nuovigiorni

"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

lunedì 30 gennaio 2023

Non spetta che a me


Osa diventare ciò che sei. E non disarmarti facilmente. Ci sono meravigliose opportunità in ogni essere. Persuaditi della tua forza e della tua gioventù. Continua a ripetere incessantemente: "Non spetta che a me".

André Gide (1869 - 1951) - Les Nourritures terrestres (1897)


Canzone del giorno: Not for You (1995) - Pearl Jam
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sabato 28 gennaio 2023

Il giardino della memoria

La memoria è come un giardino. Va curata. Altrimenti si ricoprirà di erbacce. E i fiori dei giusti scompariranno. Divorati. Quei fiori sono persone che hanno lottato anche per la nostra libertà o hanno pagato, con la vita, per la sola colpa di essere nati. Quello che siamo noi oggi lo dobbiamo a loro. Se li dimenticassimo morirebbero una seconda volta. Ma, senza accorgercene, cominceremmo anche noi — fortunati cittadini di una democrazia e di uno Stato di diritto — a svuotarci di valori, a dare poca importanza al coraggio delle idee, al sacrificio personale per un bene collettivo, a impoverirci nella nebbia storica dei fatti. Inerti. Privi di vaccini per difenderci da nuove barbarie. Liliana Segre è infaticabile nella sua testimonianza della Shoah. Una tragedia immane nella quale alcuni dei nostri antenati furono anche complici, al di là del racconto rassicurante, e a tratti eroico, degli «italiani brava gente». Ma le pagine buie le abbiamo rimosse. Per convenienza. Chissà che non ci fosse anche qualche nostro parente — che abbiamo certamente e giustamente amato — o loro amici, da quella parte? Magari nello spingere i deportati, ebrei, oppositori del regime, sui vagoni della morte; oppure facendo solo finta di non vedere, adattandosi. Chissà come ci saremmo comportati tutti noi nel 1938 davanti alla vergogna delle leggi razziali? I camion che dal carcere di San Vittore — con il loro carico di vite, tra cui quella di Liliana Segre — diretti verso la Stazione Centrale, sfilarono in una Milano con le persiane chiuse. Ignara, impaurita. […] La giornata della Memoria è stata istituita solo nel 2000. Se dovesse trasformarsi in un esercizio rituale, di semplice buona educazione, non avrebbe senso. Ed è anche per questo che dobbiamo essere grati alla senatrice Segre, la più anziana signora d’Europa a essere costretta a girare, perché minacciata, con la scorta dei carabinieri. Nel 2023! Segre teme la noia. E ha ragione. Noi temiamo, con lei, l’assuefazione, il rigetto magari per un sovrappeso di avvenimenti, l’insincerità di manifestazioni dovute e non sentite, la voglia di rimuovere il passato nella convinzione che ciò favorisca la costruzione del futuro. «Abbiamo capito, sappiamo, ora però pensiamo ad altro». Ma non è così. Senza memoria non vi è giustizia. I torti si sovrappongono alle ragioni, cancellandole.

Ferruccio De Bortoli, Corriere della Sera (24/1/2023)


Canzone del giorno: No Love Lost (1978) - Joy Division
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giovedì 26 gennaio 2023

Traballa


“Il mondo è come lo videro i santi e i profeti, non sta andando né meglio né peggio. Il mondo fa sempre e soltanto una cosa sola: traballa. Lasciato a se stesso non va da nessuna parte”.

Gilbert Keith (1874 - 1936), Il pozzo e le pozzanghere (1935)


Canzone del giorno: Cocci sparsi (2022) - Le rose e il deserto
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lunedì 23 gennaio 2023

Laughing

Ho pensato di incontrare un uomo
Che diceva di conoscere un uomo
Che sapeva cosa stesse succedendo
Mi stavo sbagliando,
Era solo un altro sconosciuto

E pensavo di aver trovato una luce
che mi avrebbe guidato
attraverso le mie notti e in tutta questa oscurità
Mi stavo sbagliando
Erano solo immagini riflesse delle ombre
Che vedevo

