nuovigiorni

"L’orrore di quel momento”, continuò il Re, “non lo dimenticherò mai, mai!”. “Si, invece”, disse la Regina, “se non ne avrete una traccia scritta".

Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871)

giovedì 29 aprile 2021

Incapacità

La battaglia fra aperturisti e chiusuristi dilaga ovunque: sui giornali, nei talk show, fra i virologi, nel Governo, persino nel Comitato tecnico-scientifico. Ma la gente, i cittadini normali, che non hanno agganci, vie privilegiate, conoscenze preziose, o semplicemente hanno la sfortuna di essere nati nella regione sbagliata, o la disgrazia di avere un medico di base che non visita a domicilio, o non vaccina o rimanda ogni decisione alla Asl, questi cittadini – dicevo – non si appassionano alla disputa sull’orario di inizio del coprifuoco. Per chi si ammala, o teme di ammalarsi, o vorrebbe vaccinarsi, i problemi sono altri. (...) Perché le cose sono andate così? Perché, ancora oggi come un anno fa, il terrore di tutti non è il Covid in sé, ma la coscienza che, se ci ammaliamo, potremmo trovarci soli, appesi a un numero verde, e abbandonati da chi dovrebbe proteggerci? Perché, oggi come ieri, centinaia di migliaia di malati non-Covid sono costretti a rinunciare a una cura, a un ricovero, a un intervento, a causa degli ospedali sopraffatti dall’onda dei malati Covid? Perché, ancora una volta, le autorità sanitarie hanno tergiversato prima di intervenire? Perché quasi nulla è stato fatto per riorganizzare il trasporto pubblico, o per mettere in sicurezza le scuole? Se devo essere sincero, la mia risposta è: non lo so. O meglio: non lo so più. Fino a un certo punto ho creduto che la superbia e la sordità dei governanti, incapaci di ascoltare ogni voce indipendente, spiegassero molte cose. Oggi non più. Oggi mi pare che ci sia qualcosa di più sottile e al tempo stesso più devastante: l’incapacità di imparare dai propri errori, in modo da correggerli. Un comportamento che, a chi come me appartiene a una comunità scientifica, risulta semplicemente incomprensibile. Ma mi rendo conto che sono io fuori strada. Nella comunità scientifica gli errori, prima o poi, si scoprono. E chi ha sbagliato li riconosce. Se non lo facesse perderebbe la sua reputazione. Per questo la scienza va avanti. Nella politica è diverso, almeno in Italia. Basta leggere l’accorata lettera-appello a difesa del ministro Speranza (“Io sto con Roberto”) circolata nei giorni scorsi per rendersene conto. Qualsiasi errore sia stato commesso, c’è qualcuno pronto a negare che sia stato commesso, o che sia stato un errore. L’intelligenza non viene usata al servizio della ricerca della verità, ma al servizio di una causa politica ritenuta giusta, e in nome della quale si può calpestare ogni evidenza empirica (e ogni tragedia). Gli errori non sono errori, ma questioni di “punto di vista”. Ideologico. Per questo, alla politica diversamente che alla scienza, è concesso di non imparare dai propri errori. Peccato che, di quel privilegio della politica, le vittime siano noi: la terza ondata, e il buio esistenziale che si è impadronito delle nostre vite, sono anche una conseguenza di quel privilegio.

Luca Ricolfi, Il Messaggero (24/4/2021)

Canzone del giorno: Mean Street (1981) - Van Halen
Clicca e ascoltaMean....

martedì 27 aprile 2021

Carte


La vita è proprio strana. Ti mette in mano carte che puoi leggere solo dopo averle giocate o solo dopo che altri le giocano per te.

Christiaan Barnard (1922 - 2001), Una vita (1969)



Canzone del giorno: Harder Cards (2003) - Kenny Rogers
Clicca e ascoltaHarder....

