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"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

domenica 28 aprile 2024

Rullini

Ai tempi dei rullini Kodak, la maggior parte delle foto - poco lusinghiere, scentrate, scattate per sbaglio, sovraesposte dove tutti avevano gli occhi rossi come i ratti - era da buttare. Nessuno riusciva a capire come manovrare la messa a fuoco. Nessuno sapeva quando c’era bisogno di azionare il flash, o come farlo. La maggior parte della gente era sprovvista di qualsiasi senso estetico.si poteva passare al setaccio un intero rullino di foto freschi di stampa, con il loro aroma chimico che quasi inumidiva l’aria, senza trovarne una sola che non inquadrasse una parte del corpo meno turpe della regione direttamente sotto il vostro mento. Dopo aver premuto il pulsantino non sapevate che cosa era venuto fuori. Bisognava aspettare per scoprirlo, spesso una settimana o anche più prima che arrivassero i negozi di foto che te le stampavano in ventiquattro ore con una qualità di sviluppo un tanto al chilo. Tiravate fuori dalla macchina e rullino di plastica nera e lo portavate dal fotografo pieni di speranza; non vi ricordavate quasi più cosa c’era dentro, perché la pellicola costava e magari avevate impiegato mesi per completare il rullino, specie se era uno di quelli da 36 foto invece che da 24: e poi aprivate la busta e vi ritrovate con una sequela di mostruosità sfocate. […] Sfogliando gli album di foto di quell’epoca, sia l’impressione di imbattersi in un evo oscuro da un passato inesplicabile e a volte apparentemente folle, dove tutti i piangevano alle feste, avevano l’aria accigliata nelle rimpatriate tra i compagni di classe e sembravano tristissimi alle partite di baseball juniores del fratello. Mai che ci fosse qualcuno che aveva pensato di portarsi dietro una macchina fotografica, in quelle rare occasioni in cui eravamo al meglio di noi. Le foto di Scuola erano una documentazione implacabile dell’orrore: l’apparecchio ai denti, l’acconciatura con la riga da una parte, quello sfondo grigio a chiazze. Provavate a nascondere ai vostri genitori (che naturalmente ne avevano ordinato una serie a costo maggiorato) quella maligna busta 20 × 25, ma loro se la tenevano comunque, come se volessero farvi dispetto. Questi ritratti a cadenza annuale erano parte della storia della vostra infanzia! Per il resto dell’adolescenza, fuggivate via da qualsiasi adulto armato di una macchina fotografica. Da questa angolazione, è impossibile riuscire a comprendere l’affermazione dell’onnipresente selfie, una parola che nemmeno esisteva negli Stati Uniti fino al 2011. Chi poteva immaginare che così tante persone avrebbero adorato scattarsi delle foto. Che i teenager, queste creature così timide e impacciate, avrebbero passato pomeriggi interi a mettersi in posa e perfezionare le foto? Che i più anziani li avrebbero adorati a tal punto che le gite in pullman ormai programmano le soste non per consentire ai passeggeri di scattare le buone vecchie foto di panorami e monumenti, ma per fargli fare i selfie?

Pamela Paul, 100 cose che abbiamo perso per colpa di Internet (ilSaggiatore – 2022)

Canzone del giorno: Old Photographs (1973) - Charley Pride
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