«L'idea di un tour con un gruppo rock sulle prime mi spaventò, ma il rischio ha sempre il suo fascino: forse in una vita precedente ero un pirata, e così una parte di me mi diceva di accettare.
Da un’intervista a Fabrizio De André
"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".
Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)
«L'idea di un tour con un gruppo rock sulle prime mi spaventò, ma il rischio ha sempre il suo fascino: forse in una vita precedente ero un pirata, e così una parte di me mi diceva di accettare.
Da un’intervista a Fabrizio De André
Gli uomini fuggono da chi dice sempre le stesse cose. Ma se uno le dice con sufficiente arroganza, da costui si lasciano dominare.
Elias Canetti (1905 – 1994), La tortura delle mosche (Ed. Adelphi - 1993)
Nonostante aumenti la consapevolezza sul tema, l’emergenza non finisce. Il fenomeno così diventa sistemico. Novantasette donne uccise. Anche nel 2024, la violenza di genere non è passata di moda. Tanto che una donna su tre dichiara di averne subito almeno una volta nella propria vita. E mentre le facciate dei palazzi e le panchine si tingono di rosso e le piazze si riempiono di striscioni, il colore dell’indignazione sbiadisce, giorno dopo giorno. Ne è prova il fatto che per il 30 per cento dei giovani la gelosia è una dimostrazione d’amore, percentuale che sale al 45 per cento tra i 14-15enni, secondo la ricerca “Giovani Voci per Relazioni Libere”, condotta da Differenza Donna tra ragazzi e ragazze tra i 14 e i 21 anni. Il sintomo di una deriva culturale ed educativa che rende il problema tutt’altro che superato. Nel 2023, i femminicidi hanno costituito quasi il 36 per cento di tutti gli omicidi, con 17.789 casi di maltrattamenti familiari, 12.061 atti persecutori e 5.421 violenze sessuali. I dati mostrano che la violenza avviene principalmente nell’ambito familiare e della coppia, con il 41% degli omicidi compiuti dai partner attuali e il 12,8% da ex partner. Gli uomini sono responsabili del 93,3% degli omicidi, mentre le donne rappresentano solo il 6,7%. In Italia, le donne sono uccise dai partner o ex partner nel 51,5% dei casi, mentre le straniere nel 68,7%. I femminicidi costituiscono l’82% degli omicidi delle donne. Per quanto riguarda la sicurezza, le donne si sentono significativamente più insicure rispetto agli uomini, con una maggiore propensione a evitare di uscire di sera per paura. […] Il 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, non è solo una data simbolica, ma un invito a riflettere su un fenomeno che ancora oggi segna la vita di molte donne in tutto il mondo. Sono 21.842 le donne accolte dai Centri della Rete D.i.Re (Donne in rete contro la violenza) nei primi 10 mesi dell’anno. Numeri che, proiettati sui 12 mesi, arrivano a 26.210, con un incremento potenziale rispetto al 2023 di 3.125 donne. Il che significa 2.184 richieste di aiuto ogni mese, contro le 1.924 del 2023. “Anche quest’anno i numeri crescono e sempre più donne ripongono fiducia nell’esperienza e nella competenza delle nostre attiviste, rispondendo alle nostre sollecitazioni - dichiara Antonella Veltri, presidente D.i.Re -. Sono sempre di più, infatti, le donne che decidono di uscire da situazioni di maltrattamento o violenza rivolgendosi a uno dei nostri centri, dove sanno di trovare un’accoglienza non giudicante e sicura, che garantisce l’anonimato, con la gratuità dell’affiancamento nel percorso di uscita - continua Veltri -. Questo dato ci spinge a proseguire con determinazione e tenacia la nostra azione per il contrasto alla violenza maschile, cercando anche di rinforzare le attività di prevenzione che portiamo nella società tutta, dalla scuola dell’infanzia alle piccole e grandi aziende del territorio italiano”. Secondo il “Rapporto ombra” 2024, frutto del lavoro di più di trenta tra esperte di diritti delle donne, associazioni, organizzazioni sindacali e internazionali coordinate da D.i.Re, “lo Stato italiano non ha seguito un approccio sistemico e strutturale nel colmare il gender gap. Non ha implementato politiche o strategie di investimento riguardanti il caregiving, il lavoro, l’empowerment, lo status economico, la segregazione verticale e orizzontale delle donne, gli stereotipi e la violenza contro le donne”. Persiste l’inesorabile tendenza a reinterpretare e ridefinire le politiche di pari opportunità come politiche di famiglia e maternità, spiegano le esperte. Un approccio limitato che non risolverà mai il problema.
