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"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

domenica 30 gennaio 2022

Conferme

Tra le rovine fumanti di un sistema politico distrutto dalla sua inconcludenza, il tempo dei "costruttori" non poteva essere finito. E infatti restano lì, al loro posto, i due uomini di buona volontà che hanno guidato il Paese nella crisi più devastante del dopoguerra. Non abbiamo sbagliato, quando abbiamo riassunto la partita doppia che incrociava i destini del Capo dello Stato e quelli del capo del governo con la formula rituale: "Simul stabunt, simul cadent". Non abbiamo sbagliato, quando nell'ora più buia di questa ennesima notte repubblicana abbiamo ripetuto più volte un elementare principio di buon senso istituzionale ed esistenziale: nel caos, si torna sempre ai fondamentali. E i fondamentali, nell'Italia di oggi, sono due: Sergio Mattarella e Mario Draghi. I "costruttori", appunto: un'immagine che il primo evocò un anno fa, quando conferì al secondo l'incarico di formare "un governo di alto profilo e senza nessun colore politico". La conferma di Mattarella è un fattore irrinunciabile per la stabilità delle istituzioni. Conosciamo bene, e le abbiamo condivise, le ragioni che il Presidente aveva opposto di fronte all'ipotesi di un bis. La nostra è pur sempre una repubblica parlamentare, e un doppio mandato di quattordici anni la trasformerebbe in una monarchia costituzionale. È dunque il Parlamento che deve scegliere, senza pretendere alcuna forma di supplenza. Ma siamo alle solite: questo principio funziona in un Paese normale. E noi non lo siamo. Per questo, anche stavolta, i partiti allo sbando salgono sul Colle col cappello in mano, pregando il Presidente di restare al suo posto. Come già successe nell'aprile 2013 a Giorgio Napolitano. Per questo, anche stavolta, il Presidente non si può tirare indietro, se non al prezzo di lasciare che collassi l'intero Sistema-Paese. Un lusso che nessun servitore della Patria si può permettere. Perché questa, con tutta evidenza, è l'altra faccia della rielezione: Mattarella costretto a raddoppiare il settennato sancisce la bancarotta dei partiti. A lui siamo tornati dopo lunghe giornate e intere nottate di liturgie negoziali, a metà tra la carboneria e il reality show. Dove la cortina fumogena della retorica politichese (dalle "figure di alto profilo" alle "personalità di standing elevato") ha nascosto il vuoto pneumatico delle idee e delle identità. E dove candidati verosimili, improbabili o incredibili sono stati macinati nello stesso tritacarne. […]Una democrazia fiaccata dall'impotenza dei partiti senza popolo e inchiodata a due sole figure indispensabili, purtroppo le uniche capaci di assicurare l'agibilità del sistema e la credibilità del Paese. Finché c'è e finché regge, questo asse è una polizza vita per la nazione. Nel tragicomico Quirinal Game appena concluso abbiamo rischiato grosso. Una mossa dissennata sul nuovo inquilino del Colle sarebbe stata sufficiente a spedire ai giardinetti "Nonno Mario". E solo una nomenklatura mediocre e provinciale può non rendersi conto di quanto valga ovunque nel mondo il "dividendo Draghi". Per questo avevamo detto e scritto che sarebbe stato di vitale importanza non rinunciare a questa risorsa, qualunque fosse l'incarico che gli si fosse voluto affidare. Almeno da questo punto di vista, l'esito finale è positivo. Il governo si rafforza. Quest'anno è per noi decisivo: dovremo meritarci la seconda rata da 40 miliardi dei fondi europei con 66 riforme entro giugno, gestire un caro-energia che sta intaccando la ripresa, fare i conti con un debito pubblico al 160 per cento del Pil mentre la Bce inizia a ridurre l'acquisto dei nostri Btp. […]La rielezione, piaccia o no, configura un altro passo nello stato di eccezione. E sono vent'anni, ormai, che di eccezione in eccezione stiamo manomettendo senza accorgercene la Costituzione formale e materiale. E ora di fermare i motori, e di fare un serio tagliando alla macchina. Ripensare, in modo finalmente organico e coerente, la legge elettorale, i regolamenti parlamentari, la forma di governo. Una spinta decisa a queste grandi riforme ce l'aspettiamo anche dal "nuovo" Presidente. Mattarella non è Cossiga, per fortuna. Ma qualche colpo di piccone, alle incrostazioni della nostra democrazia bloccata, qualcuno dovrà pur cominciare a darla. E chi può aprire il cantiere, se non i "costruttori"?

Massimo Giannini, La Stampa (30/1/2022)

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