nuovigiorni

"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

sabato 31 dicembre 2011

Prosit


Mentre nell'isola di Kiribati, situata nei mari del Pacifico Australe, si è già festeggiato da qualche minuto l'inizio del 2012, dalle nostre parti il nuovo anno arriverà a momenti.

Che cosa scrivere su un post a poche ore dal fatidico evento?
Per un blog che si chiama Scriptum un’idea potrebbe essere quella di segnalare uno scritto di particolare interesse. Ma poiché manca veramente poco alla notte di San Silvestro sarebbe anche doveroso segnalare qualcosa di frivolo e che induca ad un rilassante sorriso. 
Scritto + frivolezza + umorismo + ricetta (per non dimenticare il Cenone). 
Ci sono! Ho trovato l'oggetto giusto che racchiude tutti gli elementi.
Bruno Gambarotta ha scritto e da poco pubblicato un simpaticissimo romanzo: Le ricette di Nefertiti (Ed.Garzanti). Ho letto le prime pagine. La trama parla di un egittologo piemontese a cui sono affidati dei papiri che racchiudono le uniche ricette (dodici) dell'Antico Egitto giunte intatte sino a noi. Il pregiato documento archeologico  descrive la maniera in cui venivano preparati, dalla sensuale regina Nefertiti, dei manicaretti "afrodisiaci" per il suo sposo.

Nel giorno destinato alla presentazione al pubblico del particolare referto, l’archeologo si accorge che i papiri sono scomparsi. Da quel momento una serie di eventi divertenti e maliziosi si succedono uno dopo l’altro e nel raccontarli l’autore riesce a catturare il lettore con uno stile spassoso e divertente. Da un lato prende in giro le manie artistiche di certa borghesia nostrana , dall’altro deride la nuova mania dilagante dei libri di ricette. E poi è veramente piacevole leggere che per il protagonista del libro: “i pranzi di gala sono una penitenza e ne farebbe volentieri a meno. Il posto giusto per mangiare fuori casa secondo i suoi gusti è la classica trattoria tipica, dove il padrone si sfila dalle ascelle lo strofinaccio per dare un’ultima ripassata al bicchiere prima di posarlo davanti al cliente di riguardo e domandargli: «Bianco o rosso?», prima ancora di prendere l’ordinazione”.
Una ventata di humour per non dimenticare mai, a maggior ragione a fine anno e nonostante tutto, che “la più perduta di tutte le giornate è quella in cui non si è riso”.

P.S.: L’unico rammarico è che non ho avuto ancora il tempo di leggere tutte le pagine del libro e, quindi, non sono in  grado di rivelare le “stimolanti” ricette egiziane contenute nei papiri.
Pazienza. Nonostante l’approssimarsi dell’ora del Cenone è meglio affidarsi a ricette più “semplici”. Mi sono state suggerite due famose ricette: un soffice risotto con i funghi porcini senza funghi e dei delicati ravioli con panna e salmone ma senza panna e senza salmone (anche se è previsto il ripieno per ogni singolo raviolo).
Si tratta di ricette alla portata (di crisi) di tutti.
Buon San Silvestro, ma soprattutto, Buon Anno a tutti.

venerdì 30 dicembre 2011

Oggetti


«Certo un oggetto può piacere anche per se stesso, per la diversità delle sensazioni gradevoli che ci suscita in una percezione armoniosa; ma ben più spesso il piacere che un oggetto ti procura non si trova nell'oggetto per se medesimo. La fantasia lo abbellisce cingendolo e quasi irraggiandolo d'immagini care. Né noi lo percepiamo più qual esso è, ma così, quasi animato dalle immagini che suscita in noi o che le nostre abitudini vi associano. Nell'oggetto, insomma, noi amiamo quel che vi mettiamo di noi, l'accordo, l'armonia che stabiliamo tra esso e noi, l'anima che esso acquista per noi soltanto e che è formata dai nostri ricordi».