E credevo di aver visto qualcuno

Che sembrava finalmente conoscere la verità
Mi stavo sbagliando
Ero solo un bambino che rideva nel sole


…nel sole

David Crosby (1941 – 2023), Laughing (1971)


Canzone del giorno: Laughing (1971) - David Crosby
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sabato 21 gennaio 2023

Dettagli fatui o disperanti

Vi sono dei dettagli di cronaca nella vicenda della latitanza e della cattura di Matteo Messina Denaro che disegnano l’antropologia di una nazione. Incredibili, allarmanti, comici, fatui o disperanti, italianissimamente italiani, eccone una silloge.

MMD, che andava al supermercato, al bar, al ristorante a viso scoperto, si è scattato un selfie con un medico. Il selfie ci tormenta. Chi ha chiesto lo scatto? Il boss al medico, per la riuscita delle cure? Sarebbe folle: la foto finisce su Facebook e qualcuno ti riconosce. Il medico al paziente sapendolo Andrea Bonafede? Incredibile. Il medico al paziente sapendolo MMD, come fosse una rockstar? Raccapricciante. (Corollario: nessuno è immune al narcisismo del selfie, nemmeno il maggior latitante italiano). [….] Da anni si favoleggia su una plastica facciale che ne avrebbe alterato i connotati (gli esperti: potrebbe aver modificato il vermiglio, l’arco di Cupido, gonfiato le labbra, “le più gettonate nei ritocchi estetici”), il che alimentava (e giustificava) il mito del criminale imprendibile. Niente affatto: MMD non aveva cambiato nemmeno la montatura degli occhiali. Era un identikit ambulante di sé stesso e nessuno lo ha mai identificato.

A scanso di equivoci, il boss, appena vede i carabinieri, gli dice: “Sono Matteo Messina Denaro”, per accertarsi di venire riconosciuto.

Una settimana prima: “Il giovane polacco presunto autore dell’accoltellamento alla stazione Termini preso in poche ore grazie al riconoscimento facciale”.

Il medico curante di MMD, già candidato con l’Udc e col Popolo delle libertà, era anche il medico curante del prestanome Andrea Bonafede. Prescriveva ricette e impegnative a due persone diverse con le stesse generalità? O solo al vero Bonafede, che poi le passava al boss? Ma chi si presentava allo studio? E chi esibiva il tesserino sanitario? Ricordatevene quando il medico vi fa problemi per qualche prescrizione.

Daniela Ranieri, Il Fatto quotidiano (20/1/2023)


Canzone del giorno: Damn The Circustances (2009) - Madeleine Peyroux
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mercoledì 18 gennaio 2023