domenica 25 aprile 2021

Danno collaterale

C’è una sola emozione altrettanto insopportabile di quella restituita dalle immagini dei corpi senza vita, in balia delle onde, vittime dell'ennesima strage di migranti nel basso Mediterraneo. Ed è il senso di vergogna, impotenza, rabbia per il cinismo e la cattiva coscienza di un Paese il nostro e di un continente l'Europa che ha da tempo inscritto quei cadaveri a "danno collaterale". Rinunciando scientificamente, per calcolo politico, ignavia, subalternità, anche solo a immaginare una politica dei flussi migratori, del diritto di asilo e un sistema di soccorso in mare in grado di tenere insieme, con equilibrio e umanità, le ragioni della sicurezza dei confini e della lotta al traffico di esseri umani con i diritti fondamentali. Primo fra tutti, quello incomprimibile e antico quanto la nostra specie, che è lo strappare un nostro simile alla morte lenta e terribile per annegamento. Non ci si può rassegnare all'idea che anche oggi, esattamente come il 2 settembre del 2015 di fronte al corpo senza vita del bimbo siriano Alan Kurdi, esattamente come dopo ogni fotogramma di questa silenziosa e immane ecatombe, ci accontenteremo di genufletterci, di giurare invano "mai più", per poi tornare ordinatamente nella prigione delle nostre convenienze. […] Nessuno può pensare che l'Italia, da sola, possa far fronte a una catastrofe umanitaria continentale. Ma il presidente del Consiglio Mario Draghi è uomo troppo intelligente e avvertito per non comprendere che la strada per immaginare una nuova Italia e una nuova Europa "green" e "blu", dall'economia circolare e la mobilità sostenibile, che viaggia su reti 5G, non potrà essere né percorribile, né credibile, se continuerà a essere ingombra di cadaveri innocenti senza nome, gonfi dell'acqua in cui sono annegati. E dunque non potrà non ripensare a quanto possano essere suonate infelici le parole con cui, nella sua recente visita a Tripoli, ha ringraziato la guardia costiera libica, la stessa che avrebbe dovuto sulla carta evitare la strage dei 130. Perché quelle parole equivalgono, simbolicamente, al sorvolo dell'aereo di Frontex con la livrea dell'Unione europea sul gommone della strage mentre la strage si consumava. […] Vogliamo insomma pensare che con la stessa forza con cui quando ancora non era presidente del Consiglio, Draghi indicò all'Europa la necessità di cogliere l'occasione della pandemia per cambiare il suo statuto di fortezza assediata dall'esterno e al suo interno, ora, da premier, voglia avere Bruxelles come primo interlocutore e fare del nostro Paese la locomotiva di una rivoluzione europea, questa sì compiuta, che accanto a quei due aggettivi, "green" e "blu", ne aggiunga un terzo. Solidale. Che porti dunque a una riapertura immediata di corridoi umanitari, all'attivazione di evacuazioni di emergenza, alla riconfigurazione altrettanto immediata delle modalità del soccorso nel basso Mediterraneo e alla redistribuzione dei richiedenti asilo nell'intero spazio Schengen.

Carlo Bonini, La Repubblica (24/4/2021)

Canzone del giorno: Escape (1984) - Metallica
Clicca e ascoltaEscape....

sabato 24 aprile 2021

Insopportabile


Nulla è così insopportabile all’uomo quanto essere in un pieno riposo, senza passioni, senza affari, senza distrazione, senza applicazioni. Egli sente allora il suo nulla, il suo abbandono, la sua insufficienza, la sua dipendenza, la sua impotenza, il suo vuoto. Immediatamente sorgerà dal fondo della sua anima la noia, l’umor nero, la tristezza, l’afflizione, il dispetto, la disperazione.

Blaise Pascal (1623 - 1662), Pensieri 



Canzone del giorno: La noia (1982) - Vasco Rossi
Clicca e ascoltaLa noia....