Luigi Pirandello, Il fu Mattia Pascal (cap IX)

giovedì 29 dicembre 2011

Contrappasso

 La situazione è sotto gli occhi (e le tasche) di tutti, nessuno si senta escluso.
C’è chi ha scritto che la crisi è tale che si è stati costretti a dire a Babbo Natale “che i bambini non esistono”.
Il Codacons ha diffuso i dati relativi alle spese natalizie degli italiani che confermano il sostanziale crollo dei tradizionali consumi di fine anno. Sobrietà nei regali, cenoni e pranzi più morigerati.
Le cifre parlano di un calo del 18 per cento rispetto a quanto si è speso nel 2010.
Sostanzialmente si è risparmiato su tutto (e tutti), dai giocattoli all’alimentazione, dai profumi al cardigan.
Un Natale austero e, per lo più, con regali low cost.
Babbo Natale ha tirato la cinghia e la contrazione dei consumi ha coinvolto l’intera Europa.
Naturalmente si prevedono sobri anche i festeggiamenti di fine anno e d’altronde non potrebbe essere  diversamente se si tiene conto che, di questo passo, rischia di diventare più economica una bottiglia di spumante che un litro di benzina.
Per non  parlare degli aumenti in arrivo delle tariffe di luce e gas, dell’Imu, dell’aumento dell’Irpef regionale e dell’ampliamento dei balzelli in ogni settore.
Questi sono i dati natalizi: meno spese e pochi consumi, e non avevamo sicuramente bisogno dei dati ufficiali per renderci conto della situazione di austerity.
Michele Brambilla su La Stampa parla di “legge del contrappasso”: «L’austero Natale di quest’anno è in fondo una conferma della legge del contrappasso. La generazione dei quaranta-cinquantenni di oggi è quella dei figli del boom, cresciuti con Natali comunque più poveri di quello di oggi (sotto l’albero le alternative erano due, o i soldatini o le macchinine: altro che smartphone) ma percepiti come immensamente più ricchi perché confrontati con un passato di miseria. Nonni e genitori ci parlavano dei loro Natali con le tessere annonarie e le am-lire facendoci sentire in colpa, marmocchi privilegiati che non eravamo altro. Poi con il Sessantotto l’attesa della cornucopia di dolci e giocattoli ha cominciato a esser guastata anche dai sermoni anti-consumistici ed ecologisti: guarda che è solo un affare di soldi, le tradizioni le inventano i padroni, lo sai quanto si spende in alberi di Natale, e lo sai quanta energia sottraggono tutte quelle luminarie? Oggi tocca proprio a noi, generazione colpevolizzata per i Natali delle vacche grasse, essere rimproverati dai figli per i regali low cost.
Ma in fondo questo Natale con il braccino corto (solo nel 2001 dopo le Torri Gemelle eravamo così depressi, dicono i dati) è anche la conferma di come noi italiani siamo sempre condannati alla nostalgia. Per anni abbiamo stigmatizzato lo scialo e rimpianto i Natali poveri ma belli; adesso ricordiamo con strazio i bei tempi dei regali inutili».
È difficile pensare che i quarantenni-cinquantenni di oggi non siano d’accordo con queste considerazioni.
Così è (se vi pare)!

martedì 27 dicembre 2011

Il figlio di Babbo Natale


Promessa rispettata. 
Gli zii alcuni giorni fa hanno garantito ai due nipotini che durante le festività natalizie li accompagneranno al cinema, per assistere alla visione di un cartone in 3D.
Nel giorno di Santo Stefano al botteghino la confusione è maniacale. Sono le 17 e ci ritroviamo insieme ai due bimbi in fila per il biglietto e schiacciati fra la folla.
Alla fine riusciamo a guadagnare i quattro posti agognati ed entriamo in tempo nella sala 5, dove proietteranno il film Il figlio di Babbo Natale (siamo costretti a rinunciare al film precedentemente prescelto, Il Gatto con gli stivali, per posti esauriti!).
I bambini sono contenti. Gaspare (sei anni) inforca immediatamente gli occhialini 3D, mentre Simona (sette anni) richiede (neanche il tempo di sederci!) l’acquisto di un cestone di pop-corn.
Messi da parte sciarpe, giacchette, berretti e guanti (in sala si registrano almeno trenta gradi!), la proiezione ha inizio e il film risulta anche carino tra elfi, renne, slitte, regali e babbi natale (addirittura fra i protagonisti c’è anche un imperterrito Nonno Natale).
È la classica commedia d’animazione per le famiglie infarcita e impreziosita dall’effetto tridimensionale.
I nipotini rimuovono le lenti magiche e fuori dalla sala il loro sorriso attesta la soddisfazione di aver vissuto, per la prima volta, l’esperienza 3D. Una piacevole favola natalizia che riesce ad accontentare  grandi e piccini.

lunedì 26 dicembre 2011

Giorgio Bocca


Il giornalista Giorgio Bocca si è spento ieri nella sua casa di Milano, all’età di 91 anni.
Fra i fondatori del quotidiano La Repubblica, in tanti anni di professione ha raccontato, con i suoi corsivi e le sue inchieste, la storia del nostro Paese.