L'ultimo stragista

Sedici gennaio 2023, trent’anni ed un dì dopo l’arresto di Totò Riina, ecco uno dei giorni fondamentali per la storia del nostro Paese: quello della cattura del super latitante Matteo Messina Denaro. Qualcuno potrà accusare di eccessivo giubilo, magari anche di retorica esasperata. A costoro bisogna opporre le sofferenze, la richiesta di giustizia, le mancanze urlate dei familiari di tante, troppe, vittime di mafia. Loro – i familiari di chi è caduto per mano mafiosa e che, per dirla con don Luigi Ciotti, nell’ottanta per cento dei casi non hanno verità – reclamano non (solo) l’importanza e il valore della memoria, bensì proprio la richiesta di verità. Con Messina Denaro assicurato alle patrie galere si chiude la stagione delle grandi latitanze e, soprattutto, quella dei corleonesi al vertice di cosa nostra. È il punto d’arrivo di una caccia durata trent’anni. (…) Con una riduzione giornalistica potremmo dire: tutto quello che c’è dietro alla stagione stragista, dagli attentati in Sicilia del 1992 a quelli del 1993 in continente. Segreti che sono più misteriosi della sua latitanza – ancora tutta da comprendere – e di cui, il pupillo di Totò Riina, è certamente a conoscenza. Quella parte di trattativa tra la mafia (o meglio le mafie) e pezzi infedeli dello Stato che oramai non si può più negare, a maggior ragione dopo la sentenza d’Appello del Tribunale di Palermo che, nonostante una raffica di assoluzioni, la cristallizza. Oggi, con l’arresto di Messina Denaro alle spalle, c’è anche la necessità di permettere a chi ha indagato per giungere a questo risultato fondamentale di continuare a investigare sulla mafia, quella degli affari, la nuova “cosa nostra” che probabilmente già da tempo non aveva al suo vertice Matteo Messina Denaro (certamente il capo del mandamento trapanese, non il vertice della cupola). Quella che continua a fare soldi, a investire, a essere pervasiva nell’economia legale. Esattamente la stessa che mette a rischio i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Non bisogna smantellare queste intelligenze investigative, anzi, bisogna rilanciare. Mai come oggi si conferma l’importanza del doppio binario immaginato da Giovanni Falcone contro la piovra: il carcere duro (il 41bis dell’ordinamento penitenziario) che taglia i contatti tra i padrini e l’organizzazione mafiosa e l’ergastolo ostativo (il 4bis del medesimo ordinamento), quello che non permette ai boss di uscire dalla galera senza aver collaborato con la giustizia. Si può e si deve rendere più preciso l’uso di questi strumenti, non tornare indietro, perché questo comprometterebbe il cammino, i successi e gli impegni di cui ancora necessita il nostro Paese nel contrasto alle varie forme in cui si articola la criminalità organizzata. Questi sono i segnali fondamentali da dare. Guai a mostrarsi arrendevoli. Sarebbe come fare l’occhiolino alle vecchie e nuove leve di padrini. E vanificherebbe il successo di ieri, relegandolo in un angolo della storia come l’ennesima opportunità persa.


Paolo Borrometi, Avvenire (17/1/2023)


Canzone del giorno: Dirty Mind (2001) - Jeff Beck
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domenica 15 gennaio 2023

Post Scriptum Film

I migliori giorni


REGIA: Massimiliano Bruno, Edoardo Leo
INTERPRETI: Anna Foglietta, Max Tortora, Luca Argentero, Claudia Gerini, Paolo Calabresi, Greta Scarano, Edoardo Leo, Valentina Lodovini, Stefano Fresi, Massimiliano Bruno, Chiara Centorami, Ludovica Martino, Marco Bonini
SCENEGGIATURA: Massimiliano Bruno, Edoardo Leo
FOTOGRAFIA: Marco Bassano
DURATA: 125'

USCITA: 1/1

È risaputo: le ricorrenze festive mettono a dura prova la salute mentale anche degli individui più audaci. Massimiliano Bruno e Edoardo Leo hanno unito le rispettive forze e con “I migliori giorni” raccontano uno spezzone dell’Italia odierna attraverso storie e situazioni che prendono le mosse durante le principali festività. I due registi, ispirandosi in maniera esplicita alla classica commedia all’italiana, si affidano a un nutrito cast di attori affermati per confezionare un film che, attraverso un cinismo irriverente e un palese gusto dissacratorio, cattura il pubblico in maniera non banale.

Per meglio focalizzare l’attenzione su più temi della nostra società attuale si è preferito ricorrere allo stile del racconto ad episodi, più volte utilizzato con successo (soprattutto negli anni sessanta e settanta) nella cinematografia italiana. Rispettare le regole narrative di questo tipo di filone, non sempre è una manovra che facilita la struttura narrativa di un film e “I migliori giorni” se, in alcune parti, può apparire un po’ discontinuo ha, però, il merito di non essere mai superficiale.

In ognuno dei quattro episodi del film, fra dibattiti subdolamente ideologici, parvenu senza scrupoli o discrepanze di coppia, trova spazio quel momento di riflessione che sicuramente non guasta.

Certo una più oculata dose di dissacrante cattiveria avrebbe dato una maggiore incisività e vivacità al campionario di personaggi che si muovono e agitano all’interno delle storie proposte. Il film, però, riesce nell’intento di smascherare, con un gradevole piglio ironico, l’ipocrisia delle feste comandate e, già questo, è di per se un buon risultato.


