Vi sono dei dettagli di cronaca nella vicenda della latitanza e della cattura di Matteo Messina Denaro che disegnano l’antropologia di una nazione. Incredibili, allarmanti, comici, fatui o disperanti, italianissimamente italiani, eccone una silloge.
MMD, che andava al supermercato, al bar, al ristorante a viso
scoperto, si è scattato un selfie con
un medico. Il selfie ci
tormenta. Chi ha chiesto lo scatto? Il boss al medico, per la riuscita delle
cure? Sarebbe folle: la foto finisce su Facebook e qualcuno ti riconosce. Il
medico al paziente sapendolo Andrea Bonafede? Incredibile. Il medico al
paziente sapendolo MMD, come fosse una rockstar? Raccapricciante. (Corollario:
nessuno è immune al narcisismo del selfie,
nemmeno il maggior latitante italiano). [….] Da anni si favoleggia su una
plastica facciale che ne avrebbe alterato i connotati (gli esperti: potrebbe
aver modificato il vermiglio, l’arco di Cupido, gonfiato le labbra, “le più
gettonate nei ritocchi estetici”), il che alimentava (e giustificava) il mito
del criminale imprendibile. Niente affatto: MMD non aveva cambiato nemmeno la
montatura degli occhiali. Era un identikit ambulante di sé stesso e nessuno lo
ha mai identificato.
A scanso di equivoci, il boss, appena vede i carabinieri, gli
dice: “Sono Matteo Messina Denaro”, per accertarsi di venire riconosciuto.
Una settimana prima: “Il giovane polacco presunto autore
dell’accoltellamento alla stazione Termini preso in poche ore grazie al
riconoscimento facciale”.
Il medico curante di MMD, già candidato con l’Udc e col Popolo
delle libertà, era anche il medico curante del prestanome Andrea Bonafede.
Prescriveva ricette e impegnative a due persone diverse con le stesse
generalità? O solo al vero Bonafede, che poi le passava al boss? Ma chi si
presentava allo studio? E chi esibiva il tesserino sanitario? Ricordatevene
quando il medico vi fa problemi per qualche prescrizione.
Daniela Ranieri, Il Fatto quotidiano (20/1/2023)