Simona Musco, Il Dubbio (25/11/2024)
Ormai hanno vinto anche alle elezioni i supermiliardari che non si sa come hanno fatto i soldi o forse sì, tipo Trump, e subito si sono presi il ricco dei ricchi, quello che chiamandosi Musk può aiutare i poveri a restare più poveri ma contenti. Ci mancava Cattelan per dare il colore dell’arte anche a chi ha i mobili di casa d’oro (forse finto o forse no), e per fortuna adesso c’è: l’acquirente è un magnate cinese, felice e contento di aver partecipato all’asta a New York prendendosi una celebre e puzzolente opera d’arte, che partiva venduta in precedenza a 120 mila dollari, e dopo una raffica di dollari in pazza salita, è stata venduta per 6,2 milioni. Il compratore è Justin Sun, possessore di miliardi in bitcoin, che ha annunciato felice: «Adesso me la mangio». L’opera, guardata con sospetto anche da chi l’ha appiccicata al muro di Sotheby’s a New York, con quel modesto pezzo di scotch, piccolissima meraviglia dell’arte, ha un nome grandioso: Comedian. E tutti quei soldi adesso che fine faranno? Quanto saliranno le quotazioni di Cattelan? E che cosa farà adesso l’artista? Chissà se in questo momento è a casa sua, pensando magari di creare prima o poi, visti i tempi, un’opera con protagonista un Trump nudo. Del resto viviamo non solo nell’epoca dell’inglese sfoggiato da Raffaele Fitto, ma anche e soprattutto in quella della grande passione per i ricchi ricchi. In cui, in particolare, le tante signore trumpiste si chiedono come si fa a diventare ricchi ricchi, senza sapere fare nulla. Io ricordo Maurizio Cattelan nel periodo di massimo spolvero, nel 2011 a New York alla stupendissima mostra intitolata All,“Tutto”. E già allora c’era chi si chiedeva se l’uomo era il solito pasticcione, per di più italiano, oppure il divino Cattelan. Su, dall’alto, le forme vuote e precipitose delle sue opere, come appese a un filo al Guggenheim, parevano una meraviglia. E pazienza se gli oggetti erano sempre pensati per scandalizzare, come — citando alcune delle sue creazioni più discusse — il Papa caduto e il cavallo appeso, Hitler in ginocchio e il cane impagliato, lo scheletro di un gatto gigante lungo otto metri, un bambolotto con la faccia di Picasso, una gran quantità di bambini impiccati, che avevano inorridito Milano da un albero di periferia. Poi, si sa, arrivano i momenti difficili, in cui perfino lui non sa quale direzione prendere. Potere seduttivo di Cattelan: nel 2002, un suo affezionato collezionista inglese gli chiese un ritratto della madre anziana e lui la configurò rattrappita dentro un frigorifero. La famiglia Brown era molto incerta, poi acconsentì e Betsy ebbe la ventura di morire prima di vedere il risultato: i familiari hanno fatto sapere di trovare conforto dalla scultura di cera poliestere e capelli umani, considerandola come un monumento alla memoria.
Natalia Aspesi, la Repubblica (22/11/2024)
"Grazie per avermi supportato e sopportato". Chi lo ripete non ha, in tutta evidenza, alcuna cognizione della sua estrema diffusione, che è tale da impedirgli ormai di strappare neppure mezzo sorriso. Il binomio costituito dai due participi (peraltro cugini strettissimi per etimo) si presenta alla mente del parlante con seduzione quasi obbligativa, da quando il verbo inglese "to support" ha visto ambientarsi disinvoltamente il suo adattamento all'italiano presso i parlanti della nostra lingua. Chi dice "grazie per avermi supportato" non può quasi fare a meno di dire "e per avermi sopportato!" , aggiungendo così una sorta di autocritica melodrammatica. Un po' come dire: "Era dura ma ce l'ho fatta grazie al tuo appoggio e riconosco come tu non me lo abbia fatto mancare neppure quando i miei comportamenti avrebbero indotto a maledirmi lo stesso Giobbe". Se si potesse concepire una classifica del genere forse diremmo che nella graduatoria dei binomi arguti più ripetuti in italiano "supportato e sopportato" promette di raggiungere e superare il finora inarrivabile campione nazionale, che è, senza ombra di dubbio: "oneri e onori". Curioso che in entrambi i casi l'associazione sia fra qualcosa che solleva (il supporto, l'onore) e qualcosa che grava (l'onere, il sopportare).