Canzone del giorno: Best Days (2007) - Ghaman Colton
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venerdì 13 gennaio 2023

Pizza

Pizza. C'è forse parola più capace di fare venire l'acquolina in bocca agli otto miliardi di inquilini del condominio chiamato Terra? Che la pizza sia il cibo più popolare del pianeta non lo diciamo noi, lo dice Google quando si digitano le parole most+popular+food+world sul motore di ricerca. Pizza. Pizza. Pizza. Neapolitan. Pepperoni. Sicilian. Margherita. Da un piatto così universale ci si aspetterebbe tradizione e conservazione, al massimo le sgrammaticature che siamo soliti attribuire alle pizze expat, ricolme di ananassi e altri ingredienti offensivi. E invece la pizza ha dato prova negli ultimi anni di un’inaspettata vitalità, diventando il vero cibo del terzo millennio, palestra di sperimentazione e perfino avanguardia, anello di congiunzione tra il tinello e la sala delle cerimonie, tra la cucina familiare e il fine dining. Ma quando è accaduto tutto questo? Secondo Albert Sapere, gastronomo e ideatore di 50 Top Pizza, la guida che da qualche anno mette in fila le migliori pizzerie d'Italia, d'Europa e del mondo, si può individuare una data della rinascita della pizza ed è il 2008. «Con la crisi economica seguente alla bancarotta di Lehman Brothers un pubblico borghese si è avvicinato alla pizza. Un pubblico che era abituato a buoni ingredienti, a buone birre e a buoni vini e ha iniziato a chiederli ai pizzaioli. E la domanda ha creato l'offerta». Così la pizzeria è diventata un luogo dove l'avanguardia si mangia a costi accessibili, «dove una famiglia di tre persone con 70-80 euro si diverte e può andarci anche due volte a settimana, mentre al ristorante con questa cifra non ti diverti, devi andare in un posto di bassa qualità con prodotti di bassa qualità». La domanda ha creato l'offerta, ma poi l'offerta ha modellato la domanda grazie a una generazione di pizzaioli oggi più o meno quarantenni che «ha colto questa tendenza e ha voluto fare qualcosa di differente da chi l'aveva preceduta», lavorando da un lato sulla qualità delle farine, sulla tecnica dell'impasto e della sua maturazione; e dall'altro sulla varietà degli ingredienti, ciò che ha trasformato la pizza in un piatto-laboratorio, non solo da condire ma sul quale cucinare. (…) Ma in tutto questo, Napoli? È ancora la capitale della pizza? E deve sentirsi orgogliosa o minacciata dalla globalizzazione di un piatto che da 5 anni tondi (è proprio il caso di dire) è patrimonio immateriale dell'umanità? Dal golfo arrivano messaggi contraddittori. Da un lato «Napoli resta la capitale spirituale della pizza, dove si mangia la migliore, il posto a cui tutti guardano», garantisce Sapere. Ed è vero del resto che la scena partenopea ha saputo a sua volta rinnovarsi al di là di ogni aspettativa. Ma ancora oggi rigurgiti di campani/lismo risalgono ogni qual volta l'identità della pizza sembra confondersi in un qualsivoglia esperanto. Ne è dimostrazione la polemica innescata da qualche grande firma della pizzologia napoletana quando l'imprenditore Flavio Briatore, mesi fa, ha preso a vendere le sue Crazy Pizzas nelle sue insegne Dubai-style (ma anche a Roma e a Milano) a prezzi folli. Per tutti ma non per coloro sensibili al lusso dello scontrino: 15 euro una margherita (che da Martucci, numero uno al mondo, sta a meno della metà: 7 euro), 49 una Tartufo (con tartufo nero, si badi) e 65 una Pata Negra con jamón Joselito, la Ferrari dei prosciutti. Polemiche inutili, stucchevoli, che servono solo a dimostrare l'«appropriazione culturale» ormai ultimata da parte del jet set di un piatto-Cenerentola, nato povero e ormai sedotto dal principe azzurro, che lo ha portato a corte. Interessante semmai il fatto che la gazzarra ormai si alzi soltanto sulla questione del prezzo, un po' come avviene per un altro vanto gastronomico di Napoli, il caffè. Prodotti per i quali sembra resistere il concetto di prezzo politico, che non deve superare mai un certo livello, che per la margherita potremmo collocare, a Napoli, a cinque euro. Al di sopra è una bestemmia, anzi una jastemma come dicono sul golfo. Del resto la pizza ha proprio tutto: è facile, veloce, buona, versatile, deliverabile, comprensibile, condivisibile, autenticamente popolare. Deve solo non montarsi la testa.

