nuovigiorni

"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

giovedì 28 settembre 2023

Fardello

La questione centrale nel percorso verso la Legge di bilancio 2024 è dunque il deficit, cioè la differenza (negativa) tra le entrate e le uscite dello Stato. La difficoltà del governo nel ricavare qualche decimo di centesimo di Prodotto interno lordo da spendere per le politiche che ha in mente ci ricorda ogni anno di più quello che è diventata la gestione della contabilità pubblica italiana: un complicato esercizio fatto di piccoli spostamenti da una voce all’altra del bilancio, per trovare le risorse che avanzano una volta pagati gli interessi sul debito. Siamo usciti nel 2022 da un decennio di tassi a zero che ci aveva illusi di poter tornare a non sapere che cos’è lo spread e di guardare con sufficienza i rendimenti dei Btp. Ci eravamo abituati a prestiti senza interessi, banche centrali che compravano i titoli di Stato, risorse a fondo perduto da Bruxelles. Sembrava dovesse durare a lungo. Alcuni economisti ipotizzavano che l’inflazione fiacchissima fosse un secular trend, un fenomeno economico permanente della nostra epoca. Esageravano, forse sbagliavano. Con dieci rialzi dei tassi in due anni la Banca centrale europea ci ha ricordato brutalmente che il denaro in prestito, normalmente, ha un costo. È un brutto risveglio per la Repubblica Italiana, che con i 2.859 miliardi di euro raggiunti dal debito pubblico a luglio è uno dei maggiori debitori del pianeta. In due anni il tasso di interesse che gli investitori chiedono al ministero dell’Economia per le obbligazioni con scadenza di dieci anni è balzato dallo 0,75% all’attuale 4,78%.Il costo medio all’emissione dei titoli di Stato è volato dallo 0,10% del 2021 al 3,55% del 2023. Significa che per ogni milione di euro ottenuto in prestito da gennaio ad oggi dovremo pagare 35mila euro di interessi all’anno fino alla scadenza. L’anno scorso l’Italia ha speso per gli interessi sul debito pubblico 83 miliardi di euro, la Francia 50, la Germania 26. Le previsioni dell’Osservatorio sui conti pubblici dell’Università Cattolica di Milano dicono che il conto potrebbe salire a 100 miliardi nel 2024. Tra le missioni del Bilancio dello Stato la spesa per interessi già supera, tra le altre, quelle per istruzione scolastica (52 miliardi), politiche sociali e famiglia (61 miliardi), competitività delle imprese (35 miliardi). Se non ci sono mai i soldi per tutto quello che i governi vogliono fare è perché i debiti che hanno fatto i governi degli anni e dei decenni passati (l’esplosione del passivo dello Stato risale ai famigerati anni ‘80) ci costano un’enormità. È solo gioco politico fare terrorismo sulla riforma del Patto di Stabilità o tornare a prendersela con i “falchi” del Nord Europa. L’Italia deve sforzarsi di ridurre il peso del debito pubblico non per le pressioni esterne, ma per avere denaro da destinare a obiettivi più utili. Rimuginare sul passato è inutile, ignorarlo però è folle. Ci ha provato Mario Draghi a ricordare un concetto semplicissimo: «Ciò che rende il debito buono o cattivo è l’uso che si fa delle risorse impiegate». Eppure, scelte anche recentissime ci dicono che l’Italia non ha imparato la lezione: si indebita con straordinaria leggerezza e scarsi risultati, senza obiettivi di lungo termine. Così grazie al Superbonus al 110% abbiamo avuto la nostra fiammata di Pil e siamo pieni di palazzine con il cappotto termico, ma decine di migliaia di giovani famiglie non possono permettersi case dignitose e abbiamo prospettive demografiche da rischio di estinzione. Questione di priorità. Ora si punta a fare deficit per tagliare le tasse, fingendo di non vedere che, quando è finanziata a debito, la riduzione della pressione fiscale rischia di essere non un taglio, ma un rinvio. Lo sconto in busta paga magari arriva subito, ma se non funziona, se le misure per cui ci indebitiamo non portano una crescita reale e duratura, faremo solo salire il conto per gli italiani che verranno. Tra i titoli di Stato in circolazione ce n’è uno affascinante, perché ha l’orizzonte più lungo di tutti: un Btp emesso nel 2021 che scade il primo marzo del 2072. Ogni volta che ci prepariamo a discutere della prossima Legge di Bilancio, dovremmo pensare che la stiamo facendo anche per quelli che dovranno pagare quel Buono poliennale del Tesoro.