Su Repubblica.it il ricordo di Fabrizio Ravelli
  «C'è questo momento fondamentale: il partigiano Bocca che, deposte a forza le armi, decide che per "tenere in piedi la baracca" c'era di meglio che buttarsi in politica. C'era da raccontare un Paese, da viaggiare e riferire, da incontrare gente e interrogarsi.

E' quello che ha fatto per tutta la sua seconda vita, mai dimenticando quella prima da partigiano che l'aveva formato per sempre. La sua unica, sbrigativa lezione, risale sempre a quegli anni: "Il mestiere del giornalista è molte cose che si imparano: scrivere chiaro e in fretta, avere capacità di sintesi, non perdersi nei dubbi e nelle esitazioni, ma anche essere colto, aperto al mondo e alle sue lezioni, capace di emozioni, di solidarietà umana": E ai giovani che gli chiedevano quale fosse il segreto (e si chiamavano Egisto Corradi, Bernardo Valli, Angelo Del Boca, Alberto Cavallari, Gigi Ghirotti), Bocca riservava una piccola rivelazione: "Non preoccupatevi, se un segreto c'è, è quello che avete già in testa, il segreto di chi ha orecchio per i suoni del creato, di chi ha occhio per la caccia, dello schermidore che sa parare e tirare". (…)
E sempre volentieri Bocca è tornato sui luoghi della sua formazione, le montagne amate e vissute, di quando da "viaggiatore spaesato" (è il titolo di uno dei suoi libri più belli) riandava a rifugiarsi nella casa valdostana. Cercando il senso dello spaesamento nel silenzio della neve, scrutando aquile e gatti, alberi e prati. Nell'ultima pagina di "E' la stampa, bellezza! La mia avventura del giornalismo" consegnava brusco una piccola lezione: "Ecco, la chiarezza come dote regina del giornalismo. Spesso cambiata per faciloneria o irresponsabilità, ma da cercare sempre, in modo che alla fine del viaggio uno possa dire: non ho camminato alla cieca, non ho capito tutto, ma i nostri grandi vizi e le nostre umane virtù li ho riconosciuti"». http://www.repubblica.it/spettacoli-e cultura/2011/12/25/news/bocca_il_cronista_dell_italia_liberata_dalla_resistenza_al_nuovo_millennio-27109820/?ref=DRM-27206650-2

Altro interessante intervento, in ricordo del giornalista scomparso, è quello di Giuliano Ferrara (Il Foglio.it):
 Non starò a raccontare come e perché ce le siamo date di santa ragione tutta la vita, da quando ero un cucciolo e lui già un adulto cattivo con l’età dei miei genitori, e ce le siamo date da fegatosi, da irascibili, da fieri nemici assoluti su tutto, la politica, il terrorismo, la storia, il Partito comunista, gli azionisti, il fascismo, l’antifascismo, le rispettive ossessioni come Berlusconi, come Craxi, come la corruzione e la questione dell’etica, ma anche il giornalismo, la sua incerta e un po’ sozza morale, la corrività, l’indulgenza e la condiscendenza inguaribili della sua lobby editoriale di Repubblica e dell’Espresso.(...) Quel Giorgio Bocca che ora è morto a novantuno anni era un capitano, non il mio capitano, ma un capitano dello scellerato dovere di scrivere, di guadagnarsi il pane e molto companatico con le vite degli altri, con il maltrattamento della patria sempre evocata e sempre rozzamente servita, con la manipolazione e la dissimulazione oneste (ma fino a un certo punto), e con la secchezza scabrosa di un modo di battere a macchina furiosamente, una successione sillabica come un presto, prestissimo, che era come parlare a un vecchio registratore Geloso con la sorveglianza di qualche libro letto, di un codice sempre tradito, di una passione piena di narcisismo e di ignominiosa voluttà di vivere, imporsi, trionfare costi quel che costi, in tutta fretta.Bocca era un grande artista del pregiudizio. In questo mi era e ci era a suo modo maestro. Era un lucido beone, una razza che ho sempre apprezzato e invidiato, uno che non aveva mai paura di sputtanare e di essere sputtanato, un filibustiere con una deontologia da chirurgo, di quelli che se possono salvano e se non possono ammazzano, ma che sanno sempre di che si tratta quando ci siano di mezzo il sangue e il sentimento della vita umana fragile, imperfetta. Esibiva il pregiudizio, ne faceva una specie di potente e acuminato ferro del mestiere, un arnese di scasso della realtà, e la sapeva mettere in vetrina, la realtà che acciuffava come una preda, con furia animalesca, sessuale, per come la vedeva lui, e lui solo, e per come pensava dovessero vederla gli altri, i lettori comuni nella loro identità sbiadita ma necessaria, i lettori i nomenclatura, i politici, gli editori, i ricchi, i compagni e i nemici, i traditori e i leali, i fedelissimi e gli ambigui.         http://www.ilfoglio.it/soloqui/11688

