nuovigiorni

"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

sabato 24 marzo 2012

Sul lavoro

Scritti, commenti, pareri, opinioni.
La carta stampata come supporto nel tentativo di capirne qualcosa di più sulle novità che riguarderanno, volente o nolente, quasi tutti i lavoratori e i datori di lavoro.
Non dimenticando l’importanza di non soffermarsi soltanto su una sola opinione!

Infranto il Grande Tabù. Alberto Orioli (Il Sole 24 Ore del 21/3/2012): Il dialogo con imprese e sindacati perseguito dal Governo tecnico si chiude con la presa d'atto che il consenso di tutti non ci può essere quando la materia trattata è la più delicata perché riguarda il lavoro. E, soprattutto, il Grande Tabù dell'articolo 18.
Quando sarà smaltita la lettura ideologica della riforma, resterà un compromesso equilibrato che protegge di più i giovani nella fase di ingresso nel mercato del lavoro e tutela, senza eccessi e con strumenti di normale uso in Europa, chi dal mercato debba uscire. L'interesse generale, suggerito come bussola dal presidente della Repubblica, sta in questo scambio per la modernizzazione di un mercato che, finora, ha prodotto solo un tasso di attività di dieci punti inferiore alla media Ue e un gigantesco spreco di capitale umano (un giovane su tre senza impiego). L'Italia - come ha sottolineato il premier Mario Monti - risponde ora, dopo oltre un decennio, a chi chiedeva a gran voce questa riforma: l'Europa, il Fondo monetario, i mercati. Ora gli alibi cadono. Dovranno arrivare gli investimenti.

Il finto tonto. Marco Travaglio (Il fatto quotidiano del 21/3/21012):  E poi: perché mai sarebbe così urgente cambiare l’articolo 18, che riguarda l’1% dei licenziamenti? E che senso ha rispondere, come fa la sig.ra Fornero, che così si tutelano i lavoratori non tutelati? Per tutelare i non tutelati si tolgono le tutele ai tutelati cosicché nessuno sia più tutelato? E siamo sicuri che, in un paese dove è facilissimo uscire dal mondo del lavoro e difficilissimo entrarvi, la soluzione sia rendere ancor più facile uscirne? (…)  E perché mai gli unici che devono rinunciare a rivendicare i propri diritti sono i lavoratori e i pensionati, mentre la patrimoniale non si fa perché B. non vuole e le frequenze tv non si vendono all’asta perché  B. non vuole? Il Quirinale smentisce l’indiscrezione apparsa ieri sul Foglio, secondo cui Bersani sarebbe “sempre più insofferente per l’interventismo del capo dello Stato” che “lo riprende e lo bacchetta” non appena “tenta di smarcarsi dal governo o dagli alleati” (nel senso di Casini e Alfano) “su Rai e giustizia”, per “riportare all’ovile il Pd” in nome della “stabilità del governo”?Ma, se il Parlamento deve ratificare senza batter ciglio i decreti del governo e i partiti e le parti sociali devono prendere ordini dal Colle e dal governo sottostante, siamo proprio sicuri di vivere ancora in una democrazia parlamentare? E in una democrazia?

Abolito l’articolo 18, quasi. Vittorio Feltri (Il Giornale del 21/3/2012): Per risorgere ed essere competi­tive sul mercato globalizzato, ma non disciplinato da norme comu­ni, le imprese abbisognano di ben altro che non l’eliminazione del­l’articolo 18, che è soltanto l’em­blema di un Paese vecchio e con­servatore, quindi refrattario se non ostile a qualsiasi cambiamen­to. (…) L’abrogazione del famigerato articolo 18, pertanto, è sì necessaria per segnare una svolta di mentalità, ma oc­corre sapere che non sarà determinante ai fini del rilancio economico. Per ottenere il quale servono un mutamento ra­dicale di abitudini, una scuola all’altez­za delle esigenze del mercato, studenti in grado di comprendere che laurearsi in scienze politiche o in scienze della co­municazione non è utile a loro stessi (e nemmeno alle aziende), una disponibi­lità generale a imparare mestieri tecnici e artigianali che garantiscano un’occu­pazione. (…) Ergo, non manca il lavoro, ma il desi­derio di farlo. Ecco la differenza tra le ge­nerazioni del passato e quelle di oggi: una volta, almeno per cominciare, si ac­cettava qualsiasi attività retribuita pur di non gravare su famiglie (la maggior parte) disagiate; adesso che le famiglie hanno più mezzi, parecchi giovani pre­feriscono farsi mantenere da mamma e papà piuttosto che sporcarsi le mani. È un discorso urticante, mi rendo con­to. E proprio per questo temo che non sia peregrino. Ciò detto, va da sé che ur­ge la riforma del lavoro spesso annuncia­ta e mai realizzata. Ce la faranno Mario Monti ed Elsa Fornero a portare a casa il risultato? 
La Battaglia per cambiare. Claudio Sardo (L’Unità del 22/3/2012): Mario Monti ha deciso lo strappo. Non era obbligato a farlo (…). Se un lavoratore viene licenziato illecitamente, perché il giudice non può comunque disporre il reintegro e deve limitarsi a fissare l’indennizzo? Così il datore di lavoro è nelle condizioni di decidere in modo arbitrario la fine di un rapporto, rischiando al massimo qualche mensilità aggiuntiva. È chiaro che ciò modificherebbe in profondità le relazioni interne a un’impresa, in senso sfavorevole alla dignità e ai diritti del lavoratore: e si può sostenere credibilmente che questo sacrificio sia davvero funzionale a una crescita della produttività, o della competitività del sistema, o degli investimenti esteri, o della fiducia dei mercati, o delle assunzioni dei giovani? Tutti gli indicatori dicono di no. Del resto, su basi molto empiriche, siamo già testimoni del fatto che nelle piccole imprese italiane, nonostante la piena libertà di licenziamento per motivi economici, non ci sia alcuna corsa a nuove assunzioni, né migliore reattività alla crisi.

Canzone del giorno: A Second Opinion (2008) - Murder By Death
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