Stefano Bartezzaghi, Lapsus - la Repubblica (1/9/2024)
Parthenope
È perché siamo intrappolati nella nostra cultura, nel fatto che siamo esseri umani su questo pianeta con i cervelli che abbiamo, e due braccia e due gambe come tutti. Siamo così intrappolati che qualsiasi via d'uscita riusciamo a immaginare è solo un'altra parte della trappola. Qualsiasi cosa vogliamo, siamo ammaestrati a volerla.
Chuck Palahniuk, Invisible Monsters (ed. Mondadori - 2000)
Nell’età di Internet lo spionaggio viaggia attraverso i supersilenziosi archivi informatici dove ciascuno di noi ha depositato i propri dati sensibili: conti bancari, informazioni sanitarie, fiscali, previdenziali ed e-mail. Non è più necessario origliare i discorsi, come avveniva all’epoca in cui il tiranno di Siracusa, Dionisio, usava il cosiddetto “orecchio” per ascoltare i discorsi dei prigionieri e carpirne i segreti. L’evoluzione tecnologica fa sì che ciascuno di noi lasci evidenti e continue tracce di sé in ogni luogo dove passa, e i luoghi non sono più quelli fisici, bensì immateriali, che raggiungiamo con il computer, lo smartphone, i tablet, le carte magnetiche e altri strumenti similari. Là vige il silenzio dei dati, composti da stringhe digitali o da serie di algoritmi che, a differenza di noi stessi, parlano e raccontano in modo neutrale e asettico i nostri possibili segreti. Se anni fa il nome dell’orecchio elettronico era Echelon, mitica centrale d’ascolto e registrazione di tutto, oggi non è più necessario evocare centri sovranazionali per catturare notizie e informazioni, ma basta una società tutta italiana d’investigazioni che recherebbe, a quanto riferiscono i magistrati, il nome di “Equalize” la cui traduzione è: “pareggiare, uguagliare”. Il tema della sicurezza è antico come l’umanità, se anche Jhavè ascolta quello che fanno e dicono Adamo ed Eva nell’Eden, come scrive il musicologo e filosofo francese, Peter Szendy, in Intercettare. Estetica dello spionaggio (Isbn edizioni). Certo in una epoca d’avanzata secolarizzazione nessuno pensa più che un essere sovrannaturale ci stia ascoltando, e tuttavia l’orecchio delle spie è divinamente onnipresente. Ma più che di orecchio dovremmo parlare di occhio, visto che i dati sensibili sono più letti che ascoltati; […] L’effetto della digitalizzazione dei dati che ci riguardano avviene in un contesto, la Rete, multidirezionale. Persino i sondaggi, le inchieste campione, i dati raccolti in modo palese, oltre che occulto, dicono molto di tutti noi, anche se non sempre identificano la singola “voce” di chi parla. Siamo immersi in una condizione dove la sicurezza — il cui etimo è “guardarsi dietro” — appare un elemento difficile da garantire in modo totale. Tutto questo si mescola con la tendenza degli esseri umani ad ascoltare. Mossi da una curiosità spasmodica, alimentata anche dall’orizzontalità dei media moderni, tutti ascoltano, o vorrebbero ascoltare, la vita degli altri, naturalmente senza capire che tutto è insieme assolutamente reciproco. La spia perfetta, al di là e al di sopra d’ogni intercettazione, non esiste più. L’informazione è da tempo la moneta di scambio più preziosa, il cui valore economico non è più legato al denaro, ma alla possibilità di usare l’informazione stessa come valuta. […] Come potremo difenderci dalla società dell’“ascolto totale” in cui viviamo? Non è facile. Non ci è riuscito nessuno, neppure Unabomber, isolato senza telefono e cellulare in una capanna nel Montana. Come ha scritto il fondatore della moderna sociologia Georg Simmel in suo saggio del 1906: “Un segreto noto a due persone non è più un segreto”. La lotta per il segreto è cominciata da un po’, e presumibilmente è senza fine.