giovedì 22 aprile 2021

Fiasco

 ...è il momento di fare luce sull'incredibile fiasco dei cosiddetti soci fondatori, che alla prova dei fatti si sono rivelati meno organizzati dei Soliti Ignoti di Monicelli. La comunicazione. Un disastro. Se vuoi sbarcare su tutti gli schermi del mondo con un progetto così dirompente, che senso ha annunciarlo di soppiatto a mezzanotte senza nemmeno un video, una dichiarazione a voce, quantomeno un tentativo di risultare seducente? Per forza poi si diffondono le interpretazioni più disparate, come l'idea che la Superlega fosse un campionato interamente chiuso o un'operazione “alla NBA”, teorie che non corrispondono a verità. Ma che importa? Che importa se invece di Messi, Ronaldo o Salah la tua faccia da copertina è Florentino Perez, mentre intanto scorrono h24 i dubbi di Klopp e Guardiola? Persino l'accorato monologo di Roberto De Zerbi, la cui popolarità non travalica le Alpi, è risultato più efficace dei borbottii del capo del Real Madrid, il cui flebile tono di voce tradiva la sotterranea disperazione da presidente di un club gestito talmente male da aver bisogno di soldi, per sua stessa ammissione, qui e ora. Certo, almeno lui ha risposto al telefono. I dubbi, mai chiariti. Quando parte? Già ad agosto? Quanti e quali sono i “soci fondatori”: dodici, quindici, c'è il Bayern (spoiler: no), la Roma (spoiler: no), il Porto, il Lipsia? Come funzionano le qualificazioni per le altre cinque? Chi sono gli arbitri, e da chi dipendono? Il capo della SuperLega sarebbe stato uno dei presidenti delle squadre in gara: possibile credere all'indipendenza di arbitri scelti (e ben pagati) direttamente da uno dei presidenti della Lega? Visto che la SuperLega si rivolgeva a un bacino d'utenza di un miliardo di telespettatori, su che fuso orario sarebbero andate in onda le partite? Domande rimaste inevase, quando dovevano essere oggetto di FAQ, rassicurazioni, chiarimenti mai arrivati nelle prime e ultime 48 ore di vita. Al loro posto, dichiarazioni surreali come quelle rilasciate a “Le Parisien” dal segretario generale Anas Laghrari: “I giovani calciatori” (riportiamo testualmente) “hanno voglia di giocare grandi partite contro grandi giocatori. Neymar sognava di affrontare Messi in Champions, ma era infortunato e forse non potrà mai giocarci contro”. E perché i sogni di Neymar dovrebbero valere più di quelli di un giocatore dell'Atalanta o del Siviglia?

Giuseppe Pastore, Il Foglio (21/4/2021)

Canzone del giorno: The Cut Runs Deep (1990) - Deep Purple
Clicca e ascoltaThe Cut....

martedì 20 aprile 2021

Scivola la penna

Scivola la penna
verso l'inguine della pagina,
ed in silenzio si raccoglie la scrittura.
Questo foglio ha i confini geometrici
di uno stato africano
in cui disegno
i filari paralleli delle dune.
Ormai sto disegnando
mentre racconto ciò
che raccontando si profila.
È come se una nube
arrivasse ad avere
forma di nube.

Valerio Magrelli, da Ora serrata retinae, Feltrinelli (1980)

Canzone del giorno: Il testo che avrei voluto scrivere (2017) - Carapezza
Clicca e ascoltaIl testo....

sabato 17 aprile 2021

Debito pubblico

Come sappiamo, la crisi Covid ha fatto crescere i deficit pubblici di tutti i Paesi avanzati. Il livello del deficit resta però molto diverso da Paese a Paese. Si possono identificare tre principali gruppi. Il primo è quello dei Paesi che hanno portato il deficit nel 2020 a livelli ben superiori al 10 per cento del Pil. Sono quattro: Israele, Regno Unito, Giappone e Stati Uniti. In quest’ultimo Paese il deficit ha sfiorato il 16 per cento del Pil, un valore superato in precedenza solo tra il 1943 e il 1945. Il secondo gruppo comprende Paesi con un deficit intorno al 10 per cento: qui si colloca l’Italia, insieme ad altri Paesi “mediterranei” (Francia, Grecia, Spagna).
Il terzo gruppo comprende Paesi con deficit molto più bassi, tra il 3 e il 6 per cento del Pil. Qui stanno Svizzera, Corea del Sud, e tutti i Paesi “nordici” (Germania, Svezia, Danimarca, Finlandia, Irlanda, Olanda). Ci sta pure il Portogallo, seppure su valori tra i più alti del gruppo (6 per cento). Queste differenze tra gruppi di Paesi riflettono tre circostanze. Primo, il punto di partenza: Paesi che già prima della crisi avevano un deficit basso o, come Germania e Olanda, erano in surplus, hanno retto meglio lo shock. Secondo, la caduta del Pil: dove il Pil è caduto di più le entrate dello stato hanno maggiormente sofferto e la spesa è aumentata più rapidamente. Terzo, probabilmente, hanno pesato fattori culturali: insomma, la Germania è stata come sempre molto prudente. [...] Cosa accadrà, per esempio, al debito pubblico italiano rispetto a quello tedesco? Il divario tra debito italiano e tedesco, già sui massimi storici nel 2019 (75 punti percentuali) raggiungerebbe i 92 punti percentuali nel 2024 (62 per cento per la Germania contro 154 per cento per l’Italia). Questa divaricazione tra Paesi del Nord e Paesi del Sud nell’andamento del debito pubblico renderà molto difficile trovare un accordo su come le regole del patto di stabilità dovranno essere modificate e su quando debbano rientrare in vigore. Ma il vero problema è che le enormi differenze nel livello di debito pubblico tra i Paesi dell’area euro li rende diversamente vulnerabili a un aumento dei tassi di interesse causato da una futura impennata dell’inflazione media dell’area (l’obiettivo dell’azione della Bc). [...] È vero che l’aumento del debito pubblico nel biennio Covid è stato soprattutto nei confronti della Bce e, legalmente, delle banche nazionali (è la Banca d’Italia che compra il 90 per cento dei Btp acquistati dal sistema europeo delle banche centrali). Questo implica che, finché tali titoli restano in possesso delle banche nazionali, l’aumento dei tassi di interesse non tocca i bilanci pubblici (perché i profitti delle banche nazionali sono in gran parte passati agli stati). Ma se l’inflazione aumentasse la Bce potrebbe dover ridurre la detenzione di tali titoli per riassorbire la liquidità creata in eccesso nel biennio Covid. Un aumento dell’inflazione e dei tassi di interesse potrebbe quindi gravare in modo anche più forte che in passato sul debito dei vari Paesi e generare tensioni crescenti. È un rischio da non sottovalutare.