Andrea Cuomo, Il Giornale (10/1/2022)


Canzone del giorno: Fatte 'na pizza (1993) - Pino Daniele
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martedì 10 gennaio 2023

Il grande inganno

Se volete sapere che cosa è il populismo - non il sovranismo o la più generica demagogia - guardate a Washington, all’assalto a Capitol Hill di due anni fa, e a Brasilia, all’assalto di domenica al Parlamento e  al Palazzo presidenziale. Il populismo ha un’idea soltanto: l’èlite è cattiva e il popolo è buono, l’èlite è bugiarda e il popolo è nella verità, l’èlite schiaccia il popolo e schiacciare le èlite è la sola via di salvezza del popolo. E dunque il popolo, o meglio una sedicente e sediziosa avanguardia, sia a Washington sia a Brasilia si è incaricato di ristabilire la verità, negata da un risultato del voto truccato dalle èlite. L’altra caratteristica del populismo e la deresponsabilizzazione dei leader. Il laeder populista non ha idee sue e non è che è un compito: portare alla riscossa le idee del popolo. Il laeder populista non ha soluzione ai problemi, chiede al popolo quali soluzioni ritenga adeguate. Non si prende la responsabilità di scegliere, lui è un semplice portavoce. Però ha il ruolo di aprire gli occhi al popolo: ecco che cosa vi stanno facendo. Non a me, a voi. Loro, i leader populisti, non sono nel fuoco della protesta, restano ai margini a sobillarla. Loro non hanno la responsabilità, specialmente penale. La responsabilità è del poverocristo che insulta il presidente la Repubblica, che minaccia la presidente del Consiglio, che entra a riprendersi ciò che gli spetta nei palazzi del potere di Washington e Brasilia (nel momento in cui scrivo, gli arrestati sono mille e duecento). Del popolo è il potere, del popolo la responsabilità. Mica male come truffa.


Mattia Feltri, La Stampa (10/1/2023)


Canzone del giorno: Darkness (2002) - Peter Gabriel
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domenica 8 gennaio 2023

Everest

Fare il genitore è un po' come scalare l’Everest. Anime coraggiose ci provano perché hanno saputo che sarà un’impresa incredibile. Ci provano perché credono che arrivare alla vetta, o anche solo provarci, è un risultato enorme. Ci provano perché durante la scalata, se riescono a prendersi un attimo di pausa, a distrarsi dalla fatica e alzare lo sguardo, godono di una vista mozzafiato. Ci provano perché, anche se è così dura, ci sono momenti che valgono la pena.

Glennon Melton, Carry On, Warrior, 2013


Canzone del giorno: The Mountain (2011) - Trevor Hall
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venerdì 6 gennaio 2023