Monotonia affliggente

Avanti con il progresso verso una vita sempre più comoda ma noiosa, verso una lingua sempre più insipida e inespressiva, alla portata di tutti. I mezzi di comunicazione sono abbondanti, onnipresenti, ma ripetono frasi di una monotonia affliggente. Chi ci ascolta potrebbe dire che siamo come gli inglesi che ci stupivano perché incontrandosi dicevano tutti le stesse cose sul tempo che fa, quasi sempre brutto, e sulla salute: "Oggi piove e come sta?". "Bene grazie".(...)
Stiamo vivendo una mutazione della civiltà simile per importanza a quella che ci fu quando la scrittura subentrò alla tradizione orale tale da cambiare il nostro modo di vivere e di pensare. Con l'abbondanza dei mass media, delle informazioni che ci arrivano a ogni ora del giorno, che ci riempiono le orecchie e la memoria, diminuirà l'esercizio della riflessione, del pensiero, dello spirito poetico e profetico. 

 Giorgio Bocca, L'Espresso - 21 maggio 2010

domenica 25 dicembre 2011

La via di Betlemme

Intervento di Enzo Bianchi, priore della Comunità monastica di Bose, su La Stampa:
Non dimenticate l’ospitalità: alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo. Questa esortazione della Lettera agli Ebrei - che fa riferimento alla vicenda di Abramo che a Mamre accolse tre pellegrini stranieri rivelatisi poi messaggeri di Dio - ci offre una chiave di lettura del Natale e del suo senso nella nostra società oggi.
Cosa sapevano gli abitanti di Betlemme di quella coppia in viaggio che cercava un riparo perché la donna incinta potesse partorire? Ne avessero sospettata l’identità, le avrebbero aperto le porte della loro casa, oppure si sarebbero limitati a tollerare che occupasse per un po’ una stalla in disuso? I pastori dei dintorni - gente emarginata nella società e nella comunità religiosa perché inadempienti agli obblighi cultuali e legali - mossi dalla spontanea solidarietà verso chi è costretto a pernottare all’aperto, decisero almeno di andare a vedere: e sappiamo tutti che, una volta che il nostro sguardo incrocia quello di una persona nel bisogno, ci è molto più difficile non prendercene cura... E quei tre sapienti di un’altra terra e di un’altra religione, cosa sapevano di quel bambino figlio di poveri? Cercavano un re, un inviato da Dio e trovano una famiglia di emigranti... eppure non esitano a colmarla di doni regali. E quei due anziani al tempio di Gerusalemme, come potevano riconoscere in un primogenito, figlio di una famiglia anonima, riscattato con due tortore, offerta dei poveri, il Messia, l’atteso per secoli da tutto il popolo?
Anche loro si limitano a prendere il piccolo tra le braccia, a tesserne le lodi, a immaginarne il futuro, come siamo portati a fare con qualsiasi neonato. Davvero un’apparizione nascosta, discreta, quotidiana, quella del figlio di Dio in mezzo alla sua famiglia, l’umanità intera: una presenza ordinaria che dice qualcosa in più solo a chi è disposto all’accoglienza. Quest’anno molti vivono un Natale più difficile del solito, non solo in quei luoghi dove la vita è sempre faticosa o dove testimoniare la propria fede è sovente a rischio fino alla persecuzione, ma anche nel nostro Paese, con sempre più persone in ristrettezze economiche. Questo dato si interseca con una sorta di ambivalenza legata alle festività natalizie: da un lato siamo quasi naturalmente più disposti ad atteggiamenti di benevolenza verso il prossimo, di bontà, di riconciliazione; d’altro canto tendiamo a vivere questi sentimenti «tra noi», all’interno della ristretta cerchia degli intimi. Ambivalenza che rende ancor più pesante la solitudine e la sofferenza di chi non ha persone care attorno a cui stringersi, di chi le ha perse, di chi le ha lasciate lontano nella speranza di preparare un futuro migliore per loro... Sì, a Natale ci sentiamo tutti più buoni, ma verso chi vogliamo noi, verso chi decidiamo che sia destinatario del nostro affetto. E in tempo di difficoltà economiche la tentazione è quella di rinchiuderci ancora di più nei nostri piccoli nidi rassicuranti.