Carlo Cottarelli, La Stampa (13/4/2021)

Canzone del giorno: Curved Air (2017) - David Crosby
Clicca e ascoltaCurved....

mercoledì 14 aprile 2021

Letargo

Da qualche tempo, nelle pagine dei giornali si inseguono pressanti inviti, al governo e al suo premier, a parlare, a «dire qualcosa», a una popolazione incerta sul proprio futuro. Soprassediamo su qualche risatina sardonica sui silenzi di vertice: restano comunque inviti che dimostrano una seria preoccupazione per il vuoto di prospettive, di conoscenze e di pensiero, che si va formando nella mente dei cittadini. La risposta ufficiosa a tali inviti e preoccupazioni è: «prima facciamo e poi parliamo»; risposta dignitosa e onesta, per cui è scorretto fare polemica. Ma chi per mestiere «annusa» l’aria che tira avverte che la gente non si riscalda su incoraggiamenti generici e su annunci di un mirabolante futuro, piuttosto vince in modo inerte e diffuso un solo messaggio: «continuate ad avere paura, perché rischiamo il non controllo dell’epidemia e l’aumento dei morti».  È questo il messaggio che è passato e resta nel retropensiero collettivo; e se solo ripensiamo ai nostri colloqui con condomini e amici, troviamo che quasi tutti vivono in un’atmosfera di cautela, di stop a tutto, di accucciamento collettivo nella propria casa e nel proprio difficile presente. In questo deserto di stanca casalinga passività (solo parzialmente bilanciata da frasi tipo «ce la faremo» o «ne usciremo») la forza ancestrale della paura di morire, magari anche di vaccino, ci rende di fatto inermi e inerti. Chiediamo quindi consolazione e ristori, certo non incitamenti a reagire. Eppure nelle crisi drammatiche che noi italiani abbiamo vissuto, dal dopoguerra ai primi anni 2000, nessuno, né governo né popolo, ha mai galleggiato come ora sulla paura e sulle rassicurazioni. Ci siamo sempre mobilitati tutti a resistere ai picchi di crisi; a difendere la propria attività; a mettere in campo le antiche capacità di adattamento. Magari non abbiamo avuto il coraggio shakespeariano di prendere le armi contro un mare di guai, ma per decenni non ci è mancata la forza per una reazione vitale, proattiva, rispetto alle difficoltà.  Se oggi, ormai da mesi, non scatta tale reazione vitale, mi sembra inutile continuare a chiedere all’attuale premier di «dire qualcosa». Forse al contrario dovremmo essere noi, come società civile, a dire qualcosa a lui, segnalando che l’accucciamento nella paura non porta da nessuna parte; che i bonus e il non-lavoro (lo smart working) non creano nuova sostenibilità, ma solo il crollo dell’iniziativa individuale e imprenditoriale; che la prima cosa che desideriamo è il break dell’attuale messaggio di stop a tutti. Siamo noi quindi che dobbiamo collettivamente maturare un po’ di voglia di uscire dall’ormai lungo letargo di vitalità. E se per fare questo dovessimo avere bisogno di guardarci dentro con coscienza critica, allora anche un invito al silenzio potrebbe rivelarsi utile. E poi, se in un lontano futuro, questa autocoscienza collettiva si salderà con il successo della campagna di vaccinazione, allora ci sarà più spazio per messaggi «in alato», volti a far ripartire il «progressio populorum», e più spazio alla base per accettarli e farli propri.