Pietro Saccò, Avvenire (28/9/2023)

Canzone del giorno: Burden (2016) - Foy Vance
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martedì 26 settembre 2023

Quattro

Ci sono quattro cose che ogni persona ha più di quello che pensava di avere: i peccati, i debiti, gli anni e i nemici.

Proverbio persiano

Canzone del giorno: Four (2023) - Scott Hoying
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sabato 23 settembre 2023

Debito senza freni

Lo potremmo definire un piccolo pro memoria per quei sempre più numerosi politici che, per conquistare il «consenso a tutti i costi», continuano a fare promesse come se non esistesse il mostruoso debito pubblico, un problema che potrebbe pregiudicare un minimo di benessere e di libertà economiche a chi verrà dopo di noi. L'ultima tra le novità la difesa delle famiglie che non arrivano alla settimana (fino a ieri era fine mese) alle quali destinare oltre all'assegno unico per il nucleo familiare, la riduzione del cuneo contributivo e il Tir (l'ex bonus Renzi maggiorato) per un costo totale annuo di oltre 32 miliardi, anche ulteriori defiscalizzazioni (premi, tredicesime, sconti sulle accise e così via) ma solo per redditi inferiori alla linea Maginot dei 35 mila euro. Eppure dovrebbero saper bene che il 60% degli italiani che dichiarano redditi fino a 25 mila euro pagano solo l'8% dell'Irpef e hanno scuola, sanità e altro totalmente gratis mentre i113% della popolazione che dichiara redditi da 35 mila euro lordi in su (duemila euro netti mese), paga più dei 60% dell’irpef e la quasi totalità di Ires e Irap. Ma per questi sostenitori del bilancio pubblico nessuna agevolazione: è la giustizia sociale dei nostri politici che ovviamente preferiscono il 60% dei voti al 13%. Purtroppo, di tempo per ridurre il debito prima che intervengano riduzioni di rating, ne rimane poco. […] L'ultima rilevazione di Banca d'Italia calcola il debito a giugno 2023 in 2.843 miliardi: nuovo record storico con un incremento rispetto a fine 2022 di altri 81 miliardi. Occorrerà una crescita robusta dell'economia italiana, cosa impossibile con le attuali esasperanti politiche assistenziali basate su un Isee che è un vero motore per il sommerso, per sostenere un debito così elevato, considerando che la Bce ha chiuso il programma di acquisto di attività e che i tassi di interesse sui titoli di Stato sono passati dallo 0,63% del Btp a dieci anni del gennaio 2021 a circa 114%. Aumenta quindi in modo clamoroso il costo per pagare gli interessi sul debito pubblico che nel 2019 era di 60,3 miliardi, 57,3 nel 2020; 63,7 nel 2021; 77,2 nel 2022; 81,5 nel 2023; 8o nel 2024 e 87 nel 2025. Dal 2009 al 2022 sono stati pagati interessi sul debito per circa 975 miliardi e nel 2023 spenderemo 21 miliardi in più rispetto al 2019 sempre che la Bce non prosegua nell'aumento dei tassi base. Infine, entro il 2024 potrebbe essere reintrodotto il Patto di stabilità. Con questi dati sarà molto complicato e difficile poter sostenere nei prossimi anni l'economia del Paese. Sono passati quasi 8 anni dall'inizio del quantitative easing e dei «tassi zero» della Bce di cui l'Italia ha beneficiato a piene mani (altro che uscire dall'euro) senza peraltro, in questo periodo di «vacche grasse», riuscire a ridurre il debito che nel 2025 potrebbe valicare la soglia dei 3.000 miliardi di euro. Con il rischio di finire come la Grecia.

