La cinica propaganda del regime putinano vuole cancellare dal
linguaggio dei suoi media il reale traumatico della guerra, trasfigurando la
tragedia in corso in terra ucraina in una “operazione speciale”. Si tratta di
una strategia che riflette più in generale la pratica sistematica, esercitata
da più di un ventennio, della censura e della repressione del dissenso. Solo
che in questo frangente il dissenso ha trovato come suo inquietante alleato la
sagoma della morte: quella dei soldati russi caduti sul fronte. Cosa fare dei
corpi dei soldati morti? Giovani mandati ignari e impreparati al fronte di una
lurida guerra di aggressione. I loro resti sono la denuncia più assordante nei
confronti del regime di Putin, lo svelamento della menzogna che vorrebbe negare
l’esistenza della guerra. E’ per preservare questa menzogna che il dittatore
vorrebbe cancellarli, renderli invisibili, farli evaporare. Non ci saranno,
infatti, funerali per le vittime russe di guerra; nessun rito di sepoltura,
nessun congedo simbolico, nessuna cerimonia di addio. La violenza
dell’ideologia infligge così una “seconda” morte alla “prima morte” uccidendo
per due volte i figli del suo popolo. Questa “seconda morte” è, se possibile,
ancora più disumana della prima. Cancellando i loro corpi, impedendo loro di
essere riconosciuti e salutati per un’ultima volta dai loro cari, vuole
manipolare orwellianamente gli eventi della storia. Come insegna Antigone,
l’assenza di rispetto per i vivi si rivela pienamente nell’assenza di rispetto
per i morti poiché è la morte a rivelare la natura pienamente umana della vita.
[...]Ma il carattere spietato di questo tentativo (impossibile) di negazione
della morte rivela probabilmente anche uno dei tratti più essenziali della
psicologia di Putin come, del resto, di ogni dittatore: l’Ideale (della grande
Russia) non può essere macchiato né ostacolato dall’orrore della morte. Non è
escluso che questa negazione della morte riguardi la vita personale di Putin,
il cui corpo (malato? invecchiato? sofferente?), come quello di tutti gli
esseri umani, è fatalmente intaccato dalla morte. Sarà questa prossimità alla
propria morte (marchio del limite che rende ogni vita finita) a spingerlo a
calpestare ogni limite, ogni confine, ogni diritto, ogni Legge? Sta
rivendicando così, spargendo la morte ovunque, la negazione maniacale della
propria morte? Sta minacciando il mondo con una guerra atomica per manifestare
la propria assoluta onnipotenza (irrealistica) di fronte alla morte? Non lo
sappiamo, né possiamo saperlo. Ma quello che sappiamo sul destino dei giovani
russi morti in battaglia è già sufficiente: il fanatismo dell’Ideologia rende
la vita insignificante subordinandola strumentalmente ai propri interessi
generali; l’Idea (restaurare l’Impero della grande Russia), come tale, rifiuta
sempre la morte. Ci vorrebbe allora davvero il grido di una giovane Antigone
che rivendicasse nel suo paese almeno il diritto alla sepoltura dei fratelli
morti. Ci vorrebbe il grido di una giovane Antigone ad esigere che i loro corpi
non spariscano nel nulla, che non siano inceneriti nel vuoto. Sarebbe davvero necessario
che questo grido diventasse quello di un intero popolo – quello russo – che
provasse a liberarsi dal giogo mortale di un regime nemico della libertà: la
denazificazione non è un problema dell’Ucraina ma della Russia putinana.Sébastien Norblin (1796 - 1884)
Antigone cerca di seppellire Polynice
(1825)
Massimo Recalcati, La Stampa (12/3/2022)