Giuseppe De Rita, Corriere della Sera (10/4/2021)

Canzone del giorno: See The World (1992) - Pat Metheny
Clicca e ascoltaSee....

lunedì 12 aprile 2021

La comicità

“Io so a memoria la miseria, e la miseria è il copione della vera comicità. Non si può far ridere se non si conoscono bene il dolore, la fame, il freddo, l’amore senza speranza, la disperazione della solitudine di certe squallide camerette ammobiliate, alla fine di una recita in un teatrucolo di provincia; e la vergogna dei pantaloni sfondati, il desiderio di un caffelatte, la prepotenza esosa degli impresari, la cattiveria del pubblico senza educazione. Insomma, non si può essere un vero attore comico senza aver fatto la guerra con la vita."

Antonio De Curtis, da un intervista al settimanale "Oggi" del 1958

Canzone del giorno: Take a Look Behind (1976) - Otis Rush
Clicca e ascoltaTake....

venerdì 9 aprile 2021

Supply Chain

Centosettanta milioni di bambini sono rotelline oscure di quella che la crisi di Suez ci ha insegnato a chiamare supply chain, ossia catena della distribuzione. Il mondo ha assistito al panico che saliva davanti alla nave gigante incagliata di traverso nel canale, un boccone nella trachea del mercato globale che si è dibattuto per riprendere fiato. Abbiamo scoperto, così, che la supply chain è la base dei nostri stili di vita: quel che mangiamo, i mobili che montiamo, i computer per smart working e dad, i pacchi che ci piovono a domicilio a 12 ore dall’ordine. Quel che non sappiamo, o che non vogliamo sapere visto che i dati ci sono, è che senza 170 milioni di bambini sfruttati nelle miniere e nei campi, la supply chain non girerebbe. Il nostro stile di vita dipende dalle supply chain, almeno dalla loro struttura attuale. Ed il lavoro minorile è una buona parte del lavoro nero e schiavo che le alimenta, risucchiando tutti i profitti verso la parte finale della catena. Fra quei 170 milioni indicati dalla Confederazione mondiale dei sindacati (Ituc) ci sono, ad esempio, i piccoli schiavi del coltan che serve a produrre i nostri smartphone. L’80% di questo minerale viene dalla Repubblica del Congo. Il coltan, che non richiede profonde gallerie, è estratto con le mani da migliaia di bambini, rapiti per questo o “volontariamente” arruolati. La supply chain parte anche da qui, al prezzo di pochi spiccioli in cambio di vite umane usa e getta. Talvolta, solo talvolta, si incaglia, come nel canale di Suez. E non c’è solo il coltan: ci sono i campi, dove il 70% dei piccoli schiavi del pianeta è impiegato per un’industria agroalimentare che sovrappone gli schemi globali del profitto alle necessità delle comunità locali. Le Nazioni Unite, che hanno fatto del 2021 l’anno della lotta al lavoro minorile, sanno che questa piaga planetaria è trasversale a tutti e 17 gli obiettivi che si è data per raggiungere la meta dello sviluppo sostenibile. Va risolta, dunque, a partire dalla «guarigione» della supply chain, che non deve necessariamente alimentarsi di lavoro sfruttato e minorile per poter esistere e crescere all’infinito per commerciare caffè, cacao, cotone.

Chiara Graziani,  L’Osservatore Romano (3/4/2021)

Canzone del giorno: Bambini (1989) - Paola Turci
Clicca e ascoltaBambini....

mercoledì 7 aprile 2021

Dentro

Ma se è tutto qui il male! Nelle parole! Abbiamo tutti dentro un mondo di cose; ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch'io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre, chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sè, del mondo com'egli l'ha dentro? Crediamo d'intenderci; non c'intendiamo mai!