Marco Belpoliti, Repubblica (27/10/2024)
È stato facile decodificare i messaggi di congratulazioni arrivati a Donald Trump. Da una parte c’erano gli entusiasti come l’ungherese Viktor Orbán o l’israeliano Benjamin Netanyahu; dall’altra gli inquieti, a cominciare dall’ucraino Volodymyr Zelenskyj; e infine quelli che hanno scelto l’approccio business as usual come Emmanuel Macron, che ha partecipato a un primo colloquio telefonico con il presidente eletto come se la vita continuasse normalmente. Ma non sarà così, e lo sappiamo bene. La vittoria di Trump non è il risultato di una semplice alternanza democratica, ma il segnale di una svolta in un momento di ridefinizione dei rapporti di forza a livello mondiale. La personalità e le posizioni politiche del prossimo leader della prima potenza mondiale avranno effetti su tutti i continenti, sulla pace e sulla guerra, sull’economia e sul clima. Per immaginare la politica estera della seconda era Trump non esistono manuali. Fanno fede l’esperienza del primo mandato, dal 2016 al 2020, e quello che sappiamo delle sue inclinazioni e dei suoi punti fermi. Prima di tutto, se vogliamo analizzare la visione internazionale di Trump, dobbiamo rinunciare alle griglie di lettura tradizionali. Il futuro presidente non è isolazionista (come lo sono stati gli Stati Uniti in alcuni momenti della loro storia), ma non è neanche internazionalista (come lo è stato in passato il partito repubblicano). Trump sarà spietato nel campo della diplomazia economica, come dimostra il fatto che brandisca la minaccia dei dazi contro gli europei, i cinesi e tutti quelli che a suo parere danneggiano gli Stati Uniti. Poi c’è la questione delle alleanze: la Nato, i trattati con la Corea del Sud, il Giappone e in una certa misura Taiwan. Per Trump non c’è niente di sacro, come abbiamo potuto verificare durante il suo primo mandato. Allo stato attuale nessuno conosce le sue reali intenzioni sui temi più caldi, al di là di qualche frase. La prima indicazione arriverà dalla scelta dei componenti della sua squadra. Il 6 novembre il Financial Times ha scritto che Richard Grenell potrebbe essere il prossimo segretario di stato. Se così fosse, sappiamo cosa aspettarci. Grenell, molto vicino a Trump, è stato ambasciatore in Germania durante il primo mandato del futuro presidente e le sue ingerenze coloniali hanno spinto Martin Schulz, ex presidente del parlamento europeo, a definirlo “un ufficiale coloniale di estrema destra”. Poi c’è il ruolo di Elon Musk, capo di X, della Tesla e della SpaceX, che sembra entrato nella cerchia ristretta dei fedelissimi di Trump e incarna il nuovo peso delle aziende tecnologiche nei rapporti geopolitici. Quale sarà il suo margine di manovra nella prossima amministrazione? Di sicuro Musk avrà un peso rilevante a livello internazionale, dove tra l’altro è già molto influente attraverso la sua galassia di aziende, con le sue contraddizioni, i suoi interessi, i suoi investimenti in Cina e la sua visione libertaria. L’unica certezza è che stavolta non ci saranno “adulti nella stanza”, come erano stati soprannominati i generali e i rappresentanti dell’establishment che durante il primo mandato avevano cercato di arginare gli eccessi di Trump. Nel suo secondo mandato Trump vorrà liberarsi di quello che chiama “lo stato profondo” e si appoggerà a Project 2025, un programma preparato dall’Heritage foundation, organizzazione di estrema destra che ha stilato una lista di alti funzionari da sostituire. Dunque sarà un Donald Trump senza freni quello che farà il suo ritorno sulla scena internazionale, con una sola parola d’ordine: “Make America great again”. E tanto peggio per gli altri.
Pietre Haski, France Inter (7/11/2024) - da internazionale.it
Leggere l'America è come esaminare un mosaico. Se si guarda l'insieme non se ne scorgono le componenti, le singole tessere, ognuna di colore diverso. Se ci si concentra sulle tessere, si perde di vista il quadro generale.