Destra e Sinistra

La vita sa essere dura, complicata, scivolosa e malevola quale che sia il tuo voto. Anche perché al voto diamo sempre meno peso. Se una volta eravamo schiavi di una visione ideologica, oggi sembriamo vittime di una figura retorica: scambiamo la parte per il tutto. Abbiamo fretta, speriamo che basti un elemento per qualificare la nostra opzione politica, e scegliamo i nostri rappresentanti in base a un particolare che ci piace, o ci rassicura. Se sei africano ed hai gli stivali sporchi sei ovviamente un difensore degli ultimi: di andare a chiedere cosa ne pensano a Latina ci sembra del tutto inutile, perché un'idea ce la siamo già fatta in tv. Ci piacciono le maschere, e ci piace aver ragione. Il politico che vorremmo incontrare diventa il politico che abbiamo davanti agli occhi, magari perché è arrivato da poco e non lo conosciamo bene. Perché è giovane, o perché è donna, o perché prima faceva un altro lavoro. A Sinistra pensiamo che per essere onesti basti denunciare i disonesti, o che per essere buoni basti additare i cattivi. A Destra pensiamo che per essere liberali basti canzonare chi rispetta le regole. E poi pensiamo che basti fermare una nave per bloccare il fenomeno migratorio, o che basti nascondere tutti i Pos del Paese per pagare meno tasse. Pensiamo che basti togliere il bonus e i libri a chi va male a scuola (bella idea, complimenti!) per far vincere il merito. Il punto è che le cose non stanno così. Viviamo tutti immersi nella realtà quotidiana del lavoro, degli affetti, delle amicizie e delle conoscenze. Sappiamo bene quanto sia difficile dividere il male dal bene nella vita di tutti i giorni, ma ci piace immaginare che il mondo della politica sia diverso dal nostro. Non abbiamo più gli schemi ideologici che ci rassicurano sulla giustezza della nostra scelta o sulla trascendente diversità del nostro partito, ma non vogliamo comunque faticare quando decidiamo da che parete stare. Ci basta poco per decidere. Qualche segnale di massima. In "loro", nei politici, ci piace immaginare semplicità e nettezza. E quando i soldi del Qatar ci svegliano dal sogno, noi elettori non sappiamo più cosa vogliamo, e i politici non sanno più chi sono. E allora governa chi c'è, fino a che i mercati non sveglieranno anche lui. Magari mentre cerca di abolire le carte di credito, o mentre progetta di tirare su un bel muro proprio in mezzo al mare.

Giovanni Floris, la Repubblica (22/12/2022).

Canzone del giorno:  Destra Sinistra (1994) - Giorgio Gaber
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mercoledì 4 gennaio 2023

Forza e fragilità

Lei è conosciuto personalmente tre Papi, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco. Se io le dico che vuoi Wojtyla rappresenta l’anima, Ratzinger la ragione e Francesco il cuore, lei cosa mi risponde?

Che tutte e tre le parole sono giuste, ma sono anche troppo semplici.

 

Come è cambiata la vostra vita dopo la rinuncia di Benedetto al trono pontificio?

 

Si cambia da così a così, radicalmente, da un giorno all’altro.

 

Non crede che dopo la rinuncia di Ratzinger il sacro sia diventato più umano?

 

Il sacro è il sacro, e ha anche aspetti umani. Io credo che con la sua rinuncia Papa Benedetto abbia anche dimostrato che il Papa, se è sempre il successore di Pietro, rimane una persona umana con tutte le sue forze, ma anche con le sue debolezze.

 

C’è una formula che può definire tutto quello che abbiamo detto, non è la forza che cambia il disegno divino, ma la fragilità dell’uomo: è d’accordo?

 

Tutte e due, cioè, ci vuole l’una, ma si deve vivere anche l’altra. Perché ci vuole forza per accettare la propria debolezza.

 

Monsignor Georg Ganswein intervistato da Ezio Mauro per Rai 3 pochi giorni prima della morte di Benedetto XVI


Canzone del giorno: Glowing Crosses (2014) - Fireworks
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lunedì 2 gennaio 2023

Intanto, al Cremilino

Natangelo, da google.it










Canzone del giorno: Holy Water (2017) - Alice Cooper
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domenica 1 gennaio 2023

Out of Time


Dov'è la canzone d'amore che ci libererà?

Troppe persone tristi

Tutto che gira all’incontrario

 

E io non so cosa sarà l'amore

Ma se cominciamo a sognare ora

Dio sa che non lasceremo mai le nuvole

 

E tu ultimamente sei stata così impegnata

Da non aver trovato il tempo di aprire la tua mente

E guardare il mondo che gira

Senza fretta, fuori dal tempo


Blur, Out of Time (2003)


Canzone del giorno: Out of Time (2003) - Blur
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