Antonio Brambilla, L'Economia del Corriere della Sera (18/9/2023)

Canzone del giorno: No Brakes (1985) - John Waite
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giovedì 21 settembre 2023

Esempi di amore

Esempi di amore


Amo quello che unisce, l’ago, il filo,

ricuciono le labbra di una camicia, di una ferita.

Amo il sentiero di montagna inciso dai passi,

che collega villaggi, baite, rifugi, malghe.

Amo il piccolo schermo illuminato

dove posso vedere il tuo sbadiglio lontano

e la mappa del mondo alle tue spalle.

Amo la congiunzione e, perché congiunge,

la penna sul quaderno che riunisce

la mano che ti scrive agli occhi tuoi che sfiorano le righe.


Erri De Luca, Esempi di amore (da Raccolto diurno – Crocetti Editore 2021)


Canzone del giorno: Io so che ti amerò (1976) - Ornella Vanoni ft. Vinicius de Moraes e Toquinho

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martedì 19 settembre 2023

Incomunicabilità

Quando nella seconda metà del  secolo scorso letteratura e cinema hanno parlato di "incomunicabilità" deve essere stato per una specie di paradossale febbre di crescita. La diffusione dell'istruzione (dall'alfabetismo sino all'erudizione) era ormai capillare, i media erano tecnologicamente avanzati e insomma in Italia non si era mai "comunicato" tanto. In quest'altro secolo gli strumenti di cui disponiamo per comunicare sono ulteriormente aumentati, e in quantità smisurata e inattesa. Eppure l'impressione è quella di non capirci molto l'uno con l'altro. Cellulari, poi smartphone; sms, email, chat, social network. Si pensava che potesse essere una Pentecoste, ed è stata una Babele. I nuovi media hanno promosso anche nuovi linguaggi mutuamente esclusivi e solo pochi poliglotti si rivelano capaci di passare dall'uno all'altro. Questo capita soprattutto, ma non esclusivamente, tra le generazioni. […] Prima del Duemila quante volte avevate sentito parlare di "piattaforma"? A parte gli esperti petroliferi, gli appassionati di tuffi olimpici, i sindacalisti, i politici e i cultori di Elio e le Storie tese, la piattaforma riguardava pochi. Oggi è tutta una piattaforma. Quello che succede è che dove sono intervenute le piattaforme, per esempio nella comunicazione giornalistica (in quella libraria ci stiamo arrivando, e per la via peggiore), la centralità non è stata più data al messaggio - il che spiega anche le tremende inaccuratezze di quasi ogni editing. Non è il testo che conta. Quel che importa sono i contatti, e capirete perché sinora ho insistito tanto sulla parola. I contatti contano poiché si contano. Il fatto è quasi automatico: quando la comunicazione trova una "metrica" e la relazione comunicativa viene enumerata (in tv successe con l'Auditel), il testo diventa funzione del contatto stesso. Quindi, che fare? Quali linguaggi futuri dovranno sostituire i linguaggi che oggi sono nuovi, e sembrano incapaci di raggiungere qualcuno che è fuori dalla nostra bolla? La nuova incomunicabilità ci richiede capacità di gioco, di consapevolezza e di traduzione.

