In "The Game of Thrones" l'inverno arrivava sotto forma di tempeste di ghiaccio. Aveva qualche annodi ritardo, è vero, ma nemmeno in quella fiction si sognavano di far scivolare lastre di ghiaccio per le strade di Seregno ridotte a fiumi odi schivare superchicchi di grandine grossi come palle da tennis a Melzo, il tutto vedendo zigzagare tornado scuri e minacciosi a pochi chilometri di distanza, proprio dentro la capitale produttiva del Paese. E non in pieno inverno, ma nel cuore dell'estate 2023, contrassegnata da fenomeni estremi come difficilmente prima. Fenomeni simili si stanno ripetendo in altre parti del mondo, come stanno riprendendo quota gli spaventosi roghi che pensavamo di esserci lasciati dietro le spalle lo scorso anno: ancora in Grecia, questa volta nelle isole, fra poco in tutto il Mediterraneo, non essendo possibile escludere nessuna terra dall'attacco del fuoco, che da mesi divora anche la più grande foresta boreale primigenia nella British Columbia. Mentre ondate di calore sempre più feroci minano alla base la biologia degli ecosistemi e dei viventi, sapiens compresi. Per quanto possa apparentemente sembrare strano, l'insieme di questi fenomeni ha un unico minimo comune denominatore che si chiama cambiamento climatico: le quantità di calore sempre maggiori in atmosfera sono in grado di investire città e uomini, alimentare le correnti ascensionali che incrementano le dimensioni dei chicchi di grandine e seccare fiumi e boschi, dando più energia e spazio agli incendi. D'altro canto, tutta quella energia termica in sovrabbondanza viene evacuata attraverso perturbazioni meteorologiche a carattere violento che vanno dalla tempeste di ghiaccio ai tornado, dai temporali autoalimentati alle alluvioni improvvise. Gli specialisti del clima hanno dedicato particolare attenzione a questi fenomeni nei loro rapporti più recenti, riuscendo a prevederli quasi nel dettaglio e identificando con certezza la tendenza climatica globale al rialzo accelerato, anomalo e globale delle temperature medie dell'atmosfera e degli oceani. Un clima estremo, contrassegnato da eventi meteorologici fuori misura, fuori dalle regioni tipiche e fuori dalle stagioni usuali, questo quello che ci aspetta. La voce degli scienziati sulle cause dell'attuale cambiamento climatico è univoca come su pochi fenomeni fisici: del resto almeno mezzo secolo di studi e modelli climatici che puntualmente si avverano non possono essere smentiti dal solito ex-scienziato che trova un errore che nessuno aveva notato nei report climatici, o da chi presume volontà coercitive sull'umanità da parte di eco-terroristi portatori di un nuovo green pass da imporre alle poveri genti, mentre le lobby verdi lucrano profitti sui pannelli fotovoltaici che, si sa, sono peggio dei pozzi di petrolio. Di tutti gli articoli scritti da specialisti che studiano le cause del cambiamento climatico, oltre il 97% afferma che è causato dalle attività dell'uomo, con un livello di confidenza superiore al 95%. Ma, di fronte a questo dato, c'è ancora chi vorrebbe prendere tempo e, magari, arrivare alla certezza del 100%, ovviamente impossibile, prima di fare qualcosa. Curiosamente sono sicuro che gli stessi non mangerebbero affatto una pizza in cui la mozzarella fosse avvelenata non dico al 95%, ma neanche al 5%. E' vero, in molti articoli non c'è riferimento alla cause antropiche del cambiamento climatico, ma semplicemente perché non si occupano delle cause o perché le si danno per scontate, esattamente come non si ribadisce in ogni articolo sulla tettonica delle placche quale sia il meccanismo che la mette in atto: sono i moti convettivi nel mantello e non c'è bisogno di ripeterlo ogni volta. Perché è importante questo consenso scientifico schiacciante sulle cause del cambiamento climatico? Perché darebbe ai politici ampia giustificazione delle misure improcrastinabili che andrebbero prese, prima di tutte, quella di azzerare le emissioni climalteranti, partendo dalla cessazione di ogni forma di sussidio pubblico, anche velato, alle compagnie gas-petro-carboniere. E all'investimento di ogni risorsa, fino all'ultimo centesimo, in energie rinnovabili. Il prezzo della transizione energetica non dobbiamo pagarlo noi in bolletta, lo devono pagare le multinazionali dei combustibili fossili che, invece, stanno ancora investendo in trivellazioni future. Proprio mentre gli scienziati hanno informato che, se volessimo davvero mantenerci entro 1,5°C di incremento delle temperature atmosferiche nel prossimo futuro, dovremmo lasciare sottoterra per sempre il 90% del carbone e il 60% di gas e petrolio. Il cambiamento climatico è un fenomeno fisico e va trattato con metodo scientifico, non con approssimazione e negazionismo d'accatto. Se non piace ciò che gli scienziati suggeriscono, ci si prenda la responsabilità dei roghi, dei fiumi di ghiaccio in estate e delle grandinate fuori misura. Si vede che a qualcuno convengono.
Marco Tozzi, la Stampa (26/07/2023)
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