Robert Hughes (1938 - 2012), Cultura in un corpo civile lacerato
Probabilmente si è trattato di un effetto “goccia fredda”, una massa d’aria che si è separata dal flusso globale delle correnti che si muovono da Ovest verso Est e, questa volta, è atterrata in Spagna. Una prossima volta potrebbe investire l’Italia, un’altra la Turchia. Quello che è certo è che si tratta di una perturbazione meteorologica a elevatissima energia, come quelle che dobbiamo aspettarci nel prossimo futuro, segnati come siamo da una crisi climatica senza precedenti. Il maggior contenuto energetico rispetto alle perturbazioni del passato spiega il fatto che in sole otto ore sia caduta, a Valencia, la stessa quantità d’acqua che, normalmente, cadeva in dodici mesi. Ma è l’avverbio “normalmente” che deve ormai essere abbandonato, in un contesto in cui non c’è più nulla di normale, se inteso come la regolarità di un certo tipo di clima a certe latitudini, il regolare alternarsi delle stagioni come le conoscevamo un tempo. Per questo ha pochissimo senso continuare a confrontarsi con il passato più lontano e si deve, invece, prendere come riferimento cosa è accaduto negli ultimi venti o trent’anni. La ricorrenza secolare dell’energia di certi eventi è spazzata via da quanto sta accadendo negli ultimi anni, un’accelerazione senza precedenti nel riscaldamento globale. Non siamo più di fronte ai fiumi ingrossati che esondano in pochissimo tempo (flash flood), che pure ci erano diventati famigliari, ma di fronte a una impressionante distesa di fango in movimento che ammanta ogni lembo di territorio e si scatena dove trova intoppi o infrastrutture chiaramente commisurate in altri tempi per altri climi. Anche in Spagna si è costruito molto e spesso in aree di pericolosità idraulica, ma le immagini dall’alto dell’Andalusia, specialmente se comparate con quelle delle isole Baleari dell’estate appena trascorsa, permettono di indicare chiaramente che qui caditoie e tombini, pulizia dei fiumi e nutrie c’entrano poco, qui l’unico territorio che c’entra è quello inesplorato in cui ci stiamo addentrando da un punto di vista climatico. Come conferma ciò che sta avvenendo lungo il margine settentrionale del Sahara e nella penisola arabica: alluvioni dovunque, con punte di 200 mm di pioggia in 48 ore per luoghi che ne registravano appena due in mesi. Decine di morti, danni che possiamo già stimare, globalmente, in miliardi di euro che hanno un solo responsabile, le attività economiche dei sapiens che hanno portato al record di concentrazione di CO2 in atmosfera e al record negativo di copertura glaciale sul pianeta Terra. Le notizie terribili che provengono dal clima che cambia violentemente dovrebbero spingere verso un’azione immediata e decisa l’umanità che, invece, continua a cullarsi nell’illusione che sarà il libero mercato a proporre soluzioni, quando è chiaro che è il problema. Il clima non ha confini, a prescindere da chi abbia contribuito di più (e, nel tempo, noi europei siamo senz’altro al primo posto), e necessita accordi internazionali obbligatori, non liberi, con organismi terzi di controllo, non basati sulla fiducia. Non c’è spazio per le vecchie soluzioni di adattamento, perché il clima cambia così velocemente che rischiano di diventare obsolete prima di essere messe in opera. Bisogna agire sulle cause, azzerare le emissioni clima alteranti, ma oggi, non nel 2050, perché non sappiamo come ci arriveremo. E in questa situazione catastrofica dobbiamo ancora perdere tempo con economisti senza scrupoli, pennivendoli della peggior risma, briganti e malfattori, mercanti di dubbi a un tanto al chilo che ci raccontano che, invece, le cose vanno bene e tutto dipende dal Sole o dai cicli di Milankovitch e dunque noi sapiens non possiamo farci un granché. E che Annibale aveva attraversato le Alpi e la Groenlandia era verde: un campionario di sciocchezze smentite dall’intera comunità scientifica di specialisti sul clima. Sulle cause dell’attuale crisi climatica la discussione fra gli scienziati si è chiusa da tempo con l’attribuzione delle responsabilità all’uomo, e si riaprirà solo con nuovi dati. Che al momento non ci sono. Ma restano i negazionisti, quelli che hanno come unico obiettivo prendere tempo per accumulare ancora profitti (questa l’unica ragione). Quando non sono ignoranti sono in malafede, ma comunque sono tutti correi, e a loro vanno assommate le enormi perdite di tempo, i tentennamenti, le incertezze, le politiche di contrasto deboli o inesistenti, così come i danni e le vittime. Almeno avessero, ora, il pudore di tacere.
Mario Tozzi, La Stampa (31/10/2024)
1. Blackfield, Sense of Insanity – (Blackfield IV – 2013) – Insanabile
2.
Tiziano
Ferro, Il regalo più grande – (Alla mià età – 2008) – Assenza
3. Billie Eilish, Bored
–
(2017) – L’educazione
alla noia
4. King Crimson, Eyes
Wide Open – (The
Power To Believe – 2003) – Più
intensamente
5. Papa Roach, State
of Emergency – (Metamorphosis
– 2009) –
Violazioni
6. Mike Oldfield, In
High Places – (Crises
– 1983) – Imbecillità
7. Ed Sheeran, Magical
– (Autumn
Variations – 2023) – Magical
8. Linkin Park, Burning
In The Skies – (A Thousand
Suns – 2010) – Obiettivi
bellici
9. Blur, Song 2 – (Blur – 1997) – Nel tuo corpo
10. Cesare Cremonini,
Quindo non sai – (Maggese
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11. Steve Winwood, Another
Deal Goes Down – (Refugees
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Winter, Cheap Tequila – (Still
Alive And Well – 1973) – Avarizzia
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Gianna
Nannini, Sogno – (Giannadream
– Solo i sogni sono veri – 1983) – Sognare