Stefano Bartezzaghi, la Repubblica (19/9/2023)


Canzone del giorno: Mezza bugia (20205) - Samuele Bersani
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domenica 17 settembre 2023

Asset della follia

Non si sa se come nell"`Amleto" il decreto Asset sia una follia, ma di sicuro c'è del metodo. Che funziona più o meno così: il governo prepara una norma che entra a gamba tesa sul mercato, l'approva con un decreto-legge, assiste sconcertato alla forte reazione del settore economico coinvolto, si dice disponibile ad accordarsi con gli operatori per cambiare la norma che però continua a ritenere "giusta". Lo si è visto con i due principali provvedimenti del decreto, la tassa sui cosiddetti extraprofitti delle banche e il tetto ai prezzi dei biglietti aerei. Il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, pur continuando a definire "giusta e doverosa" la norma sul caro voli, si dice disposto a cambiarla. Anzi, a "migliorarla". E per questo ha istituito un "tavolo permanente sul trasporto aereo", con le principali compagnie. La parabola di Urso ricorda molto quella del suo collega ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, che prima ha preparato la tassa sugli extraprofitti delle banche che ha fatto crollare in Borsa gli istituti di credito italiani, e poi ha detto che la norma è forse stata inopportuna nei tempi, probabilmente migliorabile nel contenuto e sicuramente comunicata male, ma resta "giusta". Medesima posizione assunta dalla premier Giorgia Meloni. Il modo di procedere è lo stesso: dopo le proteste dell'Abi, il governo si dice disponibile a sedersi attorno a un tavolo coni banchieri per arrivare a un compromesso che salvi la faccia all'esecutivo senza danneggiare troppo le banche italiane. L'altro aspetto comune tra i due provvedimenti è l'apertura di uno scontro, o comunque di un conflitto, in Europa. L'imposta sugli extramargini, come è noto, è stata bocciata dalla Bce che, nell'ambito delle sue prerogative, ha evidenziato come la misura manchi di una relazione illustrativa che ne spieghi la ragioni, non abbia un'analisi tecnica sulle potenziali conseguenze negative sul settore e rischi di destabilizzare un settore che va incontro a tempi difficili e ha bisogno di bilanci solidi per assorbire un aumento dei crediti deteriorati. Sull'altro fronte, quello del caro voli, il decreto del governo ha già prodotto l'apertura di un "pilot" della Commissione europea, ovvero di una richiesta di informazioni per verificare il rispetto del diritto dell'Unione che, molto probabilmente, si trasformerà dopo l'approvazione del Parlamento in una procedura d'infrazione per la violazione del regolamento europeo che prevede per i vettori la facoltà di fissare liberamente le tariffe aeree. C'è però una differenza nella possibile evoluzione della trattativa. Nel senso che alla fine un qualche accordo con le banche è probabile, mentre con le compagnie aeree sembra impossibile. A differenza di quanto sostiene, però, il ministro Urso è convinto che tutto stia andando per il meglio. "L'incontro odierno si è svolto in un clima costruttivo", dice la nota del Mimit commentando il "tavolo" con le compagnie aeree. Nelle stesse ore, però, la reazione di Ryanair era di segno totalmente opposto.

Luciano Capone, il Foglio (15/9/2023)

Canzone del giorno: Follies Fixture (2021) - Ben Howard
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venerdì 15 settembre 2023

Umorismo

Umorismo: cosa che ha centomila definizioni. Non guasterà la centomillesima prima: una serie di vendette esercitate da una persona di spirito.

Achille Campanile (1899 - 1977), In campagna è un'altra cosa (c'è più gusto) (1931)



Canzone del giorno: Sense of Humor (2004) - Darren Hayes
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mercoledì 13 settembre 2023

