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"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

domenica 12 maggio 2013

Inossidabile


Entrò il mese il Governo dovrà confermare o revocare gli incarichi dei tanti alti dirigenti ministeriali. La questione sul potere dei superburocrati è un vecchio argomento. Chi comanda veramente in Italia, il Governo o la potentissima "burocrazia"?
L'argomento non è facile da affrontare e una premessa è d'obbligo: una struttura così complessa come un ministero necessita, per forza di cose, di un pool di tecnici esperti in grado di affrontare le complessità amministrative. Ma fino a che punto le scelte politiche non sono sabotate, per meri interessi, dagli alti dirigenti? Come garantire il corretto ed efficace funzionamento dello Stato se poi una parte dei burocrati si trasforma in una casta ancora più problematica di quella dei rappresentanti politici?
Il dirigente ministeriale gestisce ingenti risorse pubbliche e ha in mano un potere informativo che gli permette di avere la chiave d’accesso al funzionamento della macchina burocratica.
Il ministro, ma questo può accadere (e accade) anche per altri ruoli di
amministrazione politica, anche se animato da riformistiche intenzioni, si ritrova spiazzato dinanzi agli ostacoli burocratici e alle situazioni incomprensibili che gli uffici tecnici pongono come insormontabili.
È la “Burocrazia inossidabile” di cui parla Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera del 9 maggio scorso: «Il monopolio delle informazioni è il vero motivo della potenza della burocrazia. Gestire un ministero è una questione complessa: richiede dimestichezza con il bilancio dello Stato e il diritto amministrativo e soprattutto buoni rapporti con i burocrati che guidano gli altri ministeri e la presidenza del Consiglio. Gli alti dirigenti hanno il monopolio di questa informazione e di questi rapporti, e tutto l'interesse a mantenerlo. Hanno anche l'interesse a rendere il funzionamento dei loro uffici il più opaco e complicato possibile, in modo da essere i soli a poterli far funzionare. E così quando arriva un nuovo ministro, animato dalle migliori intenzioni, a ogni sua proposta la burocrazia oppone ostacoli che appaiono incomprensibili, ma che i dirigenti affermano essere insormontabili».
Il nostro Paese non riesce ad affrontare un salutare processo di ricambio delle alte dirigenze pubbliche: «Non è venuto il momento di affrontare il ricambio della burocrazia? E di farlo per davvero, ponendo un termine alla perenne rotazione da un ministero all'altro, da un ministero a un'autorità indipendente e da questa ancora a un ministero? Non c'è ricambio se si abbassa l'età media dei ministri mentre la struttura sotto di loro resta immutabile.
Cambiare i vecchi burocrati è certamente costoso perché un nuovo dirigente ci metterà un po' a prendere in mano le redini del ministero. Ma è un costo che val la pena pagare. L'alternativa è continuare a non fare nulla».


Canzone del giorno: Sway (2008) - The Kooks
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Burocrazia inossidabile

Francesco Giavazzi, CdS del 9 maggio 2013

Uno dei motivi, forse il principale, per cui il governo guidato da Mario Monti non è riuscito a tagliare la spesa pubblica è stata la scelta di mantenere al loro posto, quasi senza eccezioni, tutti i grandi burocrati che guidano i ministeri.
Il nuovo governo ha tempo fino al 31 maggio per decidere se confermare gli alti dirigenti dei ministeri: capi di gabinetto e degli uffici legislativi, capi dipartimento, direttori generali. Chi non verrà esplicitamente confermato, automaticamente decadrà. È una delle scelte più importanti delle prossime settimane.
Accadde qualcosa di analogo con il primo esecutivo Berlusconi. I nuovi ministri della Lega che scesero a Roma nel 1994 - Giancarlo Pagliarini, Vito Gnutti, Roberto Radice - erano uomini concreti, abituati a gestire imprese, inesperti di burocrazia romana. Al suo primo giorno di lavoro il neoministro del Bilancio, Pagliarini, dopo aver letto un documento della Ragioneria generale dello Stato, a suo avviso incomprensibile, disse: «Bisogna rifare il bilancio dello Stato da zero. Se continuano a scriverlo così, solo la Ragioneria generale lo capisce e solo loro decideranno».
Il monopolio delle informazioni è il vero motivo della potenza della burocrazia. Gestire un ministero è una questione complessa: richiede dimestichezza con il bilancio dello Stato e il diritto amministrativo e soprattutto buoni rapporti con i burocrati che guidano gli altri ministeri e la presidenza del Consiglio. Gli alti dirigenti hanno il monopolio di questa informazione e di questi rapporti, e tutto l'interesse a mantenerlo. Hanno anche l'interesse a rendere il funzionamento dei loro uffici il più opaco e complicato possibile, in modo da essere i soli a poterli far funzionare. E così quando arriva un nuovo ministro, animato dalle migliori intenzioni, a ogni sua proposta la burocrazia oppone ostacoli che appaiono incomprensibili, ma che i dirigenti affermano essere insormontabili. Giancarlo Pagliarini perse la sua battaglia con la Ragioneria e in quel 1994 nulla cambiò.
Mario Canzio, l'attuale Ragioniere generale dello Stato, entrò in Ragioneria nel 1972, 41 anni fa, come funzionario dell'Ispettorato generale del Bilancio, l'ufficio che ha il controllo della spesa pubblica. Da quel giorno la spesa pubblica al netto degli interessi è cresciuta (ai prezzi di oggi) di circa 200 miliardi, dal 32 al 45 per cento del Pil. Da quando, otto anni fa, fu nominato Ragioniere generale, è cresciuta di oltre 30 miliardi.
I sindaci durano in carica cinque anni, con la possibilità se rieletti di un solo secondo mandato, il Governatore della Banca d'Italia sei, il presidente della Bce otto. Il Ragioniere generale a vita. Andrea Monorchio rimase tredici anni, con dieci diversi governi.
Sono tutti ottimi funzionari dello Stato, ma se non sono riusciti ad arginare la spesa pubblica per quarant'anni saranno davvero le persone più adatte per gestire una spending review ? Non è venuto il momento di affrontare il ricambio della burocrazia? E di farlo per davvero, ponendo un termine alla perenne rotazione da un ministero all'altro, da un ministero a un'autorità indipendente e da questa ancora a un ministero? Non c'è ricambio se si abbassa l'età media dei ministri mentre la struttura sotto di loro resta immutabile.
Cambiare i vecchi burocrati è certamente costoso perché un nuovo dirigente ci metterà un po' a prendere in mano le redini del ministero. Ma è un costo che val la pena pagare. L'alternativa è continuare a non fare nulla.