Si direbbe che l'Italia proceda a due velocità in quest'estate elettorale: gli aventi diritto al voto dimostrano di saper leggere la realtà meglio di coloro che si candidano a essere votati. Per capire come ciò sia possibile basta seguire le mosse degli uni e degli altri, passo dopo passo, in rapporto al contesto europeo che il Paese è oggi chiamato ad interpretare. Gli italiani nelle città, nei distretti produttivi e persino nei luoghi di vacanza stanno dimostrando una capacità di adattamento e reazione ai grandi choc che è passata ingiustamente sotto silenzio. Oggi molto di quel che accade in Europa arriva in Italia condensato in un numero: il prezzo del gas — principale fonte di energia nel Paese — che ieri è arrivato a costare quasi dodici volte i livelli ritenuti normali fino a poco tempo fa, un mai visto prima. Quanto a questo, l'Italia è fra i Paesi che negli ultimi mesi ha prodotto le risposte più convincenti e non solo per la capacità del governo di Mario Draghi di assicurare un riempimento degli stoccaggi più rapido che in gran parte dell'unione europea. Anche le famiglie, i lavoratori autonomi, gli imprenditori e i loro dipendenti stanno facendo la loro parte. Non si spiega altrimenti perché in luglio l'Italia,. senza misure vincolanti del governo, sia riuscita a ridurre i consumi di gas di quasi il 30% rispetto a un anno fa: più di Germania, Francia, 1 Spagna e molto più della media europea. Soprattutto è notevole che lo abbia fatto con una flessione di appena 1,2% della produzione industriale, segno che gli italiani si sono adattati a fare (quasi) altrettanto con molto meno. Lavorano di notte per tenere spenta l'aria condizionata nel capannone, magari. Ma hanno capito la situazione e aggiornato i loro software rapidamente. Già, e i partiti? Non è altrettanto chiaro che si stiano mettendo al passo. Sarebbe facile misurarli dalla riproposizione un po' stanca dei soliti cavalli di battaglia, dalla «flat tax» alla dote per i giovani, fino all'intramontabile passione grillina per bonus e sussidi. Prendiamo invece un criterio preciso: come si pongono rispetto al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) le due grandi coalizioni che si candidano a governare íl Paese? In fondo si tratta della grande scommessa europea di questi anni e naturalmente sul Recovery entrambe sono pronte a giurare, ingolosite dalla prospettiva di gestire gli oltre 200 miliardi. Eppure, non appena si cerca dietro la facciata del grande consenso bipartisan per l'Europa, si presenta un reticolo di incoerenze e ambiguità. Le si riscontrano nei silenzi sulla spending review prevista con il Piano di ripresa, così come nell'azione dei partiti in questi ultimi mesi o nei programmi diffusi fino ad ora, spesso privi di cifre. Ci sono casi in cui entrambi i grandi schieramenti si sono messi di traverso, in queste settimane, rispetto allo spirito o alla lettera del Pnrr. 112 agosto il disegno di legge sulla Concorrenza — una pietra miliare delle riforme del Recovery — è stato approvato in Parlamento monco di uno dei passaggi importanti proposti dal governo: l'obbligo per gli enti locali di giustificare prima all'Antitrust qualunque decisione di affidare senza gara un contratto di servizio a una società da esso controllata. Quell'idea serviva a far sì che aziende private capaci, intraprendenti e magari nuove — estranee alle reti clientelari — avessero almeno una chance di poter competere per offrire ai cittadini una raccolta dei rifiuti o delle mense scolastiche migliori e a costi più bassi. Sarebbe stata una svolta per centinaia di sistemi economici locali, in linea con le riforme richieste dal Pnrr. Ma la proposta è stata depennata da centrodestra e centrosinistra, entrambi felici di poter continuare a gestire il loro potere amministrativo nel vecchio modo. […] Così le forze che si candidano a guidare gli italiani sembrano rinunciare in partenza a parlare ai loro spiriti migliori. Offrono devozione a parole all'Europa e al Pnrr, ma non cultura del merito, concorrenza, educazione al rispetto della legge e delle tasse. Non a caso il 40% degli elettori — cifra record — non vuole votare o non sa per chi farlo: in quest'estate elettorale, i partiti stanno sottovalutando gli italiani.
Federico Fubini, Corriere della Sera (17/8/2022)
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