Solidarietà e accoglienza paiono a prima vista più difficili nelle stagioni dure, nei momenti di difficoltà, soprattutto per chi non le ha assunte come proprio habitus nei giorni più propizi. E invece la storia, anche quella «sacra» legata alla nascita di Gesù, ci insegna che proprio i poveri, i nomadi, i viandanti, gli emarginati, gli stranieri sono le persone più capaci di accoglienza, di apertura all’altro, di condivisione del poco di cui dispongono. E basta conoscerli, parlare con loro, lasciarsi accogliere da loro per sentirli narrare le meraviglie degli incontri gratuiti che hanno avuto: sono storie di ordinaria straordinarietà, vicende di rapporti nati nell’emergenza e divenuti amicizie solide, avventure di un momento burrascoso trasformatesi in storie di amore fedele. Forse questo Natale potrebbe insegnarci qualcosa in merito: nello straniero che abita a pochi isolati da noi e che incontriamo per strada, nel senzatetto che si rifugia tra i suoi cartoni, nei nuovi poveri in coda per un pasto caldo, nell’anziano che fatica a riscaldare la sua stanza c’è un essere umano portatore di vita e di speranza, ci sono un cuore, un corpo e una mente che desiderano comunione, c’è una presenza dell’assenza lacerante della persona amata.
Chi può dire cosa troviamo se ci accostiamo all’altro senza pregiudizi e paure, se gli apriamo la porta del nostro cuore, se gli restituiamo quella dignità che è suo diritto inalienabile? Chi di noi ha guardato, dico «guardato», negli occhi un volto e si è sentito estraneo, soprattutto quando quel volto presenta i segni della sofferenza? Non lo si dimentichi: Dio si è mostrato in Gesù con tratti umanissimi perché ciò che era straordinario in Gesù non era nulla di religioso ma solo umano, umanissimo. Sì, Dio ha sembianze così umane che rischia di passare inosservato: per riconoscere l’altro in verità, l’unico sguardo lungimirante resta quello dell’accoglienza, oggi come a Betlemme duemila anni fa.

Buon Natale




sabato 24 dicembre 2011

Babbo Natale


da Google.it


Lucy: "Vuoi dire che Babbo Natale viene giù dal comignolo?"
Charlie Brown: "Huh Huh!"
Lucy: "E poi striscia fuori dal camino?"
Charlie Brown: "Huh Huh!"
Lucy: "E lo fa in tutte le case della città?"
Charlie Brown: "In tutto il mondo!"
Lucy: "Che modo strano di guadagnarsi la vita!


Noel Gallagher's High Flying Bird


Noel Gallagher's High Flying Bird è il disco con il quale Noel Gallagher debutta come solista, confermando la sua creatività musicale.
Per quasi vent’anni, con il fratello Liam, ha dominato il panorama musicale  internazionale con  gli Oasis, la band che ha meglio saputo rappresentare il movimento Britpop.
Poi è arrivata l’estate del 2009 e la lunga storia dei due giovanotti di Manchester è finita in tribunale fra reciproche accuse, dichiarazioni al veleno e sprezzanti ingiurie.
Scontri fratricidi che è meglio non rievocare in periodo natalizio.
Messo da parte il clima da “parenti serpenti”, ci piace sottolineare come il nuovo disco di Noel, vera mente artistica degli Oasis, sia un’opera piacevole e ben dosata.
Il pop ritmico della sua chitarra si adagia su dei brani semplici, melodici e orecchiabili. È il sound degli Oasis che, grazie a Noel, ritorna in maniera più intimistica fra pezzi acustici, ritmi veementi e sapienti armonie.
Gradevole.

