Sul
Corriere della Sera di ieri, Sergio Romano affronta le difficoltà che sta
incontrando il governo Monti, la fragilità politica di una solidarietà
nazionale, i giochi di potere dei parlamentari e la “spregiudicatezza” del
partito di Umberto Bossi.
Come non essere d’accordo
con l’ex ambasciatore quando scrive che: “Dietro le difficoltà frapposte al
governo di Mario Monti vi è la vista corta di coloro che non hanno altro
orizzonte fuor che quello della prossima scadenza elettorale. Non si chiedono
che cosa accadrà dell'Italia se i mercati continueranno a scommettere contro il
suo piano di risanamento economico e finanziario. Si chiedono soltanto che cosa
accadrà delle loro modeste persone quando il Paese sarà chiamato alle urne. E
se il prezzo della rielezione è rappresentato da qualche cedimento all'Italia
delle mille famiglie corporative, sono pronti e premere perché venga pagato dal
governo”.
E con riferimento al
partito di Bossi, così continua: “La Lega è ancora più spregiudicata. Il
partito di Umberto Bossi non ha né memoria né programmi. Dimentica di essere
stato al governo per più di tre anni. Dimentica di avere sottoscritto tutte le
manovre di Giulio Tremonti e di avere avuto accesso, in quel periodo, a tutti i
dati sulle reali condizioni economiche del Paese. Chiamato a parlare del
futuro, brontola soltanto qualche sgangherata battuta sulla secessione e
l'indipendenza monetaria della Padania. Declama slogan contro gli speculatori,
i banchieri e gli affaristi, ma si comporta come i mercati quando scommettono
contro un'azienda o un Paese e fanno di tutto perché la loro previsione si
realizzi. Sa che nella società italiana, come in ogni altra società europea, vi
sono legittime preoccupazioni per il futuro e spera soltanto di trasformarle in
voti per sé stessa. Non partecipa alla discussione sulle misure da prendere e
le cose da fare. Vuole soltanto le elezioni il più presto possibile ed è pronta
a trattare qualsiasi dibattito parlamentare come l'occasione di un comizio
preelettorale”.