Il presidente egiziano ha graziato il giovane Zaki con sollievo generale. A destra si fa intendere che ciò è dovuto all'opera discreta, dietro le quinte, svolta dal nostro governo. A sinistra, ancora per bocca di Schlein, si preferisce parlare di successo della «mobilitazione» e non si riconosce alcun ruolo a Palazzo Chigi, di cui fino a poche ore prima si denunciava l'inerzia o la sudditanza nei confronti del Cairo. In realtà è difficile negare che ci sia la mano dell'Italia in questa buona notizia inattesa. Tanto che la vera domanda posta dall'opposizione dovrebbe essere: qual è la moneta di scambio? Ossia cosa ha chiesto al Sisi nei contatti riservati e cosa ha concesso (o promesso di concedere) l'Italia? Questo farebbe scivolare il discorso sulla politica mediterranea che Giorgia Meloni sta attuando, vedi la Tunisia e adesso l'Egitto. È una politica anche spregiudicata, dal momento che si fonda sul negoziato con autocrati e dittatori. Tuttavia l'opposizione fatica a definire un'alternativa che non sia solo il richiamo sacrosanto ma retorico ai diritti umani violati; o non si limiti a dire che la strategia della destra sui migranti "non funziona". In verità, se l'Italia contribuisce a stabilizzare l'area mediterranea, avrà compiuto un'opera fondamentale in sé e inoltre gradita all'amministrazione di Washington, specie in prospettiva, non meno dell'appoggio a Kiev. In altre parole, nel definire l'identità della destra di governo la coalizione guidata da Meloni sembra più avanti della sinistra nel suo campo. Naturalmente offre risposte di destra, come è logico.
Stefano Folli, la Repubblica (20/7/2023)
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