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"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

sabato 26 marzo 2022

Campioni del fondo

Campioni del fondo. L'Italia di Mancini toglie dall'imbarazzo tutti quelli che in questi mesi si erano ingegnati a fabbricare alibi plausibili e variopinti per una nostra eventuale eliminazione, dal bislacco regolamento dei play-off alla Lega Serie A che non ha concesso una settimana di lavoro supplementare agli Eroi di Wembley (non risulta del resto che macedoni e portoghesi siano in clausura da un mese). È la notte più nera della nostra storia calcistica e schiarisce persino l'impresa al contrario del 2017: perché quelle erano pur sempre Spagna e Svezia, non Svizzera e Macedonia del nord. È l'ideale punto d'approdo di una stagione vissuta in retromarcia, trascorsa a guardarci sempre indietro, ad accarezzarci l'anima con le parate di Donnarumma, gli “It's coming to Rome”, Chiellini che prende per la collottola Saka, senza contare che il calcio d'oggi viaggia velocissimo e ciò che sembra scritto nella pietra nel primo tempo non vale già più nel secondo, figuriamoci nove mesi dopo. Il primo responsabile, nelle parole e poi nelle disastrose scelte di Palermo, si chiama Roberto Mancini: proprio lui, che aveva annunciato e poi praticato il “cambiamento” risollevandoci dalle mestizie tavecchio-venturiane, è rimasto pietrificato dalla Medusa della propria gloria e da settembre non è più riuscito a muovere un muscolo né a farlo muovere alla sua squadra, a cominciare dal cuore. Aveva proprio ragione Kipling: il Trionfo e il Disastro sono due impostori che vanno trattati allo stesso modo. [...] Poteva servire, più in generale, preparare la non impossibile Italia-Macedonia guardando avanti, invece di limitarci a ripetere che siamo i campioni d'Europa? Anche perché quest'elementare constatazione, che rivolta a un gruppo di leader stile 2006 avrebbe risvegliato orgoglio e sani sentimenti sportivi al momento ideale, su questo gruppo ha avuto l'effetto opposto: il pensiero costante di avere tutto da perdere è stato il piombo che ha appesantito ogni giocata e rallentato ogni scelta. Se volete farvi del male riguardate l'azione fatale, una stilettata in stile Pak Doo-Ik che forse sarebbe stata parabile solo dal miglior Donnarumma (quindi non quello di quest'anno): dopo il controllo di petto di Trajkovski, Jorginho perde il passo alzando puerilmente il braccio per protestare, sperando nel tocco di braccio e concedendo al numero 9 macedone quel metro di spazio che gli servirà per caricare e sparare nell'angolino. E questo è il giocatore che è arrivato secondo al Pallone d'Oro: dimostrazione bruciante che il calcio di oggi non si volta indietro e non si ferma ad aspettare i grandi nomi che si sono attardati a scattare selfie e firmare autografi. [...] 67esima nel ranking FIFA, priva per squalifica del suo miglior giocatore, il sospetto è che una Macedonia tanto mediocre andasse sconfitta anche bendata. Il brutto è che non siamo nemmeno stati presuntuosi, come ci si potrebbe aspettare dai campioni d'Europa in carica. Non c'è stato nemmeno uno scatto d'ira, un calcione rigeneratore, uno sguardo paonazzo stile De Rossi (“dovemo vincé, no pareggià!”) in Italia-Svezia. Tutt'altro: siamo andati dolcemente alla deriva come ingenui bambinoni, cullandoci a oltranza, squadra e ct, sulla filastrocca dell'andrà tutto bene. Il lupo è arrivato, inesorabile, al 92'. Noi credevamo.

Giuseppe Pastore, Il Foglio (25/3/2022)

Canzone del giorno: Total Disaster (2018) - Rhett Miller
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