L'era della povertà educativa

Prendiamo il celebre inizio dei Promessi sposi: «Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi… vien quasi a un tratto, tra un promontorio a destra e un’ampia costiera dall’altra parte». “Promontorio”, “seni”, “catene”, “volge”? Parole rare, inusuali: per la maggioranza degli italiani il notissimo incipit manzoniano – «Ma che è, ostrogoto?», direbbe Alberto Sordi – oggi suona astruso. È come una lingua straniera per il 70 per cento dei connazionali dai 16 anni in su: proprio così, circa i tre quarti degli abitanti adulti della Penisola attualmente non sono in grado di afferrare il senso complessivo di uno dei capisaldi del nostro insegnamento letterario scolastico. Al massimo ne comprendono quello che i sociologi e gli addetti ai lavori chiamano “codice ristretto”: la parola “lago”, certo, suona familiare mentre sfugge il complesso del discorso, i dettagli e la suggestione del paesaggio. I residenti nello Stivale che oggi posseggono la piena comprensione del testo sono infatti appena il 6 o il 7 per cento della popolazione. Si sta verificando un cataclisma, siamo entrati in quella che le più recenti ricerche sul nostro sistema scolastico chiamano l’era della “povertà educativa”. L’incapacità di misurarci con il mondo che ci circonda e con la sua comunicazione scritta non riguarda solo la letteratura, l’informazione e le arti ma coinvolge pure, è un altro drammatico risvolto, la facoltà di svolgere con padronanza le minime operazioni matematiche, come accedere al proprio conto in banca con il bancomat. Chi sono dunque e come mai sono veramente una pletora i nuovi poveri dal punto di vista culturale? Ne fanno parte i giovani che sui banchi non imparano abbastanza ma pure gli adulti che usciti dalle aule hanno scordato le nozioni di base e che si qualificano come analfabeti di ritorno. L’obsolescenza conoscitiva colpisce come un virus coloro che, pur avendo raggiunto o superato l’obbligo scolastico, hanno buttato alle ortiche le basilari competenze. L’Italia è il paese più scarsamente dotato d’Europa proprio dal punto di vista delle nozioni essenziali e la sua popolazione è incapace di rinnovarsi e di tenere il passo con il progresso scientifico e tecnologico. […] Siamo di fronte a una gran massa di “analfabeti funzionali” che, diversamente dagli “analfabeti strumentali” – quelli che non hanno mai imparato a leggere e a scrivere -, sono persone che sanno vergare il proprio nome e compitare un breve avviso rivolto al pubblico, ma non sono in grado di farsi coinvolgere dai testi scritti; sanno svolgere una moltiplicazione a due cifre ma non sanno interpretare un semplice grafico (il meteo, per esempio) basato su percentuali. Questo grave handicap conoscitivo domina in Italia nonostante la crescita e l’estensione della scolarizzazione. Com’è potuto accadere? La Penisola è il paese Ocse con la più bassa quota di laureati (18 per cento della popolazione adulta) e il più basso investimento pubblico in istruzione (il 7 per cento della spesa per servizi); si colloca addirittura nella terzultima posizione europea, prima della Grecia e della Romania. Gli insegnanti nostrani sono i meno retribuiti del vecchio continente e i nostri studenti nei test internazionali e nazionali sono scarsi…

Mirella Serri, La Stampa (1/8/2023)

Canzone del giorno: The Massage (1992) - Roy Rogers & Norton Buffalo
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lunedì 11 settembre 2023

Tronco divelto


Il destino è un fiume che nessuna diga arresta mentre fluisce al mare. Non dipende da noi. L'unica cosa che dipende da noi è il modo di navigarlo, combattere le sue correnti, per non lasciarsi trasportare come un tronco divelto.


Canzone del giorno: L'abisso (2020) - Francesco Bianconi
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sabato 9 settembre 2023