Un senso a tante cose



"Sai che cosa penso 
Che se non ha un senso 
Domani arriverà 
Domani arriverà lo stesso 
Senti che bel vento 
Non basta mai il tempo 
Domani un altro giorno arriverà... 
Domani un altro giorno... ormai è qua! 
Voglio trovare un senso a tante cose 
Anche se tante cose un senso non ce l’ha".

Vasco Rossi, Un Senso (Testo di Gaetano Curreri)


giovedì 22 dicembre 2011

Un senso

“Mentre un tempo la vita e il mondo apparivano privi di senso perché miserevoli, oggi appaiono miserevoli perché privi di senso”.

                                   Gunther Anders, L’uomo è antiquato (Ed.Bollati Boringheri)

mercoledì 21 dicembre 2011

Cani e Gatti


da Google.it

In vista del Natale, due utili (e simpatiche) novità editoriali da destinare, come regalo, agli amanti degli animali domestici.
I libri in questione ci parlano di cani e gatti.
E’ difficile individuare il filo sottile che divide coloro che preferiscono accudire un gatto da tanti altri che accolgono nelle loro case un cane. In entrambi i casi l’interazione uomo-animale ha qualcosa di misterioso e ludico,  compresa la funzione terapeutica degli animali a quattro zampe, riconosciuta anche dalla medicina ufficiale.
A svelare inaspettate verità sui cani è il biologo John Bradshaw , con La naturale superiorità del cane sull’uomo (Ed.Rizzoli). Tra attualità e ricerca sul campo, il libro è una vera e propria indagine che parla dell’evoluzione comportamentale del cane nonché dei sentimenti complessi che il “migliore amico” dell’uomo è in grado di elaborare.
Negli Stati Uniti è divenuto un best seller.
Il giornalista de Il Foglio Stefano Di Michele, invece, regala ai lettori la storia (autobiografica) di chi da sempre aveva giurato che mai un gatto sarebbe entrato nella sua casa: «Perché io un gatto proprio non lo volevo – prima di averne due. E prima di sapere che adesso, e fino a quando vivrò, sempre gatti nel mio orizzonte ci saranno. Senza, non lo riconoscerei questo orizzonte – una desolazione, un deserto, una steppa gelida».
Borges e Camilla. Gatti, amori e altri disastri (Ed. Il notes magico) delinea la trasformazione comportamentale di un uomo nel suo rapporto con due mici (Borges e Camilla) che, casualmente, hanno “invaso” il suo territorio casalingo.



martedì 20 dicembre 2011

Esoneri


Nonostante l’incertezza dei tempi (fra spread impazziti, prezzi che volano, capelli che rizzano e tasse che lievitano più di un natalizio panettone),  non ci sorprende per niente  l’ennesimo esonero deciso dal Presidente del Palermo Calcio.
Per non perdere il conto: con l’esonero di Davis Mangia, diventano 46 (quarantasei!) i cambi di allenatore che Maurizio Zamparini ha messo in atto nella sua lunga carriera, venti dei quali come dirigente del Palermo.
E naturalmente non ci stupiscono le affermazioni su Devis Mangia, risalenti a poche settimane fa.

-Intervista a SportMediaset del 5 novembre 2011 :
“Devis Mangia è nato mister, mi ricorda Napoleone. Quando l'ho visto lavorare al primo allenamento sul campo ho osservato con particolare attenzione la reazione dei giocatori, della squadra. Dopo 15 minuti ho notato che già tutti lo seguivano attenti e allora ho esclamato subito: 'Questo è un allenatore vero sul serio, è nato mister!'”. 


-Intervista a Repubblica del 22 novembre 2011:
“Mangia non si tocca, il suo destino non è nelle mani di Rossi. Dirò di più: se Delio è stato con noi due anni, Mangia resterà ancora più a lungo”.
  

lunedì 19 dicembre 2011

Grandi a confronto

Vincino (da vanityfair.it)