Luigi Pirandello, Sei personaggi in cerca d'autore (1921)


Canzone del giorno: Round Here (1993) - Counting Crows
Clicca e ascoltaRound....

domenica 4 aprile 2021

Bisogno di speranza

Un anno fa, papa Francesco celebrava la risurrezione di Cristo rivolgendo il proprio pensiero a tutti coloro che erano stati direttamente colpiti dal coronavirus: i malati, i morti, i familiari che piangevano per la scomparsa dei cari, cui spesso non erano nemmeno riusciti a dare un ultimo saluto; e poi, ovviamente, i medici e gli infermieri che stavano ovunque dando testimonianza di amore e cura fino allo stremo delle forze. Il Papa parlava della paura e della vulnerabilità delle nostre vite, invitandoci a risorgere insieme al Signore e a mettere da parte egoismi e divisioni, indifferenza e dimenticanze. [...]  Oggi, è l’anima che soffre e che fatica a trovare le parole giuste per nominare questa sofferenza e questo vuoto, e disperdere così le tenebre della nostra povera umanità. Ma Cristo risorge anche quest’anno. E forse mai come oggi abbiamo bisogno di risorgere con lui. Risorgere dentro e sperare. Credere che la vita sia più forte della morte non perché la morte non faccia parte dell’esistenza, ma perché ci sono strade da percorrere e eventi da attraversare e sogni da realizzare e poi l’amore, che sopravvive anche quando si è perso tutto il resto. Intendiamoci. Anch’io sono stanca, anzi, stanchissima. Spesso scoraggiata. A tratti persino disperata. Quella disperazione che forse conosce davvero solamente chi, un giorno, ha pensato che il dolore della propria esistenza fosse troppo grande per continuare a battersi, andare avanti, non tentare il suicidio. Quella disperazione che pensavo che non avrei mai più sentito, ma che è lì, perché ci sono cose del nostro passato che non passano mai, e quando il presente assomiglia di nuovo a una stanza senza porte e senza finestre, è difficile trovare all’interno di sé quella forza e quell’energia che sono necessarie per buttare il cuore al di là dell’ostacolo. È per questo che mi permetto di parlare di speranza. E di quell’amore che resta. E della vita che è più forte della morte. E della risurrezione di Cristo che ci invita a risorgere insieme a lui. Cose che, con la resilienza di cui tanti, troppi, parlano di continuo, non c’entrano nulla. Perché non è vero che dobbiamo per forza imparare ad assorbire gli urti senza romperci. Il punto non è questo. Sono convinta che abbiamo tutti il diritto di non essere capaci di affrontare come si dovrebbe gli eventi traumatici della nostra esistenza, e a volte anche di romperci. Il punto è la capacità di rialzarsi in senso anche psichico: accettare di cadere e di sbriciolarsi, ma poi ricominciare.

Michela Marzano, La Repubblica (4/4/2021)

Canzone del giorno: Hope (1998) -  R.E.M
Clicca e ascoltaHope....

venerdì 2 aprile 2021

Prima quando?

 

Makkox, ilfoglio.it













Canzone del giorno: Brain Damage (1973) - Pink Floyd
Clicca e ascoltaBrain....

giovedì 1 aprile 2021

Playlist Marzo 2021


1.     
Joe Bonamassa, Headaches To Heartbreaks – (A New Day Now – 2000) – Tonno

2.      Beth Hart, Sky Is Falling – (Screamin’ for My Supper – 1999) – Perversità

3.      Maneskin, Zitti e buoni – (Teatro d’ira – Vol. I – 2021) – Zitti e buoni

4.      The Allman Brothers Band, Brothers of the Road – (Brothers of the Road – 1981) – La Ditta

5.      Mary J. Blige, Doubt – (The London Sessions – 2014) – Incertezza

6.      Edoardo Bennato, In Prigione In Prigione – (Burattino senza fili – 1977) – Monopoli

7.      Emeli Sandé, I’d Rather Not – (Long Live The Angels – 2016) – Sospensione

8.      Pino Daniele, Notte che se ne va – (Vai mo’ – 1981) – Ricomincio da tre

9.      Paul Carrack, So Right, So Wrong – (Suburban Voodoo – 1982) – Polarizzazione

10.  Janiva Magness, Every Dog Has His Day – (Blues Ain’t Pretty – 2001) – Zampe

11.  Lonnie Brooks, Roll Of The Tumbling Dice – (Roadhouse Rules – 1996) – Selezione

12.  Fred Neil, Everybody’s Talkin’ – (Fred Neil – 1966) – Tutti parlano

13.  Nomadi, Un pugno di sabbia – (Mille e una sera – 1971) – Sabbia