Il dovere di agire

Un drammatico ennesimo femminicidio. In questo caso KJ da parte di un ex. La vita spezzata di una donna di 40 anni. La vita profondamente segnata della sua splendida bimba che va ad allungare la lista degli orfani di femminicidi. La Commissione Femminicidio aveva stimato il numero di orfani in 169 in due anni. Non era stata in silenzio, né in solitudine. Due anni fa aveva denunciato il suo ex per stalking. Ma non è bastato. Poi aveva ritirato la denuncia, pensando, chissà, in un ravvedimento. Ma lui non era cambiato. La considerava di sua proprietà. La violenza sulle donne non è altro che l'espressione della volontà di possesso e di dominio dell'uomo sulla donna. È l'espressione più becera della cultura patriarcale e si scatena contro le donne di tutte le classi sociali, in tutte le zone d'Italia, senza particolari specifiche differenze. Avviene soprattutto in ambito domestico, nella maggioranza dei casi da partner o ex. Fino alla tomba. In un terzo dei casi l'autore si uccide, come in questo. Quasi a dire: "Io mi ucciderò ma tu sarai mia anche nella morte. Il tuo corpo non ti appartiene, cesserà di vivere perché io lo decido, io ho potere di vita o di morte su di te". […] Esiste la necessità dell'autodifesa femminile. Ogni donna è bene che cerchi l'aiuto di altre donne ai primi segnali di violenza in famiglia. Donne con esperienza, come sono nei centri antiviolenza e nelle case rifugio. E il governo deve potenziare i centri antiviolenza che accolgono già migliaia di donne. Non bastano. E deve farli conoscere di più. Purtroppo più del 60% delle donne uccise non aveva parlato con nessuno della violenza subita. Non si deve rimanere sole di fronte ai primi segnali di violenza. Anche chi pensa di essere forte e di poter affrontare la situazione da sola è bene che si affianchi ad altre donne o persone di fiducia. Ai bambini fa male assistere alla violenza del proprio padre nei confronti della propria madre. Perché secondo le statistiche avranno una probabilità maggiore di diventare autori se maschi e vittime se femmine. E urgente l'azione educatrice della scuola alla cultura del rispetto e degli affetti nelle relazioni tra i sessi. Non può essere frammentata. Bisogna investirci. È urgente che si formino tutti gli operatori nella sanità, nelle forze dell'ordine, nella magistratura, nei media. Non ci sono solo i femminicidi, ma milioni di donne che subiscono violenza invisibili. Serve una straordinaria mobilitazione per fermare questa barbarie di uomini e donne. Ma le donne di tutte le istituzioni, di tutti i luoghi di lavoro, dei media, della società civile, dovranno essere in prima fila, in modo intransigente.

Linda Laura Sabbadini, la Repubblica (8/9/2023)

Canzone del giorno: Winter On The Weekend (2010) - Julia Stone
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giovedì 7 settembre 2023

Intrattenuti

La moderna èra della tecnologia e delle comunicazioni rende possibili giganteschi balzi in avanti per il sapere, ma agevola e amplifica anche gli errori umani. Se internet non giustifica completamente la fine della competenza, ne spiega molti aspetti, almeno nel Ventunesimo secolo… la più grande fonte di conoscenza nella storia umana da quando Gutenberg si macchiò le dita di inchiostro sia diventata tanto una piattaforma per attacchi al sapere consolidato, quanto uno strumento per difendersene. Internet è un magnifico deposito di conoscenze, eppure è anche fonte e facilitatore dell'epidemia di disinformazione. Non ci rende soltanto più ottusi, ma anche più meschini: da sole, al riparo delle proprie tastiere, le persone litigano anziché discutere e insultano anziché ascoltare. In una società libera, i giornalisti sono, o dovrebbero essere, i maggiori arbitri nella grande mischia tra ignoranza e cultura. Ma cosa succede quando i cittadini chiedono di essere intrattenuti anziché informati?


Canzone del giorno: Eyes Of The World (1979) - Rainbow
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lunedì 4 settembre 2023