Regole

"Dicono che siamo intelligenti. E' vero. Il problema è che vogliamo esserlo a tempo pieno. Voi stranieri restate sconcertati dalle trovate a raffica, dalle girandole di fantasia, dalle esplosioni alternate di percettività e pignoleria: insomma, dai fuochi d'artificio che partono dalla testa di noi italiani. Un inglese, invece, può essere stupito ogni ora, un americano ogni mezz'ora, un francese ogni quarto d'ora. Non ogni tre minuti: altrimenti si spaventa. Ecco perché, in Italia, le norme non vengono rispettate come in altri paesi: accettando una regola generale, ci sembra di far torto alla nostra intelligenza. Obbedire è banale, noi vogliamo ragionarci sopra. Vogliamo decidere se quella norma si applica al nostro caso particolare. Lì, in quel momento". 
                                                Beppe Severgnini, "La testa degli italiani" - 2008 Ed.BUR

domenica 18 dicembre 2011

Per non dimenticare


Ieri cortei in tutto il paese per ricordare i due senegalesi barbaramente uccisi a Firenze.
Migliaia di persone nel capoluogo toscano hanno sfilato contro il razzismo.
Per non dimenticare, come giustamente scrive in prima pagina il quotidiano di Firenze La Nazione.

Riapparizione


L’evocazione è andata a buon fine, anche se c’è già chi sostiene che era più dignitoso il suo silenzio.
Il rito domenicale di Luca Annunziata su RaiTre ha fatto riapparire Giulio Tremonti.
L’ex superministro dell’economia critica tutti e, naturalmente, attacca la manovra del governo Monti: "E' troppo sbilanciata dal lato delle tasse. Un pensionato si ritrova bolletta, pieno di benzina, riscaldamento, casa, addizionali e tra poco anche l'Iva. Tutto questo è eccessivo. Il rigore poteva essere fatto soprattutto riducendo la spesa pubblica". 
Riguardo all’attuale posizione dei suoi colleghi di partito è esplicito: “Mi fa effetto vedere alcuni del Pdl che prima dicevano di no a certe cose essendo al governo e adesso dicono di “sì” alle stesse cose non essendo al governo”.
Immediate critiche a destra e a manca sulla “resurrezione” del ministro.
Per nulla diplomatica l’immediata reazione del senatore del Pdl Raffaele Lauro:  «Nessun uomo di governo dell'economia, nella storia d'Italia, ha avuto in mano una concentrazione di potere decisionale e per un tempo tanto lungo, come Giulio Tremonti. Neppure grandi riformatori, come Luigi Einaudi ed Ezio Vanoni. Dopo aver commissariato il governo di centro-destra – ha sottolineato il membro Pdl della commissione Affari costituzionali - con il sostegno della Lega, dopo aver condizionato Berlusconi, insolentito ministri e operato scelte traumatiche per il sistema economico nazionale, senza pensare mai alla ripresa, un Tremonti resuscitato, pontifica, ora, sul futuro. Avrebbe fatto meglio a tacere. Di lui non si ricorda alcuna riforma strutturale, tranne quella di aver devastato socialmente il nostro Paese con il trionfo del gioco d'azzardo». 

sabato 17 dicembre 2011

Clonazioni




Missing


Che fine ha fatto Giulio Tremonti?
Sono in tanti a chiedersi dove si trovi o se sia veramente mai esistito. Nessuno ne sa più nulla.
L’ex.Superministro economico del IV^ governo Berlusconi sembra essersi volatilizzato. Scomparso. Desaparesidos. Nessuna notizia. Roba da allertare il programma “Chi l’ha visto?”. Sulla prima pagina de "il Giornale" di giovedì scorso, anche Marcello Veneziani si pone la domanda e giocherella sulla sparizione.
“Non si sa più nulla di lui. Fu erroneamente imballato tra i cartoni del trasloco dal ministero? Ha mutato sesso e connotati a Casablanca? È fuggito con Marco Milanese in Patagonia? Finì in una retata in un rave party in Valtellina? Lavora sotto falso nome come cassiera in una trattoria per camionisti dell’Uzbekistan? Prese i voti e si fece suora di clausura? Fu trafugata la sua salma dall’odiato Brunetta? È andato a vivere in Padania, che non esiste e dunque è passato alla clandestinità pure lui?
Vive in un bunker hi-tech sotto la sua abitazione di Sondrio? Confeziona pacchi bomba contro Equitalia? Porta la contabilità della ‘ndrangheta a Milano? Si è barricato in casa a giocare con le bambole e gli eurobond?
Studia le particelle fiscali nel laboratorio del Gran Sasso, dal cui traforo spera di sbucare in Svizzera, stando alle indicazioni di una sua ex collega? Fa la tata a casa Monti, ma il suo contratto di badante non prevede giorni di libera uscita? Sale però il sospetto che Tremonti non sia mai esistito.
E se fosse stata un’invenzione di Berlusconi per spaventare gli altri ministri, i governatori e i banchieri e per scaricare sulla sua mitica figura e la più mitica crudeltà mentale tutti i provvedimenti dolorosi e impopolari che era costretto ad assumere? Tremonti in realtà non esiste, era un robottino teleguidato, come si poteva evincere dal suo goffo incedere, i suoi gesti automatici e la sua voce metallica, chiaramente disumana. Ora sarebbe in riparazione dai tecnici”.


