo Oliveri ha sempre dichiarato la sua volontà di chiamare a sé i preti scomodi, magari allontanati da altre parrocchie, perché «è giusto lasciare le 99 pecorelle per cercare quella smarrita», ha dichiarato. Discorso sacrosanto, per carità. C’è però un problema. Mentre il vescovo girava per campi a cercare la pecorella smarrita, le altre 99 andavano chi ad adescare minorenni, chi a infilarsi crocifissi d’argento sotto la tunica, chi a fare il piacione con le mogli di altri come un Balotelli in libera uscita a Manchester. Insomma, da qualche anno, nella diocesi di Albenga, le pecorelle non sono semplicemente smarrite. Soffrono di labirintite acuta. E il buon Oliveri, anziché aver chiuso il recinto, è parso ben felice di tenerlo spalancato.

Pecorelle - In principio fu Don Luciano Massaferro, reggente delle parrocchie di San Giovanni Battista e San Vincenzo. Una pecorella così raccomandabile da avere il compito di vegliare su ben due parrocchie, mica di cambiare i ceri in chiesa a fine giornata. Peccato che la pecorella fosse sì smarrita, ma diventasse meglio di un Tom Tom quando si trattava di adocchiare chierichette undicenni a cui alzare la gonna. In quell’occasione, il buon vescovo dichiarò: «Chi attacca cerca di giustificare il male che è in sé cercando il male negli altri». In pratica, chi mandò in galera Don Luciano era un molestatore di chierichette, mentre Don Luciano un’inoffensiva pecorella che brucava in pace. Poi ci fu la pecorellaDon Silvano De Matteis, parroco di Loano. Qui la faccenda è degna di un cinepanettone. Durante una processione il sacerdote vide la moglie del comandante della capitaneria di porto e si ingrifò. Fece degli apprezzamenti che neanche De Sica alla Ferilli in Natale a New York. Il marito di lei lo querelò, la pecorella fece una controquerela per minacce (quello gli avrà detto «se ti azzardi a ridire qualcosa a mia moglie ti muro nel battistero di Albenga») e alla fine fu trasferito in un’altra parrocchia.
La fidanzata - Ma ci fu anche il caso Don Cesare Donati, parroco di Bastia d’Albenga, il quale ebbe una relazione con una donna. Che voglio dire, visti gli incidenti di percorso delle altre pecorelle, poteva pure puntare alla beatificazione. Invece il sacerdote puntò all’aperitivo. Aprì un bar con la sua fidanzata e continuò a celebrare messa nei fine settimana, alternando il vino della messa al mojito del suo locale. Il vescovo allora decise che c’era un modo per togliersi dall’imbarazzo, ovvero affidare al prete barman una parrocchia minore e sostituirlo con una persona più morigerata. Fabrizio Corona era momentaneamente agli arresti e quindi optò per un prete che finì nudo su alcuni siti gay. Altra pecorella smarrita che smarriva pure i vestiti con la webcam incidentalmente accesa, di tanto in tanto.
Culturismo - Meraviglioso poi il caso di Padre Alfonso Maria Parente, della parrocchia di San Bartolomeo. Prima andò a Sanremo giovani e come una Ruby Rubacuori qualunque mentì sulla sua età, dichiarando 32 anni anziché i suoi 38 (scoperto, fu buttato fuori perché il limite per partecipare era di 35 anni). Poi scappò con la cassa della parrocchia. Poi si mise a vendere il kit di Padre Pio truffando 8000 fedeli convinti che il ricavato andasse in beneficienza. Peccato che i soldi se li tenesse lui e che finì ai domiciliari. Fu sostituito con una scelta sobria: no, non con un altro personaggio dedito alla beneficienza, ovvero Edoardo Costa. Con Don Juan Pablo. Uno con la passione per il culturismo anzichè per il culto della fede e con un convivente uomo. Un francescano, insomma, ma nel senso che aveva il poster di Francesco Arca in camera da letto. In carcere invece ci finì un’altra pecorella smarrita, Don Renato Giaccardi, della parrocchia di Loano. Lui si limitò a beccarsi 4 anni per induzione e sfruttamento della prostituzione minorile. Una condanna profondamente ingiusta, visto che il suo spirito era così caritatevole che dava più soldi ai ragazzini che gli portavano degli amichetti. Una sorta di tre per due, insomma. Il buon Don Renato adottava più né meno la politica del Cocoricò e qualcuno ha pensato bene di metterlo in galera. Che mondo iniquo.
Insomma, davvero un peccato che il vescovo Mario Oliveri sia commissariato perché è un autentico talent scout del sacerdozio. Uno che a furia di accogliere pecorelle smarrite ha smarrito sia il mistero della fede che l’evidenza della fedina penale. E dispiace molto che lo sostituisca un nunzio apostolico. Ancora un paio d’anni di sua oculata missione pastorale ad Albenga e una parrocchia a Genny ’a Carogna non l’avrebbe tolta nessuno.