Di parte

Ebbene c’è che io non so più prendere posizione, non so più essere “di parte” e questo perché non so più qual è la mia parte. Destra o sinistra? Sono divenute definizioni vuote. O forse lo sono divenute per me perché più passa il tempo e più mi accorgo di non sapere nulla di nulla di quello che noi tutti stiamo diventando in questo dannatissimo terzo millennio. Sì o no il calo demografico è tale che fra trenta o quarant’anni l’Italia avrà in Europa il rilievo più o meno del Lussemburgo? Sì o no lo sviluppo tecnologico a base di intelligenza artificiale annienterà alla radice interi settori di lavoro dipendente? Sì o no un paese deve comunque fornire un reddito di sussistenza ai tanti che sono rimasti al gradino più basso della scala sociale e reddituale? Sì o no noi che avevamo vent’anni nei Sessanta abbiamo inondato le generazioni future di discorsi in cui erano infiniti e lampanti i diritti di cui godere e invece era a dir poco opaca l’indicazione delle responsabilità del vivere in comune, i limiti oltre i quali quei diritti non possono essere goduti e questo in tutti i campi del vivere? Vi sto annoiando? Spero di no. Ecco perché mi è difficile essere “di parte” nell’affrontare questo filo spinato di questioni dolorose e intricatissime. E difatti quando comincio un articolo non so come esattamente lo finirò. Non provo nessun gusto a prendere a sganassoni qualcuno di cui non condivido l’attuale latitudine politica o quella che passa per tale. Si tratti di Matteo Renzi, di Giorgia Meloni, di Elly Schlein, ma anche di Ignazio La Russa, gli attori della nostra scena politica non li dipingo più tutti quanti di un compatto color bianco o di un compatto color nero. Né li maledico né li applaudo: mi interessano le loro contraddizioni, le eventuali loro ambiguità. Non ho più alcun interesse alla lotta dei partiti in quanto tale, al fatto che 24 ore al giorno gli uni tirino dei calci negli stinchi ai loro avversari. Allibisco nel trovarmi accanto in tv politici di professione che di ogni loro discorso fanno un comizio anziché un’analisi del recto e del verso di ciascuna situazione e di ciascun problema. E senza dimenticare, se vogliamo stare al reale com’è e non come vorremmo che fosse, che le parole che cerchiamo di scegliere accuratamente, le righe che cerchiamo di cesellare al meglio se ne vanno in giro per poi essere raccolte ahimè da un pubblico che al 35 per cento è formato da analfabeti di ritorno che non sono in grado di decrittare l’editoriale di prima pagina di un quotidiano; che l’Italia è terz’ultima in Europa quanto all’acquisto di libri; che via internet e via social più le spari grosse più ti fai notare e più like prendi. Da cui i saliscendi di un elettorato che ogni volta rischia di premiare le cialtronate. Sono le falle della democrazia.

Giampiero Mughini, Il Foglio (12/8/2023)

Canzone del giorno: Modern World (1976) - The Modern Lovers
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sabato 2 settembre 2023

Cucina povera

Vauro, da google.it
















Canzone del giorno: Open The Door, See What You Find (2023) - Noel Gallagher's High Flying Birds
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venerdì 1 settembre 2023

Playlist Agosto 2023

     1.      Aerosmith, One Way Street – (Aerosmith – 1973) – Il resto dell’opera  

2.      Alice e Franco Battiato, I treni di Tozeur (1984) – I treni di Tozeur

3.      Frankie Goes To Hollywood, Relax – (Welcome to the Pleasuredome – 1984) – Relax

4.      Metallica, Poor Twisted Me – (Load – 1996) – Poveri onorevoli

5.      Barry White, I’ve Got That Love Fever – (Change – 1982) – Treni

6.      Albert King, Til My Back Ain’t Got Non Bone – (I Wanna Get Funky – 1974) – Diseguaglianze generazionali

7.      Negramaro, Estate – (Mentre tutto scorre – 2005) – Estate

8.      Xavier Rudd, Growth Lines – (Storm Boy – 2018) – Il treno verso il nulla

9.      Annie Lennox, Pavements Cracks – (Bare – 2003) – Film violenti

10.   Steve Hackett ft. Chris Thomson & Brian May, Slot Machine – (Feedback ‘86 – 2000) – Slot machine

11.   Cesare Cremonini, Logico #1 – (Logico – 2014) – Raddoppiati

12.   The Weeknd, Can’t Feel My Face – (Beauty Behind the Madness – 2015) – Un simile viso

13.   Iron Maiden, Killers – (Killers – 1981) – Putin-Prigozhin