venerdì 16 dicembre 2011

Dibattere


Prima legge del dibattito

Non discutere mai con un idiota: la gente potrebbe non notare la differenza.

        Arthur Bloch, La Legge di Murphy (1977)

Spregiudicatezza


Sul Corriere della Sera di ieri, Sergio Romano affronta le difficoltà che sta incontrando il governo Monti, la fragilità politica di una solidarietà nazionale, i giochi di potere dei parlamentari e la “spregiudicatezza” del partito di Umberto Bossi.



Come non essere d’accordo con l’ex ambasciatore quando scrive che: “Dietro le difficoltà frapposte al governo di Mario Monti vi è la vista corta di coloro che non hanno altro orizzonte fuor che quello della prossima scadenza elettorale. Non si chiedono che cosa accadrà dell'Italia se i mercati continueranno a scommettere contro il suo piano di risanamento economico e finanziario. Si chiedono soltanto che cosa accadrà delle loro modeste persone quando il Paese sarà chiamato alle urne. E se il prezzo della rielezione è rappresentato da qualche cedimento all'Italia delle mille famiglie corporative, sono pronti e premere perché venga pagato dal governo”.
E con riferimento al partito di Bossi, così continua: “La Lega è ancora più spregiudicata. Il partito di Umberto Bossi non ha né memoria né programmi. Dimentica di essere stato al governo per più di tre anni. Dimentica di avere sottoscritto tutte le manovre di Giulio Tremonti e di avere avuto accesso, in quel periodo, a tutti i dati sulle reali condizioni economiche del Paese. Chiamato a parlare del futuro, brontola soltanto qualche sgangherata battuta sulla secessione e l'indipendenza monetaria della Padania. Declama slogan contro gli speculatori, i banchieri e gli affaristi, ma si comporta come i mercati quando scommettono contro un'azienda o un Paese e fanno di tutto perché la loro previsione si realizzi. Sa che nella società italiana, come in ogni altra società europea, vi sono legittime preoccupazioni per il futuro e spera soltanto di trasformarle in voti per sé stessa. Non partecipa alla discussione sulle misure da prendere e le cose da fare. Vuole soltanto le elezioni il più presto possibile ed è pronta a trattare qualsiasi dibattito parlamentare come l'occasione di un comizio preelettorale”.

giovedì 15 dicembre 2011

I Tartassati

I Tartassati è un film del 1959, per la regia di Steno.
Il signor Pezzella (Totò) per non pagare le tasse, fa di tutto per corrompere il maresciallo Topponi della tributaria (Aldo Fabrizi). Pur di farselo amico le proverà tutte, a cominciare dalla tattica di uniformarsi alle idee dello scomodo "ospite".
Aldo Fabrizi (Maresciallo Topponi): Come la pensa lei?
Totò (Cavalier Pezzella): Come la pensa lei.
Maresciallo Topponi: Ma io non la penso come lei.
Cavalier Pezzella: E come la pensa allora, scusi? Allora ha cambiato idea?
Maresciallo Topponi: E daje... se mi fa finire, io dicevo: all'epoca della buonanima di mia nonna.
Cavalier Pezzella: Aaaaah... ma allora lei è anti, come me! Io sono anti.
Maresciallo Topponi: Lei prima non ha detto che era anti. Ha detto che era pro.
Cavalier Pezzella: Ho detto pro?
Maresciallo Topponi: Eh già.
Cavalier Pezzella: Mi sarà scappato un pro, ma io sono anti, mi guardi bene, maresciallo, dico stiamo qui...... a sottilizzare le parole ! Mi sarà scappato e non me ne sono accorto, abbia pazienza. E poi che diavolo: siamo tutti italiani! Siamo italiani! Abbiamo fatto la guerra! Maresciallo mio! Tuppe-tuppe-marescià! Ta-ta-ta-ta-ta-taà!